Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19710 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19710 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
Avviso di accertamento -Irpef, Iva, Irap -indagini bancarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18969/2017 R.G. proposto da: NOME
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. Messina,
-ricorrente –
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. PALERMO, n. 82/2017, depositata il 16/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo nei confronti di NOME COGNOME relativo agli anni di imposta dal 2006 al 2008, ed acquisita documentazione fiscale e finanziaria, notificava al contribuente tre atti impositivi. Per il 2007, oggetto del presente gi udizio l’Ufficio accertava un maggior imponibile ai fini Irpef, Irap ed Iva.
Avverso l’atto impositivo il contribuente proponeva ricorso innanzi alla CTP di Palermo che lo dichiarava inammissibile in quanto tardivo. La CTR, pronunciandosi sull’appello del contribuente, con la sentenza di cui all’epigrafe, riteneva ammissibile il ricorso ma lo rigettava nel merito.
Avverso detta sentenza ricorre il contribuente e l’Agenzia delle entrate si difende a mezzo controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 51 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, degli artti. 2697 e 2729 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che le dichiarazioni rese da terzi -prodotte nella forma dell’atto notorio al fine di contestare talune operazioni bancarie contestate -potessero costituire prova idonea a superare la presunzione legale in tema di accertamenti bancari. Afferma che, fermo restando il divieto di prova testimoniale, anche al contribuente andava riconosciuta la facoltà di avvalersi di dichiarazioni extra-processuali.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt.
14 e 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 51 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, degli artt. 2214, 2697 e 2729 cod. civ.
Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che non fosse sufficiente la registrazione del prelievo nel registro Iva «in quanto ciò non dimostra il supposto impiego in operazioni diverse dall’acquisto ‘in nero’». Osserva che la presunzione di maggio ri ricavi o compensi desumibile dagli accertamenti bancari è superata qualora il contribuente fornisca la prova che le operazioni di prelievo e di accredito sono transitate nelle scritture contabili e sono state regolarmente contabilizzate.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., viol azione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.
Assume che la CTR ha ritenuto fondato l’accertamento, nonostante la pluralità degli elementi contrari offerti, così violando le regole sottese alla prova liberatoria resa dal contribuente a fronte della presunzione posta dalla disposizione richiamate in tema di accertamento fondato su indagini bancarie.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omessa o insufficiente motivazione su fatti decisivi e controversi, non avendo la CTR spiegato le ragioni di irrilevanza della prova liberatoria.
Il primo motivo è fondato.
5.1. Questa Corte ha chiarito che anche al contribuente, oltre che all’Amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta -in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti di cui al nuovo testo dell’art. 111 Cost. -la possibilità d’introdurre nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, e, quindi, anche dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà; queste ultime, poi, hanno il valore probatorio proprio
degli elementi indiziari e come tali devono essere valutate -non potendo costituire da sole il fondamento della decisione -nel contesto probatorio emergente dagli atti; il giudice tributario, dunque, ha il potere-dovere di valutare l’attendibilità del contenuto delle dichiarazioni, comportando la corretta applicazione del principio della libera valutazione delle prove, l’obbligo di confrontare le prove raccolte e di valutare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, quali la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con eventuali altri elementi acquisiti. (Cass. 30/10/2024, n. 28022, Cass. 27/02/2020, n.5340, cit.; conformi Cass. Cass. 16/03/2018, n. 6616 e Cass. 21/01/2015, n. 960). Tali documenti, e le risultanze da essi emergenti, al pari delle dichiarazioni di terzi raccolte e prodotte dall’Ufficio, rilevano quindi quali elementi indiziari che possono concorre a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice (cfr. Cass. 16/03/2018, n. 6616; Cass. 07/4/2017, n. 9080; Cass. 05/04/2013, n. 8639).
5.2. La sentenza non è conforme a detti principi nella parte in cui ha ritenuto che le dichiarazioni dei terzi non potessero costituire prova nel processo tributario, così omettendo di valutarne nel concreto la loro attendibilità.
6. Il secondo motivo è fondato.
6.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le movimentazioni bancarie possono essere oggetto di accertamento presuntivo di maggiori ricavi, ove non vi sia indicazione del beneficiario, sul presupposto che tali operazioni non risultino dalle scritture contabili in quanto l’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, al pari del l’art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972, impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i
versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari.
Come affermato da questa Corte, la ratio di tale norma riposa sul presupposto che le operazioni risultanti dalla documentazione bancaria e non annotate nelle scritture contabili siano state utilizzate per attività non dichiarate, benché inerenti alla produzione del reddito; è in base a tale mancata corrispondenza che insorge l’imputazione presuntiva dei movimenti per i quali non si disponga di documentazione giustificativa” (cfr. Cass. 13/12/2023, n. 34876 e Cass., 05/04/ 2022, n. 14353).
Pertanto, la premessa per la ripresa a imposizione è la mancata annotazione delle movimentazioni bancarie oggetto dell’accertamento, tra le registrazioni contabili (annotazioni su libro giornale, sul registro dei compensi e delle spese o sui registri Iva).
6.3. La CTR, nel ritenere di per sé irrilevante l’annotazione nel registro Iva, non si è attenuta a questi principi.
Il terzo motivo è fondato.
7.1. In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti (tra le più recenti, Cass. 08/04/2024, n.9403).
Per costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù della presunzione stabilita dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 51
d.P.R. n. 633 del 1972 -che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questo non dimostra che ne ha tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (Tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 03/03/2021, n. 5788).
A propria volta, il contribuente che voglia superare la presunzione ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può essere data in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni; oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che è onere del contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (Cass. 30/12/2015, n. 26111).
Secondo questa Corte, inoltre, l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi dell’art.32 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 e dell’art 51 d.P.R. 26 ottobre 1972 n.633 , non è subordinata alla previa dimostrazione che il contribuente rivesta la qualifica di imprenditore: infatti, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta di impresa (o arte
o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 28/02/2017, n. 5135; Cass. 13/10/2011, n. 21132, Cass. 23/04/2007, n. 9573).
In quest’ottica si è altresì evidenziato che la norma in esame stabilisce in maniera chiara ed incondizionata che i dati e gli elementi risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, sia ai fini del quantum che ai fini dell ‘an . La ricostruzione della qualifica del contribuente non costituisce necessariamente un prius rispetto alla quantificazione della materia imponibile; tanto più ove si consideri che l’onere di provare che gli elementi acquisiti non si riferiscono ad operazioni imponibili grava sul contribuente, per espressa disposizione. Il legislatore, infatti, ha stabilito una presunzione di inerenza dei movimenti risultanti dai conti ad operazioni imponibili, che può essere superata soltanto dalla prova contraria offerta dal contribuente.
Questa conclusione non contrasta con l’art. 2697 cod. civ. in quanto l’emersione di movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle dichiarazioni del contribuente è un fatto in relazione al quale solo quest’ultimo può dimostrare che i conti stessi non siano fiscalmente rilevanti o che, comunque, non diano luogo a recuperi (Cass. 19/02/2001, n. 2435).
Si è precisato, tuttavia, che, a fronte dell’onere probatorio gravante sul contribuente, vi è l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112).
7.2. La CTR non si è attenuta a questi principi in quanto non ha provveduto ad un’analisi puntuale della documentazione prodotta dal
contribuente, limitandosi genericamente a rilevare che la medesima non presentava «congruità neanche temporale con le operazioni che si vorrebbe giustificare né elementi certi di oggettiva riferibilità alle stesse».
Il quarto motivo, declinato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., è inammissibile.
8.1. Poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata nel 2017, trova applicazione l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione novellata dal comma 1, lett. b), dell’art. 54, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione al le sentenze d’appello pubblicate dall’11/09/2012, donde l’inammissibilità delle censure prospettate secondo la precedente disciplina del vizio di motivazione.
8.2. La Corte, a sezioni unite, (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053), ha chiarito che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’ome sso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extra-testuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività (tra le tante, Cass. 13/06/2022 n. 19049).
8.3. Da ultimo va evidenziato che la censura relativa alla omessa valutazione della prova contraria è stata correttamente prospettata con il terzo motivo.
Ne consegue, accolti il primo, il secondo ed l terzo motivo di ricorso, inammissibile il quarto, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, inammissibile il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2025.