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Abuso del diritto: quando non si applica al costo fittizio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16401/2024, chiarisce i confini dell’abuso del diritto. Nel caso esaminato, una società deduceva un costo per un contributo straordinario versato a un’altra impresa collegata. L’Amministrazione Finanziaria contestava il costo per mancanza di inerenza e competenza. La Commissione Tributaria Regionale, invece, ha riqualificato l’operazione come abuso del diritto. La Suprema Corte ha cassato questa decisione, stabilendo che la fattispecie di abuso del diritto presuppone operazioni reali, sebbene realizzate per un indebito vantaggio fiscale. Quando, come nel caso di specie, si contesta la fittizietà stessa del costo, si verte in un’ipotesi di frode fiscale e la valutazione deve rimanere sui profili originari di inerenza e competenza del costo, non potendo il giudice modificare la causa della pretesa tributaria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Abuso del diritto: la Cassazione traccia il confine con la frode fiscale

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiave di lettura sulla nozione di abuso del diritto in materia fiscale, distinguendola nettamente dalle ipotesi di frode basate su operazioni fittizie. La pronuncia chiarisce che l’abuso presuppone operazioni economiche realmente esistenti, sebbene realizzate con lo scopo primario di ottenere un risparmio d’imposta. Quando invece si contesta la realtà stessa di un costo, la questione attiene alla sua inerenza e veridicità, non all’elusione.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità di un “contributo straordinario” del 7,5% sul fatturato, riconosciuto a un’altra società (locatrice di un ramo d’azienda) con cui intercorreva uno stretto legame familiare. Il Fisco aveva disconosciuto il costo per difetto di inerenza e competenza, ritenendolo quindi non deducibile ai fini IRES, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2005.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società contribuente. In appello, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava parzialmente la decisione: pur confermando l’indebita deduzione del costo, riqualificava la fattispecie non più come violazione dei principi di inerenza e competenza, bensì come un caso di abuso del diritto. Secondo i giudici di secondo grado, la stipula di una scrittura integrativa non registrata, che introduceva questo onere aggiuntivo, era sintomatica di un’operazione volta unicamente a creare vantaggi fiscali per entrambe le società coinvolte, legate da stretti vincoli familiari.

La decisione della Corte di Cassazione e la nozione di abuso del diritto

La società contribuente ha impugnato la sentenza di appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, che i giudici di merito avessero fondato la loro decisione su una motivazione (l’abuso del diritto) diversa da quella originariamente contestata nell’avviso di accertamento (difetto di inerenza e competenza).

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa a una diversa sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado. Il punto centrale della decisione risiede nella corretta qualificazione della fattispecie.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato: si configura abuso del diritto quando un’operazione economica, sebbene formalmente lecita, è posta in essere con lo scopo predominante e assorbente di eludere una norma tributaria per conseguire un vantaggio fiscale indebito. Tuttavia, una condizione essenziale perché si possa parlare di abuso è che le operazioni contestate siano state realmente poste in essere dalle parti.

Nel caso di specie, l’Amministrazione Finanziaria, contestando la mancanza di certezza, inerenza e competenza del costo, aveva fin dall’inizio messo in dubbio non lo scopo dell’operazione, ma la sua stessa esistenza e realtà economica. Gli elementi valorizzati dalla Commissione Regionale (la stretta base sociale familiare, la mancata registrazione dell’accordo, l’assenza di idonea documentazione) non conducevano a una diagnosi di elusione, ma piuttosto a un sospetto di frode fiscale. In altre parole, la situazione descritta non era quella di un’operazione reale con finalità elusiva, ma di un’operazione potenzialmente fittizia, documentata al solo fine di dedurre costi inesistenti e maturare un credito IVA non spettante.

Di conseguenza, il giudice di appello ha errato nel modificare la natura della contestazione. La controversia doveva essere decisa rimanendo nell’alveo tracciato dall’avviso di accertamento, ovvero verificando se il costo fosse effettivamente sostenuto, inerente all’attività d’impresa e di competenza dell’esercizio fiscale in esame. Riqualificare il tutto come abuso del diritto ha significato violare il principio processuale che vincola il giudice a pronunciarsi entro i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per l’operatività degli uffici fiscali e per i giudici tributari. La distinzione tra elusione e frode non è meramente terminologica, ma sostanziale e processuale. Se l’Amministrazione contesta la fittizietà di un costo, il dibattito deve vertere sulla prova della sua effettività e inerenza. Non è possibile, in un secondo momento, spostare il focus sull’abuso del diritto, che riguarda scenari completamente diversi, caratterizzati da operazioni reali ma abusivamente congegnate. La Corte, accogliendo i motivi del ricorso incidentale, ha quindi disposto che il caso sia riesaminato nel merito secondo la prospettiva corretta: quella della potenziale indeducibilità di un costo per difetto dei suoi requisiti fondamentali, e non per elusione.

Qual è la differenza tra abuso del diritto e frode fiscale secondo la Corte?
L’abuso del diritto presuppone l’esistenza di operazioni economiche reali, effettivamente poste in essere dalle parti, ma con lo scopo predominante di ottenere un vantaggio fiscale indebito. La frode fiscale, invece, si configura quando le operazioni sono fittizie o inesistenti, create al solo scopo di evadere le imposte, ad esempio attraverso la deduzione di costi non sostenuti.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza che qualificava l’operazione come abuso del diritto?
La Corte ha annullato la sentenza perché il giudice di appello aveva modificato la causa della pretesa fiscale. L’avviso di accertamento originale contestava la mancanza di inerenza e competenza di un costo, suggerendone la fittizietà. Il giudice, invece, ha qualificato la fattispecie come abuso del diritto, decidendo su una base giuridica diversa e non proposta, commettendo così un vizio di ultrapetizione.

Cosa si intende per abuso del diritto in materia tributaria?
Si intende un’operazione economica che, pur rispettando formalmente le norme fiscali, realizza essenzialmente vantaggi fiscali indebiti perché priva di sostanza economica e di valide ragioni extrafiscali. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che può disconoscerne i vantaggi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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