Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17460 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17460 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7320/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresenta e difeso dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMM. TRIB. REG. della CAMPANIA SEZ. DIST. SALERNO n. 6284/2021, depositata il 29/07/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/06/2025 dal Cons. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE già attiva nel settore della vigilanza privata ed acquistava un ramo d’azienda da RAGIONE_SOCIALE in data 30 marzo 2015; il valore del marchio, unitamente all’avviamento (peraltro riconosciuto negativo, in ragione della inaffidabilità maturata dalla stessa Sveviapol nel Salento), veniva quantificato in €. 1.500.000,00.
Solo qualche mese dopo, in data 28 dicembre 2015, RAGIONE_SOCIALE rivendeva il marchio del ramo RAGIONE_SOCIALE alla soc. RAGIONE_SOCIALE con cui condivideva il management , al prezzo di €. 100.000,00 ritenuto vile dall’Ufficio che procedeva dunque con ripresa a tassazione per minusvalenza, denunciando operazione meramente antieconomica e abuso del diritto di cui all’art. 10 bis l. n. 212/2000.
Adito il giudice di prossimità, il primo grado di giudizio risultava sostanzialmente favorevole al contribuente, mentre la CTR -in accoglimento dell’appello confermava, con la sentenza richiamata in epigrafe, l’impostazione dell’Ufficio che reintegrava nell’originaria ripresa a tassazione.
La contribuente ha proposto ricorso affidato a due motivi, a cui ha replicato con tempestivo controricorso l’Ufficio.
In prossimità dell’adunanza, il PG ha depositato requisitoria in forma di memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
Anche la parte privata ha depositato memoria con istanza di rinvio per valutare la definizione agevolata della controversia.
CONSIDERATO
Deve essere esaminata preliminarmente l’istanza di parte contribuente diretta all’ottenimento del rinvio della trattazione del ricorso, per consentire la valutazione della definizione agevolata della controversia.
L ‘istanza non può essere accolta.
Infatti, non si tratta di adesione ad una procedura già in essere e con codificato rinvio di trattazione nelle more del procedimento di
definizione, ma di una valutazione di eventuale convenienza alla definizione agevolata, che non si inserisce in un percorso normativamente prestabilito, donde si riduce ad una richiesta di rinvio mero, non prospettabile nel giudizio di legittimità.
Può, quindi, procedersi allo scrutinio del ricorso.
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. – la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., nonché dell’art. 10 bis l. n. 212/2000, deducendosi la violazione della disciplina del riparto dell’onere della prova , nonché di quella dell’abuso del diritto.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. – la violazione dell’art. 36, primo comma, d.lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 132 c.p.c., ovverosia il vizio di motivazione meramente apparente.
Va esaminato prima il secondo motivo, logicamente precedente, in quanto attiene alla struttura della motivazione della sentenza impugnata che, se priva di motivazione, non può nemmeno essere scrutinata.
Il motivo non può essere accolto.
Ed infatti, deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel
quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
Nella presente fattispecie la motivazione resa dalla sentenza impugnata è del tutto adeguata e rispondente ai principi appena esposti in relazione all’esame delle specifiche doglianze formulate con l’atto di appello.
Rigettato il secondo motivo, si ritiene che il primo motivo deve essere dichiarato inammissibile perché richiede rivalutazione dell’apporto probatorio, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello a cui è pervenuto la CTR.
3.1. È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Sotto altro profilo è stato ribadito essere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019)
3.2. In ogni caso, il motivo risulta anche infondato, perché sull’abuso di diritto l’onere probatorio a carico dell’Agenzia può essere dimostrato anche con presunzioni (cfr. Cass. V, n. 27709/2022; n. 32303/2024; n. 580/2025) e, quindi, nella presente fattispecie può essere ritenuto assolto.
In definitiva il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato; le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €. 7.800,00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025. Il Presidente