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Abuso del diritto: quando è evasione fiscale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 444/2025, ha stabilito un’importante distinzione tra abuso del diritto e evasione fiscale. Nel caso esaminato, una società del settore informatico aveva creato società satellite fittizie per gonfiare artificialmente i costi e dedurli fiscalmente. L’Agenzia delle Entrate aveva qualificato l’operazione come abuso del diritto, ma la Cassazione l’ha riqualificata come evasione fiscale. Questa distinzione è cruciale perché le garanzie procedurali, come il contraddittorio preventivo, variano a seconda della fattispecie. Essendo evasione e non abuso del diritto, la Corte ha ritenuto non applicabile la specifica procedura di contraddittorio per l’elusione, rigettando il ricorso del contribuente.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Abuso del diritto o Evasione Fiscale? La Cassazione traccia il confine

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla sottile ma fondamentale linea di demarcazione tra abuso del diritto ed evasione fiscale. La pronuncia chiarisce che la qualificazione giuridica di un’operazione non dipende dall’etichetta data dall’Amministrazione Finanziaria, ma dalla sostanza dei fatti. Questa distinzione è tutt’altro che teorica, poiché determina l’applicazione di diverse garanzie procedurali a tutela del contribuente. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha affrontato un caso di presunta elusione, riqualificandolo come vera e propria evasione.

I Fatti del Caso: Una Complessa Architettura Societaria

Al centro della vicenda vi è una società operante nel settore dell’information technology, alla quale l’Agenzia delle Entrate aveva contestato una maggiore imposta IRAP per l’anno 2008. Secondo l’accusa, la società aveva architettato un sofisticato schema fraudolento per abbattere la propria base imponibile.

In sintesi, l’azienda aveva costituito delle società satellite (definite newco o “cartiere”) alle quali venivano formalmente trasferite risorse umane, in parte provenienti dalla stessa società contribuente. In realtà, questi dipendenti continuavano a lavorare a tutti gli effetti per l’azienda madre. Le società satellite, prive di una reale struttura operativa, si limitavano a fatturare ingenti prestazioni di servizi alla società principale. Questo meccanismo permetteva un triplice vantaggio fiscale illecito:

1. Ai fini IRES: Rappresentazione di costi maggiori e fittizi.
2. Ai fini IRAP: Deduzione dell’intero costo del personale, mascherato da prestazione di servizi.
3. Ai fini IVA: Indebita detrazione dell’imposta sulle fatture ricevute.

Una volta esaurito il loro scopo, le società satellite venivano sistematicamente dismesse. L’Amministrazione Finanziaria aveva qualificato questa condotta come abuso del diritto o elusione.

Il Percorso Giudiziario e la questione del contraddittorio

Il contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento lamentando una violazione procedurale: la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo previsto dall’art. 37-bis del d.P.R. 600/1973, obbligatorio per le contestazioni di abuso del diritto. In primo grado, i giudici avevano dato ragione al contribuente, annullando l’atto.

La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia, aveva ribaltato la decisione, ritenendo che in quel caso specifico il contraddittorio non fosse necessario e accogliendo l’appello dell’Agenzia. La questione è quindi approdata in Cassazione.

La Riqualificazione della Cassazione: non si tratta di abuso del diritto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, ma con una motivazione che corregge l’impostazione dei giudici di merito e della stessa Agenzia delle Entrate. Il Collegio ha operato una riqualificazione giuridica della fattispecie, affermando che la condotta posta in essere non integrava un abuso del diritto, bensì una più diretta e fraudolenta evasione fiscale.

Le Motivazioni della Corte

Il ragionamento della Cassazione è lineare. L’abuso del diritto si verifica quando il contribuente utilizza in modo improprio e distorto uno strumento negoziale o una norma legittima per conseguire un vantaggio fiscale che la legge non intendeva concedere. Si tratta di un’operazione formalmente lecita, ma sostanzialmente volta ad aggirare un precetto fiscale.

Nel caso di specie, invece, non vi è stato alcun uso distorto di strumenti legittimi. La società ha creato un’architettura fittizia, basata su società “cartiere” e su una moltiplicazione artificiosa di costi. Le prestazioni fatturate non erano reali nei termini rappresentati, ma servivano solo a mascherare il costo del personale per dedurlo illecitamente. Questo schema, fondato sulla finzione e sulla frode, è la quintessenza dell’evasione fiscale.

Poiché si tratta di evasione e non di elusione, la specifica garanzia del contraddittorio preventivo prevista dall’art. 37-bis (applicabile solo ai casi di abuso del diritto) non era dovuta. La Corte ha poi verificato se fossero state violate altre garanzie, come il termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente, che deve intercorrere tra la conclusione di una verifica fiscale e l’emissione dell’avviso di accertamento. Avendo constatato che tale termine era stato rispettato, ha concluso per la piena legittimità dell’atto impositivo.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la sostanza prevale sulla forma. La qualificazione data dall’Agenzia delle Entrate a una determinata condotta non è vincolante per il giudice, che ha il potere e il dovere di riqualificare i fatti secondo la loro corretta natura giuridica.

La distinzione tra abuso del diritto ed evasione non è un mero esercizio accademico, ma ha conseguenze dirette sulle garanzie difensive del contribuente. Un’operazione basata su elementi fittizi, come società cartiere e fatturazioni simulate, non può essere considerata elusiva, ma va inquadrata direttamente nell’ambito dell’evasione fiscale, con tutto ciò che ne consegue sia in termini procedurali che sanzionatori.

Qual è la differenza tra abuso del diritto ed evasione fiscale secondo questa ordinanza?
L’abuso del diritto consiste nell’uso distorto di strumenti giuridici reali e legittimi per ottenere un vantaggio fiscale indebito. L’evasione fiscale, invece, si basa su comportamenti fraudolenti e fittizi, come la creazione di società cartiere e la fatturazione di costi inesistenti, per sottrarsi al pagamento delle imposte.

In caso di contestazione di abuso del diritto, il contraddittorio preventivo è sempre obbligatorio?
Sì, per le contestazioni qualificate come abuso del diritto (o elusione), la legge (l’allora vigente art. 37-bis, d.P.R. 600/1973) prevedeva una specifica procedura di contraddittorio rafforzato. Tuttavia, come chiarisce la Corte, se la condotta viene riqualificata come evasione, tale specifica procedura non è più applicabile.

Un giudice può cambiare la qualificazione di una condotta da abuso del diritto a evasione fiscale?
Sì, la Corte di Cassazione afferma chiaramente che il giudice ha il potere di riqualificare giuridicamente i fatti. La classificazione operata dall’Amministrazione Finanziaria nell’avviso di accertamento non è vincolante, e il giudice deve valutare la reale sostanza dell’operazione contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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