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Accertamenti bancari: come dedurre i costi presunti

Un lavoratore autonomo, istruttore di volo, ha subito accertamenti bancari che hanno portato a una rettifica del reddito. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’accertamento basato sui versamenti in conto corrente, qualificando l’attività come lavoro autonomo abituale. Tuttavia, ha accolto il ricorso del contribuente su un punto cruciale: la necessità di riconoscere la deducibilità dei costi, anche in misura forfettaria, dal maggior reddito presunto. La sentenza è stata cassata con rinvio per la rideterminazione dei costi.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamenti Bancari e Lavoro Autonomo: La Cassazione sulla Deducibilità dei Costi

Gli accertamenti bancari rappresentano uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Tuttavia, la loro applicazione solleva spesso questioni complesse, specialmente quando riguardano lavoratori autonomi e professionisti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su un aspetto cruciale: la deducibilità dei costi a fronte di maggiori ricavi presunti dai movimenti bancari.

I Fatti del Caso

Un contribuente, svolgente attività di istruttore ed esaminatore di volo per elicotteri, si è visto notificare un avviso di accertamento per IRPEF e IVA relativo all’anno d’imposta 2013. L’atto impositivo si basava principalmente su indagini finanziarie, dalle quali erano emersi versamenti sui conti correnti (suoi e della moglie) ritenuti dall’Agenzia delle Entrate come compensi non dichiarati derivanti da un’attività di lavoro autonomo non ufficializzata.

Il professionista ha impugnato l’atto, sostenendo che la sua attività non possedesse i requisiti di abitualità e professionalità per essere classificata come lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 del TUIR. Di conseguenza, a suo avviso, non potevano applicarsi le presunzioni legali legate agli accertamenti bancari. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva però respinto le sue argomentazioni, confermando la legittimità dell’operato del Fisco.

La Qualificazione dell’Attività e l’Applicabilità degli accertamenti bancari

La Corte di Cassazione ha innanzitutto rigettato i primi due motivi di ricorso del contribuente. I giudici hanno confermato che l’attività svolta, pur con il supporto di un’organizzazione esterna (un Aeroclub), possedeva tutti i requisiti per essere inquadrata come lavoro autonomo professionale. In particolare, la Corte ha sottolineato la presenza di:

* Professionalità: L’attività richiedeva una specifica abilitazione.
* Autonomia: Il contribuente organizzava in autonomia i corsi.
* Abitualità: L’attività era stata svolta in modo continuativo per diversi anni (dal 2008 al 2014).

Stabilito ciò, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la presunzione legale secondo cui i versamenti su conti correnti costituiscono reddito (art. 32 del d.P.R. 600/1973) si applica alla generalità dei contribuenti, inclusi i lavoratori autonomi. Spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando che tali somme non costituiscono reddito imponibile o sono già state tassate.

Il Principio Decisivo: La Deducibilità dei Costi Forfettari

Il punto di svolta della decisione risiede nel terzo motivo di ricorso, che la Corte ha accolto. Il contribuente lamentava che la CTR non avesse considerato i costi inerenti all’attività, tassando di fatto i ricavi lordi presunti.

Su questo aspetto, la Cassazione, richiamando la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, ha stabilito un principio di equità e logica economica: se si presume un maggior ricavo, si deve necessariamente presumere anche l’esistenza di costi sostenuti per produrlo. Tassare il ricavo lordo violerebbe il principio di capacità contributiva.

Pertanto, anche in caso di accertamenti bancari con determinazione presuntiva del reddito, il giudice di merito ha il dovere di valutare l’incidenza dei costi. Qualora il contribuente non fornisca la prova analitica dei costi specifici sostenuti, il giudice deve procedere a una loro determinazione forfettaria, anche attraverso una consulenza tecnica d’ufficio o basandosi su medie di settore.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione cassando la sentenza della CTR. I giudici di secondo grado avevano errato nel non riconoscere alcun costo a fronte dei maggiori ricavi accertati. Secondo la Cassazione, la presunzione di ricavi derivante dai versamenti bancari deve essere corretta tenendo conto dei costi necessari per la produzione del reddito. Ignorare questo aspetto porta a una tassazione ingiusta sul ricavo lordo anziché sul reddito netto. La Corte ha quindi rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione, affinché proceda a una nuova valutazione che includa la determinazione, anche solo forfettaria, dei costi da dedurre dai ricavi accertati.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un’importante tutela per i contribuenti, in particolare per i lavoratori autonomi, sottoposti ad accertamenti bancari. Se da un lato viene confermata la piena legittimità di questo strumento di indagine, dall’altro si rafforza il principio secondo cui la tassazione deve colpire il reddito netto. I professionisti e i lavoratori autonomi possono ora contare su un orientamento giurisprudenziale che impone al giudice tributario di riconoscere, anche in via presuntiva, i costi correlati ai maggiori ricavi accertati, garantendo così una determinazione dell’imponibile più equa e aderente alla realtà economica.

Un’attività professionale svolta in modo continuativo è sempre considerata ‘lavoro autonomo’ ai fini fiscali?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che se un’attività è caratterizzata da professionalità (richiede competenze specifiche), autonomia organizzativa e abitualità (è svolta in modo non occasionale ma continuativo), i redditi che ne derivano sono qualificabili come redditi da lavoro autonomo, soggetti a IRPEF e IVA.

La presunzione che i versamenti in banca siano reddito si applica anche ai professionisti?
Sì. La presunzione legale stabilita dall’art. 32 del d.P.R. 600/1973, secondo cui i versamenti non giustificati su un conto corrente si considerano ricavi o compensi, si estende a tutti i contribuenti, inclusi i lavoratori autonomi. Spetta al contribuente l’onere di dimostrare che tali somme non hanno rilevanza fiscale.

Se il Fisco accerta un maggior reddito da accertamenti bancari, è possibile dedurre i costi?
Sì. La Corte di Cassazione, sulla scia di una sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che a fronte di maggiori ricavi presunti devono essere riconosciuti i relativi costi di produzione. Se il contribuente non riesce a provare analiticamente i costi sostenuti, il giudice deve comunque procedere a una loro stima in via forfettaria per determinare il corretto reddito imponibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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