Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8831 Anno 2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 26952 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori (RAGIONE_SOCIALE Legale) in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 2453/29/2015, depositata in data 27 aprile 2015, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1. L’RAGIONE_SOCIALE notificava nei confronti di RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con il quale recuperava, ai fini Ires, Irap e Iva, per l’anno 2005, maggiori ricavi , in relazione a una fattispecie ritenuta elusiva, ai sensi dell’art. 37 -bis del d.P.R. n. 600/73. In particolare, l’Ufficio rilevava che :1) RAGIONE_SOCIALE in data 6 ottobre 2005 aveva venduto a RAGIONE_SOCIALE un terreno edificabile con sovrastanti strutture in corso di costruzione, per un corrispettivo di euro 461.531,44; 2) in data 26 ottobre 2005 RAGIONE_SOCIALE aveva riacquistato lo stesso terreno da RAGIONE_SOCIALE per un corrispettivo di euro 550.000,00; 3) le compagini RAGIONE_SOCIALE suddette due società, nell’anno 2005, erano riconducibili ad un unico gruppo familiare. A fronte dell’operazione antieconomica di vendita e riacquisto, nell’arco di venti giorni, del terreno, con una perdita pari a euro 88.468,56 (550.000,00-461.531,00), la contribuente avrebbe conseguito un indebito risparmio di imposta per effetto dell’abbattimento dell’imponibile pari alla differenza tra il costo di riacquisto e il prezzo della prima vendita senza addurre una valida r agione economica a sostegno dell’operazione medesima.
2.Avverso il suddetto atto impositivo RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE che, con sentenza n. 491/22/2013, lo rigettava escludendo che, in un così breve lasso di tempo, potessero essere intervenute modifiche dell’immobile tali da giustificare un incremento del prezzo dello stesso pari a euro 88.468,56 e rilevando, al riguardo, che la contribuente non aveva specificato la natura dei lavori che si assumevano essere stati eseguiti sul terreno da RAGIONE_SOCIALE né tantomeno aveva fornito alcuna documentazione di supporto, tranne la NUMERO_DOCUMENTO emessa da RAGIONE_SOCIALE del 25.11.2005 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE circa un
mese dopo la rivendita dell’immobile da parte di quest’ultima società alla contribuente.
3.Avverso la sentenza di primo grado, la società proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio che, con sentenza n. 2453/29/2015, depositata il 27 aprile 2015, lo rigettava.
4.In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR -confermando la sentenza del giudice di prime cure -ha osservato che: 1) l’economicità o meno dell’operazione non poteva essere letta in una prospettiva meramente contabile avuto riguardo alla eccepita chiusura in pareggio del riacquisto (stante la contrapposizione di costi per euro 905.319,00, risultanti dalla somma tra euro 550.000,00 e altre spese per euro 335.319,00, a rimanenze finali di pari importo) essendo difficile, dal punto di vista fattuale, postulare un pareggio nel riacquisto avvenuto a euro 550.000,00 a fronte di una cessione per euro 461.531,44; 2) era difficilmente dubitabile che, nella vicenda in esame, non sussistessero ragioni economiche a sostegno dell’operazione di vendita e riacquisto avendo la contribuente fatto riferimento alla ‘ minacciata aggressione di un fornitore ‘ mentre era indubbio il vantaggio fiscale conseguito dalla società consistente nella deduzione di costi per euro 88.468,56 e nella detrazione dell’Iva per euro 8.846,85; 3) lo scopo elusivo poteva realizzarsi anche mediante operazioni effettive e reali, il che esimeva da ulteriori approfondimenti sulla pertinenza della fattura contestata o sul carattere simulatorio della cessione.
5.Avverso la suddetta sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
6. Resiste con ‘atto di costituzione’ l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 156, comma 2, c.p.c., 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 36, comma 2, n. 4 del Dlgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR rigettato l’appello della contribuente, con una motivazione apparente, attribuendo in modo criptico prevalenza all’aspetto
sostanziale dell’operazione rispetto a quello contabile, ravvisando contestualmente la sussistenza di valide ragioni economiche e facendo riferimento, in modo fuorviante, al tema del carattere simulatorio della cessione, peraltro non oggetto di discussione tra le parti e chiaramente non pertinente con quello dell’abuso del diritto. Da qui, ad avviso della ricorrente, la mera apparenza della motivazione che avrebbe attribuito prevalenza alla tesi dell’Ufficio in modo apodittico, facendo proprie le argomentazioni di entrambe le parti (sussistenza del vantaggio indebito e contestualmente RAGIONE_SOCIALE valide ragioni economiche), pronunciandosi anche su elementi non rilevanti (quale l’asserita fraudolenza del comportamento della società).
1.1.Il motivo è infondato.
1.2. Premesso che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n.16159 , che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 ; Cass. Sez. U., 18/04/2018, n. 9557 Cass 2021 n. 36510), nella specie, la CTR ha accolto la tesi dell’Ufficio in ordine alla configurabilità di una fattispecie elusiva, attraverso il compimento di due atti negoziali in un breve lasso temporale (vendita del cespite in data 6 ottobre 2005 da parte della società contribuente a RAGIONE_SOCIALE al prezzo di euro 461.531,44 e riacquisto dello stesso in data 26 ottobre 2005 al prezzo di euro 550.000,00; riconducibilità della compagine RAGIONE_SOCIALE due società ad un unico gruppo familiare) con indebito risparmio di imposta per effetto dell’abbattimento dell’imponibile per euro 88.468,56 (pari alla differenza tra il costo di riacquisto e il prezzo della prima vendita) e assenza di valide ragioni economiche a sostegno dell’operazione . In particolare, la CTR – confermando la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittima la ripresa in considerazione del carattere abusivo
dell’operazione non potendo essere intervenuta nell’arco temporale di venti giorni alcuna modifica dell’immobile tale da giustificare un incremento del prezzo dello stesso pari a euro 88.468,56 -ha escluso che l’economicità o meno di un’operazione potesse essere letta in una prospettiva soltanto contabile -in termini di eccepito ‘pareggio nel riacquisto’, avuto riguardo al raffronto dei costi di euro 905.319,00 (risultanti dalla somma tra euro 550.000,00 e ulteriori spese per euro 335.319,00) con le rimanenze finali di pari importo -essendo ‘ difficile postulare un pareggio nel riacquisto avvenuto a euro 550.000,00 a fronte di una cessione per euro 461.531,44 ‘. Ciò posto, il giudice di appello, ha ritenuto che, nella specie, fosse integrata la fattispecie elusiva ‘ essendo difficilmente dubitabile che nella vicenda in esame non sussiste ragioni economiche a sostegno dell’operazione come confermato anche dall’appellante che la giustificava nella minacciata aggressione di un fornitore ‘ – senza che sotto tale aspetto il mezzo proposto abbia, peraltro, colto effettivamente il decisum -ed essendo ‘ indubbio il vantaggio fiscale conseguito dalla società rappresentato dalla deduzione di costi per euro 88.468,56 nonché dalla detrazione dell’Iva relativa per euro 8.846,85 ‘. Peraltro – e anche sotto tale profilo il motivo non è attinente al decisum – il riferimento al comportamento fraudolento di parte contribuente è fatto dal giudice di appello nella parte finale dell’a rgomentato proprio per escluderne la necessaria sussistenza ai fini della configurazione del carattere elusivo dell’operazione ‘ essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico che consentisse di eludere l’applicazione del regime fiscale costituente il presupposto d’imposta ‘ potendo ‘ lo scopo elusivo realizzarsi anche mediante operazioni effettive e reali il che esimeva il Collegio da ogni approfondimento sulla pertinenza della fattura contestata e, a maggior ragione, del carattere simulatorio della cessione ‘. La motivazione della sentenza impugnata è tale quindi da attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-
5, 28829 del 2021), contenendo una chiara esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese al rigetto dell’appello.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 -bis del DPR n. 600/73 e del principio giurisprudenziale dell’abuso del diritto per avere la CTR confermato il carattere elusivo dell’operazione oltre i casi normativamente previsti atteso che l’art. 37 bis cit. codifica il divieto di abuso del diritto, almeno nel settore RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, da un lato, esplicitando il principio secondo cui le pratiche abusive sono ino pponibili all’Amministrazione finanziaria, precisandone i caratteri (commi 1 e 2) e, dall’altro, delimita ndo , nell’interesse alla certezza del rapporto tributario, il potere dell’RAGIONE_SOCIALE di superare la forma giuridica attribuita dai contribuenti alle manovre elusive, attraverso la previsione del concorso di almeno una RAGIONE_SOCIALE operazioni indicate nell’elenco di cui al comma 3, particolarmente esposte al rischio di assumere i caratteri abusivi. Pertanto, ad avviso della ricorrente, nella fattispecie in esame non poteva operare il divieto ex art. 37 bis non rientrando né la cessione dell’immobile in data 6 ottobre 2005 alla società RAGIONE_SOCIALE né il riacquisto del medesimo terreno nel l’ elenco di cui al comma 3, con violazione anche dei principi di legalità, affidamento e certezza del diritto posto che, afferendo l ‘avviso in questione anche all’Iva, con riguardo a tale imposta non era chiaramente applicabile né l’art. 37bis né il principio antiabuso. In ogni caso, il giudice di appello avrebbe ritenuto la sussistenza di una pratica abusiva/elusiva: 1) pur avendo riscontrato l’esistenza dell’esimente RAGIONE_SOCIALE valide ragioni economiche, il che avrebbe dovuto escludere la configurabilità di una condotta abusiva; 2)in mancanza di un vantaggio fiscale non potendo, sotto tale aspetto, valutarsi soltanto la differenza tra il prezzo di vendita e il costo di ria cquisto ma dovendo aversi riguardo all’incidenza RAGIONE_SOCIALE esistenze iniziali, RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali e dei costi sostenuti, avendo la contribuente conseguito dalla vendita del cespite un utile di euro 29.877,78 e avendo chiuso il riacquisto dello stesso ‘in pareggio’, raffrontando i costi di euro 905.319,00 (risultanti dalla somma tra euro 550.000,00 e ulteriori spese di costruzione per euro 335.319,00) a rimanenze finali di pari importo; 3) senza ravvisare alcun aggiramento della normativa fiscale e, dunque, senza alcuna
verifica del contrasto tra il godimento del presunto vantaggio fiscale generato dalla realizzazione dell’operazione e la ratio RAGIONE_SOCIALE pertinenti norme.
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. per avere la CTR implicitamente assunto che l’unico elemento offerto dall’Ufficio a dimostrazione della legittimità della ripresa (la scansione temporale degli atti negoziali) fosse dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. In particolare, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello avrebbe pretermesso la valutazione RAGIONE_SOCIALE ragioni addotte dalla società circa la consistenza RAGIONE_SOCIALE opere edilizie medio tempore eseguite sull’immobile da RAGIONE_SOCIALE come evincibili anche dalla Relazione tecnica illustrativa, allegata all’atto di appello, e avrebbe indicato quale unico elemento probatorio a giustificazione della pretesa tributaria la scansione temporale degli atti negoziali di vendita e riacquisto del terreno, del tutto sprovvista dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
4.I motivi secondo e terzo- da analizzarsi congiuntamente per connessione sono, in parte, inammissibili e, in parte, infondati.
4.2. Con specifico riferimento alla disciplina dell’elusione fiscale, questa Corte (Cass. 5155/2016; conf.: Cass. 30404/2018; da ultimo, Cass. sentenza, sez. 5, n. 29936 del 2023), ha composto, con chiarezza, il quadro giurisprudenziale (nazionale ed Eurounitario) e normativo di riferimento, precisando che: a) integra gli estremi del comportamento abusivo quell’operazione economica che, tenuto conto sia della volontà RAGIONE_SOCIALE parti implicate, sia del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento predominante e assorbente della transazione lo scopo di ottenere vantaggi fiscali , con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale se quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta (Cass. civ., 10 dicembre 2014, n. 25972); b) la prova sia del disegno elusivo sia RAGIONE_SOCIALE modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici , considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato (Cass. civ, 21 gennaio 2009, n. 1465) e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l’onere di
allegare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate; c) non è configurabile l’abuso del diritto se non sia stato provato dall’ufficio il vantaggio fiscale che sarebbe derivato al contribuente accertato dalla manipolazione degli schemi contrattuali classici (Cass. civ., 22 settembre 2010, n. 20029); d) il carattere abusivo, sotto il profilo fiscale, di una determinata operazione, quindi, nel fondarsi normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale (Sez. U., 23 dicembre 2008, n. 30055; Corte di giustizia, UE nei casi 3M Italia, Halifax, Part. Service), presuppone quanto meno l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dai contraenti, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito (Cass. civ., 30 novembre 2012, n. 21390) e si deve indagare se vi sia reale fungibilità con le soluzioni eventualmente prospettate dal fisco (Cass. civ., 26 febbraio 2014, n. 4604).
Al fine di perseguire la pianificazione fiscale aggressiva, la Commissione Europea ha diramato la raccomandazione 2012/772/UE agli Stati membri ad intervenire ogniqualvolta vi sia “una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale” (montages artificiels, artificial arrengement, mecanismo artificial nelle diverse lingue). A tal fine ha precisato che “una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale” (p. 4.4.), o più esattamente di ” sostanza economica ” (p. 4.2.), e “consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità RAGIONE_SOCIALE disposizioni fiscali”, mentre “una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso” (Cass. civ., 14 gennaio 2015, n. 438). Nella stessa direzione si è mosso anche il legislatore nazionale, che ha introdotto l’art. 10bis, Statuto dei diritti del contribuente, stabilendo che: «Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale RAGIONE_SOCIALE norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti » (comma 1) e che «si
considerano: a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali (…); b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità RAGIONE_SOCIALE norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario», precisando che « Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione RAGIONE_SOCIALE singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato » (comma 2), per poi chiarire che «ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale» (comma 4), “non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente” (comma 3). Questa Corte ha quindi precisato che il suddetto art. 10 bis, anche ove non applicabile ratione temporis , svolge una fondamentale opera di interpretazione del disposto di cui all’art. 37bis, d.P.R. n. 600/1973, avendo un perimetro che va ben al di là RAGIONE_SOCIALE condotte ivi indicate, costituendo espressione di un principio generale che ricomprende tutte le condotte abusive, ove venga riscontrata la sussistenza dei parametri normativi. Si è precisato, infatti, che il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, rinvenibile negli stessi principi costituzionali che informano l’ordinamento tributario italiano oltre che nei principi comunitari (Cass. civ., 2 febbraio 2021, n. 2224; Cass. civ., 17 novembre 2022, n. 33973). Il riferimento, contenuto nell’art. 10bis, anche agli atti e ai contratti, anche tra loro collegati, consente di valutare la sussistenza dell’abuso del dirit to alla luce di una complessiva e articolata attività che coinvolga diversi soggetti i cui atti negoziali siano collegati tra loro, purchè si accerti che le suddette attività negoziali siano prive di sostanza economica che, peraltro, può essere individuata quando la qualificazione RAGIONE_SOCIALE stesse non sia coerente con il fondamento giuridico del loro insieme e non siano utilizzati in conformità alle logiche di mercato (da ultimo, Cass. sez. 5, sentenza n. 29936 del 2023). E’ principio già enunciato da codesta
Corte, ed estensibile a qualsivoglia fattispecie atipica di elusione per distorsione degli effetti ordinari di istituti giuridici tipici, quello secondo il quale: « La norma antielusiva prevista dall’art. 37 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 non presuppone un comportamento fraudolento, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante (perché non sorretto da valutazioni economiche diverse dal profilo fiscale) di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale proprio dell’operazione che costituisce il presupposto d’imposta ». (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8487 del 08/04/2009; ma si vedano anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12788 del 10/06/2011; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 449 del 10/01/2013; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25671 del 15/11/2013; Cass. sez. 5 n. 862 del 2022).
4.3.Quanto al riparto dell’onere della prova, quindi grava sull’Amministrazione l’onere di dimostrare tanto l’esistenza del disegno elusivo, quanto le modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali, ritenuti non rispettosi di una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire ad un determinato risultato fiscale (Cass., sez. 5, 26 febbraio 2014, n. 4603; Cass., n. 1465/2009). Fornita questa prova, è rimesso alla parte contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino le operazioni, non consistenti nel mero risparmio fiscale (Cass. sez. 5, n. 3281 del 2023; Cass., sez. 5, n. 27709 del 2022; Cass., 5 dicembre 2019, n. 31772; Cass., 5090/2017; Cass. 3938/2014; Cass., 19234/2012; Cass., 20029/2010).
4.4.In particolare, si è affermato che va escluso il carattere elusivo di un’operazione caratterizzata dalla compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali; tali ragioni non sono necessariamente identificabili in una redditività immediata dell’atto posto in essere, ma possono consistere anche in esigenze di natura organizzativa implicanti un miglioramento strutturale e funzionale del contribuente. Ne consegue che la prova dell’elusione deve incentrarsi sulle modalità di manipolazione ed alterazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonché sulla loro mancata conformità ad una normale logica di mercato ( ex multis , Cass., Sez. 5, 2 marzo 2020, n. 5644). Analogamente, abusiva può definirsi l’operazione economica che, attraverso l’impiego improprio o distorto dello strumento negoziale, abbia quale scopo predominante e assorbente
(seppur non esclusivo) l ‘ elusione della norma tributaria, mentre la mera astratta configurabilità di un vantaggio fiscale non è sufficiente ad integrare la fattispecie abusiva, poiché è richiesta la concomitante condizione di inesistenza di ragioni economiche diverse dal semplice risparmio di imposta e l’accertamento della effettiva volontà dei contraenti di conseguire un indebito vantaggio fiscale (Cass., Sez.5, 5 dicembre 2014, n. 25758). La giurisprudenza di questa Corte è, dunque, ferma nell’affermare che non è affatto sufficiente ai fini dell’applicabilità dell’art. 37 -bis, d.P.R. n. 600/1973 (in ideale sintonia anche con la nuova disciplina generale antielusiva dettata dall’art. 10-bis, l. n. 212/2000) rilevare la sussistenza della elusività intrinseca di una fattispecie negoziale, più o meno complessa, ossia il suo concreto effetto di aggiramento di norme impositrici e di principi dell’ordinamento tributario allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale indebito, ma che invece tale scopo debba essere unico e non bilanciato dall’esistenza di valide ragioni economiche, che, in quanto «valide» (art. 37-bis, comma 1, d.P.R. n. 600 cit.), devono essere non marginali e, se ed in quanto tali, devono necessariamente essere oggetto di valutazione da parte del giudice tributario. In altri termini, nella valutazione giudiziale della disciplina antielusiva il profilo fiscale deve essere coniugato con quello extrafiscale (c.d. business purpose test ), trattandosi di elementi di giudizio nel merito non scindibili (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9777 del 2022).
4.5. Posta, alla luce di quanto sopra, l’applicabilità dell’art. 37bis, d.P.R. n. 600/1973, ben al di là RAGIONE_SOCIALE condotte ivi indicate, nella sentenza impugnata, la CTR, facendo corretta applicazione dei richiamati principi – a fronte della contestazione dell’RAGIONE_SOCIALE di fatti oggettivi (compimento degli atti negoziali di vendita da parte della contribuente a RAGIONE_SOCIALE e riacquisto da parte della prima dello stesso terreno nell’arco di venti giorni, perdita pari a euro 88.468,56, pari alla differenza tra il prezzo di vendita di euro 550.000,00 e quello di riacquisto di euro 461.531,00, compagine della società contribuente e di RAGIONE_SOCIALE riconducibile ad un unico gruppo familiare) che connotavano l’operazione di riacquisto, la quale, a suo avviso, non rivelava ragioni economiche diverse dalla mera aspettativa di un vantaggio fiscale , concretantesi nell’indebito risparmio di imposta per effetto dell’abbattimento dell’imponibile per euro
88.468,56 ed era, pertanto, anche in considerazione della riconducibilità della compagine RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE allo stesso nucleo familiare, indiziaria della natura abusiva della condotta della contribuente -ha accertato, con un apprezzamento in fatto non sindacabile in questa sede, negli elementi contestati dall’Ufficio, la fattispecie elusiva atteso che: 1) l’economicità o meno di un’operazione non poteva essere letta in una prospettiva puramente contabile, avuto riguardo all’eccepito ‘pareggio nel riacquisto’ mediante il raffronto dei costi di euro 905.319,00 (risultanti dalla somma tra euro 550.000,00 e ulteriori spese per euro 335.319,00) con le rimanenze finali di pari importo, essendo, dal punto di vista fattuale ‘ difficile postulare un pareggio nel riacquisto avvenuto a euro 550.000,00 a fronte di una cessione per euro 461.531,44 ‘ ; 2) era difficilmente dubitabile che nella fattispecie non sussistessero valide ragioni economiche a sostegno dell’operazione – e sotto tale aspetto il secondo motivo non risulta neanche attinente al decisum – non ravvisabili nel dedotto intento della società di sottrarre l’immobile alienato ad un’eventuale azione esecutiva da parte di un fornitore (‘ essendo difficilmente dubitabile che nella vicenda in esame non sussiste ragioni economiche a sostegno dell’operazione come confermato anche dall’appellante che la giustificava nella minacciata aggressione di un fornitore ‘); 3) era indubbio l’indebito vantaggio fiscale della contribuente ‘ rappresentato dalla deduzione di costi per euro 88.468,56 non ché dalla detrazione dell’Iva relativa per euro 8.846,85 ‘ concludendo per la non necessaria configurazione di un comportamento fraudolento da parte del contribuente ai fini della realizzazione di uno scopo elusivo potendo, come nella specie, essere perseguito anche attraverso operazioni effettive e reali il che rendeva irrilevante ulteriori approfondimenti sulla pertinenza della contestata fattura e, a maggior ragione, sul carattere simulatorio della cessione.
4.6. Quanto alla violazione dell’art. 2729 c.c. denunciata con il terzo motivo, la censura si profila inammissibile in quanto non coglie il decisum .
4.7.Invero, premesso che è pacifico che competa alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poiché se è
devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass. 12143 del 2021; Cass., sez. 5, ord. 19352 del 2018, Cass., sez. 6-5, n. 10973/2017, Cass., sez. 5, n. 1715/2007), nella specie, la CTR, lungi dal desumere l’ abusività dell’operazione di cessione e riacquisto dello stesso bene immobile esclusivamente dal ‘brevissimo arco temporale’ intercorso tra i due negozi, ha ritenuto – con un apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità – gli accertati fatti oggettivi (compimento degli atti negoziali di vendita da parte della contribuente a RAGIONE_SOCIALE e riacquisto da parte della prima dello stesso terreno nell’arco di venti giorni, perdita pari a euro 88.468,56, pari alla differenza tra il prezzo di vendita di euro 550.000,00 e quello di riacquisto di euro 461.531,00, compagine della società contribuente e di RAGIONE_SOCIALE riconducibile ad un unico gruppo familiare) integrare una condotta elusiva stante la riscontrata sussistenza dell’indebito vantaggio fiscale conseguito dalla contribuente in termini di risparmio di spesa per effetto dell’abbattimento dell’imponibile per euro 88.468,56 e, al contempo, l’assenza di valide ragioni economiche a sostegno della stessa non potendo essere ravvisate queste ultime nella ‘minacciata aggressione di un fornitore’. Il giudice di appello ha escluso che, nella specie, ‘l’economicità o meno dell’operazione potesse essere letta in una prospettiva puramente contabile ‘ in termini di ‘pareggio nel riacquisto’ mediante il raffronto dei costi per euro 905.319,00 alle rimanenze finali di pari importo essendo, dal punto di vista fattuale, ‘difficile postulare un pareggio nel riacquisto avvenuto a euro 550.000,00 a fronte di una cessione per euro 461.531,44’. In particolare, la CTR ha ritenuto integrare una condotta elusiva l’operazione di riacquisto dello stesso bene immobile venduto venti giorni prima ad un prezzo maggiorato di euro 88.468,56, alla luce di una serie di elementi valutati complessivamente (arco temporale breve tra le due operazioni di vendita e riacquisto, perdita di euro 88,468,56 pari alla differenza tra il prezzo di vendita
e quello di riacquisto del terreno in questione, riconducibilità della compagine RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE ad un unico gruppo familiare) che non rivelavano ragioni economiche diverse dalla mera aspettativa di un vantaggio fiscale in termini di un risparmio di spesa.
5.In conclusione, il ricorso va rigettato.
6.Nulla sulle spese essendo rimasta l’RAGIONE_SOCIALE resistente e non avendo svolto attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE il 28 febbraio 2024 e, in seconda riconvocazione, in data 5