Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5223 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5223 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
Oggetto: intimazione di pagamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11809/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE
-intimata – e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia di secondo grado del Lazio n. 5821/16/22 depositata in data 13/12/2022;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società contribuente impugnava l’intimazione di pagamento notificatale, derivante da avviso di accertamento oggetto di sentenza che ne aveva confermato la legittimità;
la CTP dichiarava inammissibile il ricorso; appellava RAGIONE_SOCIALE
il giudice di secondo grado confermava la pronuncia di prime cure;
ricorre a questa Corte la società con atto affidato a due motivi che illustra con memoria;
-l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso; il riscossore è rimasto intimato;
il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c. a fronte della quale la parte ricorrente ha chiesto la decisione collegiale;
Considerato che:
deve preliminarmente del tutto prescindersi dall’esame della memoria depositata nell’interesse di Agenzia Entrate -Riscossione dall’avv. NOME COGNOME in data 7 novembre 2024, dal momento che il riscossore non risulta essersi costituito nel presente giudizio; come è noto, nel giudizio di cassazione è irricevibile la memoria difensiva presentata in prossimità dell’udienza con la quale la parte che non ha depositato il controricorso spiega, per la prima volta, le ragioni di resistenza al ricorso, perché, in assenza di controricorso, la parte intimata non può presentare memorie (Cass., 15 novembre 2017, n. 27140);
venendo quindi all’esame delle doglianze proposte dalla RAGIONE_SOCIALE rileva la Corte che il primo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata denunciandone la nullità per violazione degli artt. 31, 47 e 37 del d. Lgs. n.546 del 1992, degli artt. 24 e 111 della Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c.; secondo parte ricorrente sia nel ricorso introduttivo che nell’atto di appello la stessa eccepiva specificatamente e dettagliatamente la nullità della sentenza
indicata nella intimazione di pagamento: nondimeno tale eccezione non sarebbe stata esaminata dai giudici;
il motivo è manifestamente infondato;
invero le doglianze relative alla mancata notifica sia dell’ avviso di trattazione in pubblica udienza del ricorso avvero l’avviso di accertamento presupposto sia del dispositivo della sentenza definitoria di tale giudizio da parte della segreteria della CTP di Roma andavano proposte nel giudizio avente per oggetto quell’avviso di accertamento, non nella presente controversia che ha per oggetto unicamente la legittimità dell’intimazione di pagamento la quale è contestabile unicamente per vizi propri (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17937 del 06/09/2004; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4818 del 11/03/2015; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16641 del 29/07/2011);
il secondo motivo si incentra poi sulla indebita assegnazione delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate nel giudizio di primo grado, censurando la sentenza di merito per violazione art. 15 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e degli art. 3 e 33 della Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c.; secondo parte ricorrente la stessa nell’appello aveva specificatamente eccepito l’assegnazione delle spese di lite a favore dell’Agenzia delle Entrate per Euro 13.000, tenuto conto che non era stata svolta alcuna articolata e complessa attività difensiva e tenuto conto altresì che si è costituita in giudizio, oltre il termine di cui all’art. 23 del d. Lgs. n.546 del 1992: tale eccezione sebbene formulata in modo specifico non sarebbe stata esaminata dai giudici del merito;
il motivo è in argomento manifestamente infondato;
invero, questa Corte ritiene dovute le spese processuali nel caso di vittoria dell’Amministrazione finanziaria (tra molte, Cass. n. 10368/2024); pertanto, anche a ritenere effettivamente difettosa sul punto la pronuncia, la sentenza impugnata non risulta viziata poiché dall’esame della questione posta non sarebbe comunque potuto derivare un esito favorevole a parte ricorrente;
il terzo motivo si duole della nullità della sentenza per violazione degli artt.132 c.p.c., 118, comma 1, disp. att. c.p.c., dell’art. 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art.112 c.p.c., in relazione all’art.360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c.; la contribuente ritiene che la sentenza emessa dai giudici sia illegittima, in quanto ha omesso l’esame di un fatto storico la cui esistenza risulta dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e ha carattere decisivo, vale a dire se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia; denuncia anche la nullità della sentenza impugnata perché affetta dal vizio di motivazione inesistente, contraddittoria o meramente apparente, senza palesarsi in essa l’iter logico giuridico seguito;
tale terzo motivo, contenente plurime censure, in primo luogo quanto alla doglianza relativa all’omesso esame di fatto storico è inammissibile poiché si verte qui nella situazione processuale di c.d. ‘doppia conforme’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; ma ex multis, anche Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018; Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947);
in secondo luogo, quanto alla censura relativa al vizio di motivazione, lo stesso motivo è manifestamente infondato avendo la CTR reso motivazione il cui contenuto si colloca al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’ (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090);
infine, con riguardo all’asserita violazione dell’art. 112 c.p.c. il motivo è inammissibile poiché difettoso quanto a specificità e localizzazione, non avendo parte ricorrente trascritto gli atti del giudizio di merito (in specifico il ricorso di primo grado, che non risulta neppure prodotto a questa Corte) dai quali si evince la dedotta violazione;
in conclusione, il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass.
Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13/10/2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 9.000,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. e ancora l’ulteriore importo di euro 4.500,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 18.000,00 oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 9.000,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 4.500,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.