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Abuso del diritto: nullo l’avviso senza contraddittorio

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di un avviso di accertamento per Irpef fondato su un presunto abuso del diritto. La controversia riguardava la deduzione di costi derivanti da un contratto di associazione in partecipazione. La Corte ha stabilito che l’omessa attivazione del contraddittorio preventivo, obbligatorio per contestare l’abuso del diritto, rende nullo l’atto impositivo, a prescindere che si tratti di una fattispecie elusiva tipizzata o del principio generale di abuso.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Abuso del diritto: l’avviso di accertamento è nullo senza il preventivo dialogo con il contribuente

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale a tutela del contribuente: un accertamento fiscale basato sulla contestazione di un abuso del diritto è nullo se l’Agenzia delle Entrate non ha prima attivato il contraddittorio preventivo. Questa pronuncia chiarisce che il dialogo tra Fisco e cittadino non è una mera formalità, ma una garanzia procedurale la cui violazione ha conseguenze radicali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento per Irpef relativo al 2012. L’Agenzia delle Entrate contestava a una contribuente, titolare di una licenza per la rivendita di tabacchi, di aver indebitamente dedotto dei costi. Tali costi derivavano da un contratto di associazione in partecipazione, attraverso cui venivano corrisposti utili a un associato. Secondo l’Amministrazione finanziaria, questa operazione configurava un’ipotesi di abuso del diritto con finalità elusive, in quanto il contratto era stato stipulato per aggirare il divieto di trasferire la licenza personale e per ottenere un indebito vantaggio fiscale.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva annullato l’avviso di accertamento, non entrando nel merito della presunta elusione, ma rilevando un vizio procedurale: la mancata richiesta di chiarimenti alla contribuente prima dell’emissione dell’atto, in violazione dell’art. 37-bis del D.P.R. 600/73.

La Decisione della Corte e il principio dell’abuso del diritto

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’obbligo di contraddittorio preventivo si applicherebbe solo alle specifiche fattispecie elusive elencate dalla legge e non al principio generale di abuso del diritto. Inoltre, tentava di ricondurre la contestazione non a un’elusione, ma a una più semplice indeducibilità dei costi.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione di secondo grado. Gli Ermellini hanno chiarito che, una volta che l’atto impositivo fonda la pretesa sull’abuso del diritto, l’Amministrazione è tenuta a rispettare le garanzie procedurali previste, pena la nullità dell’accertamento stesso.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione estensiva delle garanzie procedurali. La Corte ha ribadito che l’obbligo di instaurare un contraddittorio preventivo e di fornire una “motivazione rafforzata” si applica a tutte le forme di abuso del diritto, sia quelle “tipizzate” (espressamente previste dalla legge) sia quelle “innominate” (basate sul principio generale anti-elusivo).

Questa interpretazione, definita “diritto vivente”, si fonda sulla necessità di tutelare il diritto di difesa del contribuente, il cui apporto è decisivo per consentire all’Amministrazione di valutare la sussistenza di valide ragioni economiche dietro le operazioni contestate. La Corte ha specificato che la richiesta di chiarimenti, con l’indicazione dei motivi della contestazione, è un passaggio ineludibile. La sua omissione vizia insanabilmente l’atto impositivo.

Infine, i Giudici hanno dichiarato inammissibile il tentativo dell’Agenzia delle Entrate di modificare in corso di causa la motivazione dell’accertamento, passando dalla contestazione di abuso del diritto a quella di semplice mancata documentazione dei costi. Tale cambiamento rappresenta un’illegittima mutazione della causa petendi, ovvero delle ragioni fondanti la pretesa fiscale.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante baluardo a difesa dei diritti del contribuente. Viene sancito in modo inequivocabile che, quando il Fisco contesta un’operazione come “abuso del diritto”, non può procedere unilateralmente. È obbligato ad aprire un canale di dialogo preventivo con il contribuente, chiedendo spiegazioni e valutandole adeguatamente. Se questo dialogo manca, l’intero accertamento è nullo, senza possibilità di sanatoria. Questa decisione rafforza la trasparenza e la correttezza dell’azione amministrativa, ponendo l’accento sul rispetto delle garanzie procedurali come elemento essenziale della legittimità dell’imposizione tributaria.

Quando un avviso di accertamento basato sull’abuso del diritto è nullo?
Secondo la Corte, l’avviso di accertamento è nullo quando l’Amministrazione Finanziaria omette di attivare il contraddittorio preventivo, cioè non richiede al contribuente di fornire chiarimenti prima di emettere l’atto impositivo.

L’obbligo del contraddittorio preventivo vale per tutti i casi di abuso del diritto?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che l’obbligo di contraddittorio e di motivazione rafforzata si estende sia alle fattispecie di elusione specificamente previste dalla legge (abuso tipizzato) sia al principio generale di abuso del diritto (abuso innominato).

Può l’Agenzia delle Entrate cambiare la motivazione di un accertamento durante il processo?
No. La Corte ha ritenuto inammissibile il tentativo dell’Agenzia di modificare la base giuridica della pretesa in corso di causa (passando dall’abuso del diritto alla mancata documentazione dei costi), poiché ciò costituisce una modifica non consentita della causa petendi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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