LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abuso del diritto: quando la riorganizzazione è elusiva

La Corte di Cassazione ha confermato la nozione di abuso del diritto in un caso di riorganizzazione societaria. Dei soci avevano rivalutato le quote della loro società, per poi cederle a una newco da loro stessi controllata. Tale operazione, nota come ‘leverage cash out’, permetteva di incassare gli utili societari tassandoli con un’imposta sostitutiva agevolata, anziché con l’aliquota ordinaria sui dividendi. La Corte ha ritenuto l’operazione abusiva perché priva di valide ragioni economiche extra-fiscali, essendo il suo scopo principale quello di ottenere un indebito vantaggio fiscale, mascherando una distribuzione di utili.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Abuso del diritto: la Cassazione boccia la riorganizzazione societaria senza ragioni economiche

Nel complesso mondo del diritto tributario, il confine tra pianificazione fiscale lecita ed abuso del diritto è spesso sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26260/2025, offre un chiarimento fondamentale su questo tema, analizzando un’operazione di ‘leverage cash out’ e stabilendo che, in assenza di valide ragioni economiche, essa costituisce un vantaggio fiscale indebito.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda i soci di una S.r.l. che, nel corso del 2012, hanno prima rivalutato le proprie quote di partecipazione per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, versando un’imposta sostitutiva agevolata del 4%. Successivamente, hanno ceduto queste quote a una società di nuova costituzione (una ‘newco’), creata appena undici giorni prima. Il prezzo di vendita delle quote alla newco era esattamente pari al valore della rivalutazione.

L’Amministrazione Finanziaria ha contestato l’operazione, ritenendola un meccanismo elusivo. Secondo il Fisco, i soci avevano di fatto incassato gli utili della società originaria, mascherandoli da corrispettivo per la vendita delle quote. In questo modo, avevano beneficiato di una tassazione molto più bassa (il 4% dell’imposta sostitutiva) rispetto a quella ordinaria prevista per la distribuzione dei dividendi. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha recuperato a tassazione la quota imponibile dei dividendi ricevuti negli anni successivi.

La Decisione della Corte di Cassazione

Dopo i giudizi di primo e secondo grado, che avevano dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, il caso è giunto in Cassazione. I giudici supremi hanno rigettato il ricorso del contribuente, confermando la natura abusiva dell’intera operazione.

La Corte ha stabilito che la sequenza di atti (rivalutazione, costituzione di newco e successiva vendita) non era supportata da alcuna valida ragione economica extra-fiscale e aveva come unico scopo quello di conseguire un risparmio d’imposta altrimenti non consentito.

Le Motivazioni: la mancanza di sostanza economica e l’abuso del diritto

Il cuore della decisione risiede nell’analisi delle motivazioni addotte dal contribuente, confrontate con la realtà dei fatti. La difesa sosteneva che l’operazione fosse finalizzata a garantire il passaggio generazionale e la continuità aziendale. Tuttavia, la Corte ha smontato questa tesi, evidenziando diversi elementi che provavano il contrario.

In primo luogo, la governance della newco era rimasta sostanzialmente identica a quella della società originaria. I soci fondatori mantenevano un ruolo centrale nell’amministrazione, anche tramite specifiche clausole statutarie, nonostante la loro quota di partecipazione diretta si fosse ridotta. Questo dimostrava una continuità di controllo che smentiva l’idea di un reale passaggio generazionale.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che non era stata fornita alcuna prova di una reale finalità di crescita, sviluppo o riorganizzazione patrimoniale. La newco non aveva intrapreso altre partecipazioni, contraddicendo la sua natura di ‘holding di partecipazioni’. L’operazione si è quindi rivelata per quello che era: un veicolo per estrarre liquidità dalla società operativa pagando meno tasse.

La Corte ha ribadito che per configurare l’abuso del diritto, secondo l’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente, sono necessari tre presupposti:

1. La realizzazione di un vantaggio fiscale indebito.
2. L’assenza di sostanza economica dell’operazione.
3. L’essenzialità del vantaggio fiscale come obiettivo dell’operazione.

Nel caso di specie, tutti e tre gli elementi erano presenti. Il vantaggio era evidente (tassazione al 4% anziché ordinaria), e l’assenza di valide ragioni economiche rendeva tale vantaggio l’unica vera finalità dell’architettura societaria posta in essere.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rappresenta un importante monito per imprenditori e consulenti. Le operazioni di riorganizzazione societaria, anche se formalmente conformi alla legge, possono essere contestate dal Fisco se non sono supportate da concrete e dimostrabili ragioni di business.

L’abuso del diritto non sanziona la legittima pianificazione fiscale, ma quelle costruzioni artificiose create al solo scopo di aggirare gli obblighi tributari. La lezione è chiara: ogni scelta strategica deve avere una solida base economica e non può essere giustificata unicamente dal desiderio di ottenere un risparmio d’imposta. La sostanza economica prevale sempre sulla forma giuridica.

Che cos’è un’operazione di ‘leverage cash out’ e perché è stata considerata abusiva in questo caso?
È un’operazione in cui i soci utilizzano una società veicolo (newco) per acquisire la propria stessa società operativa, finanziando l’acquisto con gli utili di quest’ultima. È stata considerata un abuso del diritto perché, combinata con la preventiva rivalutazione delle quote, ha permesso ai soci di incassare gli utili pagando un’imposta sostitutiva del 4%, anziché l’aliquota ordinaria sui dividendi, senza che vi fosse una reale ragione economica per la ristrutturazione.

La necessità di garantire un ‘passaggio generazionale’ è una giustificazione sufficiente per un’operazione di riorganizzazione societaria?
Non automaticamente. In questo caso, la Corte ha ritenuto che la giustificazione del passaggio generazionale fosse solo un pretesto. La continuità di controllo da parte dei soci originari e l’assenza di un reale cambio nella governance hanno dimostrato che non c’era una vera sostanza economica dietro a tale motivazione. La ragione addotta deve essere concreta e dimostrabile, non solo affermata.

Quali sono gli elementi necessari per configurare l’abuso del diritto fiscale?
Secondo la sentenza, che si rifà all’art. 10-bis della legge 212/2000, gli elementi essenziali sono tre: 1) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, in contrasto con le finalità delle norme; 2) l’assenza di valide ragioni economiche (o ‘sostanza economica’) per l’operazione; 3) il fatto che l’ottenimento del vantaggio fiscale sia lo scopo essenziale dell’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati