Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33481 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33481 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35149/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE-SOCIETÀ’ RAGIONE_SOCIALE BANCA RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dal predetto avvocato in unione all’avv. COGNOMECODICE_FISCALE -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. GENOVA n. 878/2018 depositata il 03/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si evince quanto segue:
La Banca opera nel settore della locazione finanziaria nell’ambito della nautica da diporto (cd. ”leasing nautico’).
L’Ufficio sulla base delle risultanze dei PVC redatti in data 19/12/2014 e 31/07/2015 on specifico riferimento a due rilievi (di cui uno contenuto nel PVC del 2014 ed un altro nel PVC del 2015) aveva ritenuto necessario notificare questionario ai sensi dell’art. 10 -bis L. 212/2000 ravvisando i contorni di fattispecie di tipo abusivo, ai fini di richiedere alla Parte “… di fornire ogni chiarimento idoneo a comprovare che due operazioni commerciali effettuate da RAGIONE_SOCIALE nel corso del 2009 fossero giustificate da valide ragioni economiche ‘ (cosi a pag. 4 dell’avviso di accertamento).
I controlli erano concentrati su due accordi contrattuali:
contratto di leasing n. 60729-00-0 stipulato in data 08/05/2008 fra la BPCA ed il Sig. NOME COGNOMEresidente in Germania);
contratto di leasing n. 60782-00-0 stipulato da RAGIONE_SOCIALE con la Sig.ra COGNOME NOME.
Con riferimento al i verificatori con il PVC del 19/l2/2014 avevano constatato la presenza di un mexicanone iniziale particolarmente elevato (pari al 58.78% del valore dell’imbarcazione), nonché di una modalità di pagamento (comprensiva anche della permuta di una imbarcazione di proprietà dell’utilizzatore finale) tale per cui il Sig. NOME COGNOME risultava aver anticipato in acconto un ammontare pari al 76,88% del valore dell’imbarcazione.
In una tale situazione, nella quale sarebbe stato assai più coerente prevedere un mero finanziamento della differenza ancora dovuta (pari al 23,12% ), anziché il ricorso ad un contratto di leasing, l’Ufficio riteneva che la scelta di percorrere quest’ultima strada fosse stata dettata in modo determinante da mere ragioni di vantaggio fiscale .
Pertanto, a seguito della riqualificazione del contratto come cessione di beni, veniva recuperata maggiore IVA .
1.1. Sul punto, il ricorso specifica che,
nel primo rilievo, ha riqualificato l’operazione di leasing intercorsa con il sig. COGNOME in cessione di beni, così ritenendo che nel 2009 BPMED avrebbe dovuto applicare in rivalsa – e versare all’erario l’IVA relativa all’intero valore dell’imbarcazione, e non solo quella relativa al maxicanone iniziale. Ha quindi accertato l’omessa applicazione di un’IVA attiva pari ad € 694.779,11.
1.2. Tornando alla sentenza in epigrafe:
Per quanto riguarda il secondo rilievo , a parere dell’Ufficio veniva a configurarsi un utilizzo abusivo della fattispecie giuridica della locazione finanziaria .
ulla base di una capillare ricostruzione di eventi e di rapporti fra i vari soggetti coinvolti si era giunti ad appurare una sostanziale identità fra il soggetto costruttore – RAGIONE_SOCIALE – e l’ipotetico utilizzatore finale – Sig.ra COGNOME COGNOME Elena- visto lo stretto legame parentale fra i soci della società (COGNOME e COGNOME Giovanni ‘figli’) e la Sig.ra COGNOME nonché il suo coniuge e garante nel contratto di leasing. Sig. COGNOME (“genitori”).
Conseguentemente l’Ufficio contestava l’abusività dell’operazione di leasing, rilevando la sostanziale coincidenza fra costruttore e presunto utilizzatore, individuando lo scopo effettivo del rapporto con RAGIONE_SOCIALE nella realizzazione di un mero finanziamento chiesto dalla famiglia COGNOME/COGNOME per rientrare delle spese di costruzione dello yacht e rilevando, per l’effetto, l’inesistenza oggettiva della fattura di vendita da RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE.
In ragione di quanto sopra, in questo secondo caso veniva recuperata a tassazione l’Iva portata in detrazione , ‘in quanto afferente ad operazione abusiva e comunque esente (mero finanziamento)” come chiarito nella parte conclusiva di pag. 17 dell’atto impositivo.
1.3. Sul punto, il ricorso specifica che,
nel secondo rilievo, ha contestato l’inesistenza oggettiva o comunque la natura abusiva dell’operazione rappresentata nella fattura n. 1/2009 emessa dalla società fornitrice RAGIONE_SOCIALE e ricevuta da RAGIONE_SOCIALE, relativa all’acquisto dell’imbarcazione da diporto RAGIONE_SOCIALE poi concessa in leasing alla sig.ra COGNOME. Ha
quindi contestato l’indebita detrazione, da parte della Banca, dell’IVA passiva esposta in detta fattura, pari ad € 660.000.
La CTP di Genova, con la sentenza n. 807/3/17 emessa 1’11 maggio 2017 e depositata il 18 maggio 2017, accoglieva parzialmente il ricorso, annullando il primo rilievo, relativo al primo contratto, e confermando il secondo rilievo, relativo al secondo contratto.
Proposto appello da entrambe le parti per i capi di rispettiva soccombenza, la CTR della Liguria, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello dell’Ufficio, rigettando quello della società.
3.1. Essa, in motivazione, osservava,
– quanto al primo rilievo:
La direzione centrale accertamento dell’Agenzia nel febbraio 2009 ha elencato nella sua nota una griglia di indicatori di anomalia che presupporrebbero l’esistenza del cosiddetto abuso del diritto, tale da portare alla riqualificazione del leasing in una classica vendita. In particolare, sono state indicate alcune soglie con riferimento sia al cosiddetto maxicanone sia alla durata del contratto: per quanto attiene al primo parametro, la direzione centrale Accertamento individua negli anticipi superiori al 40% il limite oltre il quale individuare anomalie o, comunque, operazioni volte principalmente a un risparmio fiscale; parimenti rientrano in questa situazione i contratti inferiori a 48 mesi.
Ebbene, nella fattispecie del contratto di leasing n. 60729-00-0 di cui al PVC del 19.12.2014, stipulato in data 08/05/2008 fra la BPCA ed il Sig. NOME COGNOME è pacifico e non contestato che il maxicanone iniziale sia pari al 76,88% del valore dell’imbarcazione, in quanto comprensivo anche della permuta di una imbarcazione di proprietà dell’utilizzatore finale.
A giudizio del Collegio tale maxicanone risulta particolarmente elevato ed anomalo in quanto di entità notevolmente superiore alla soglia di “allarme” individuata dall’A.d.E.
Tale circostanza, unita alla non comprensibile rinuncia alla possibilità più logica di far ricorso al mero finanziamento della differenza pari al 23,12% del corrispettivo dovuto, inducono la Commissione a ritenere che il contratto di leasing sia stato simulato al solo fine di conseguire indebiti vantaggi fiscali ;
quanto al secondo rilievo:
l Collegio condivide e fa proprie le considerazioni svolte dai giudici di prime cure.
Infatti:
lo stretto rapporto di parentela fra utilizzatori finali e costruttori del natante (genitori e figli);
la rettifica a distanza di due giorni della valutazione di stima da parte dell’intermediario del valore del natante da una valorizzazione iniziale di € 4.700.000,00 ad una successiva di € 3.300.000,00;
la società costituita dai fratelli COGNOME sia stata fatta solo per la costruzione del natante utilizzato dai propri genitori, come dichiarato dal commercialista presso il cui studio era stata fissata la sede legale della società
evidenziano una volontà elusiva esclusivamente rivolta a non versare l’IVA a debito di un vero e proprio contratto di compravendita.
Propone ricorso per cassazione la banca contribuente con nove motivi; l’Agenzia delle entrate resta intimata. La contribuente deposita ampia memoria telematica addì 11 ottobre 2024, mediante la quale illustra ulteriormente le sue ragioni, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Considerato che:
La motivazione in diritto del ricorso si divide in tre parti , dedicate rispettivamente all’enunciazione ed allo sviluppo dei motivi afferenti al primo rilievo, al secondo rilievo ed alle sanzioni.
PARTE A) -‘Sul capo della sentenza relativo al primo rilievo dell’avviso di accertamento, avente ad oggetto il contratto di leasing n. 60729 stipulato da BPMED con il Sig. COGNOME
2.1. Primo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10-bis, comma 9 della l. n. 212/2000, 42 del d.p.r. n. 600/1973, 3 della l. n. 241/1990 e 56 del d.p.r. n. 600/1973 nonché dell’art. 2697 c.c. La sentenza della CTR della Liguria non ha rilevato l’assenza di prova circa la natura abusiva del contratto di leasing stipulato da BPMED (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c.)’.
2.1.2. La CTR ha ritenuto ”anomalo’ il maxicanone pattuito tra BPMED e il sig. COGNOME in misura superiore al 40%. Secondo la CTR, in particolare, tale anomalia deriverebbe dal discostamento del canone iniziale rispetto alle soglie individuate dall’Amministrazione Finanziaria mancando di rilevare la totale assenza di prova da parte dell’Amministrazione Finanziaria della ragionevolezza di tale soglia . Non trattandosi di un limite stabilito dalla legge, ai sensi delle disposizioni richiamate in rubrica, l’Agenzia avrebbe dovuto motivare e provare le ragioni di tale scelta. Invece di rilevare tale palese lacuna probatoria dell’avviso di accertamento, la CTR ha ritenuto che, nel caso di specie, sarebbe: ‘pacifico e non contestato che il maxicanone iniziale sia pari al 76,88% del valore dell’imbarcazione, in quanto comprensivo anche della permuta di una imbarcazione di proprietà dell’utilizzatore finale’. Le riportate statuizioni sono del tutto erronee in punto di fatto e dai travisamenti in cui è incorsa la CTR, ne è scaturita la violazione che qui si eccepisce. Ed, infatti, l’ammontare del maxicanone versato dal sig. COGNOME nei confronti della Banca oggetto di contestazione non è certo pari al 76,88% come afferma la CTR, bensì pari al 58,7% del valore dell’imbarcazione, come emerge dall’avviso di accertamento, dove si legge . Inoltre, nessun rilievo assume la permuta nella valutazione della congruità del maxicanone, dal momento che essa si è perfezionata tra il sig. COGNOME e il fornitore; il valore cui fa riferimento la CTR – 76,88% non è quindi l’ammontare del maxicanone, bensì il supposto valore complessivo dell’imbarcazione versato dall’utilizzatore al fornitore prima della stipulazione del contratto di leasing, come rilevato dallo stesso Ufficio a pag. 6 dell’atto impositivo . E ancora. Del tutto erronea è altresì la considerazione dei Giudici di seconde cure, secondo cui il predetto valore del maxicanone sarebbe ‘pacifico e incontestato’. Nei gradi di merito (cfr. pagg. 19 –
21 del ricorso in CTP e pag. 21 delle controdeduzioni di BPMED in CTR), infatti, la Banca aveva confutato anche i criteri di determinazione del maxicanone utilizzati dall’Ufficio, avendo quest’ultimo calcolato l’entità dello stesso in base al prezzo ‘tasse escluse’ dell’imbarcazione. Considerando i valori ‘tasse comprese’, invece, la percentuale del maxicanone pattuita nel contratto contestato è pari al 52,9% del valore del natante’. ‘ffinché una fattispecie sia ricondotta alla materia dell’abuso del diritto, non basta che essa sia meramente caratterizzata da ‘anomalie’, ma occorre che tali ‘anomalie’ comprovino che quell’operazione sia (i) priva di valide ragioni economiche e (ii) volta all’ottenimento di un vantaggio fiscale. Se ne trae definitiva conferma circa la necessità di riformare la sentenza impugnata, per non aver la CTR rilevato la totale mancanza di supporto probatorio a sostegno della contestazione dell’Ufficio, il quale: i) non ha fornito alcuna prova della ragionevolezza della soglia del 40% per ritenere congruo l’importo del maxicanone; ii) non ha dimostrato perché uno scostamento di appena il 12% da tale soglia consentirebbe di ritenere il contratto di leasing abusivo e riqualificabile in compravendita’.
2.1.2. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
È inammissibile nella parte in cui afferma che ‘ la Banca aveva confutato anche i criteri di determinazione del maxicanone utilizzati dall’Ufficio’, pervenendo ad una più corretta rideterminazione del medesimo nella misura del 52,9%: infatti, in violazione dei principi di precisione ed autosufficienza, non riproduce testualmente tali contestazioni; per vero, a monte, non riproduce, se non per due brevissimi stralci, altresì la motivazione dell’avviso di accertamento, precludendo per l’effetto la possibilità stessa di aver contezza di portata e ragioni della contestazione.
È infondato nella parte in cui imputa alla CTR di non aver rilevato l’assenza di prova, da parte dell’A.F., della ragionevolezza della soglia del 40% del cd. maxicanone iniziale.
La decisione della CTR, infatti, non riposa sul mero superamento numerico della soglia di allarme, che la CTR, peraltro, non ha determinato casualmente, ma ha rilevato da una ‘nota’ di ‘febbraio 2009’ della Direzione centrale ‘Accertamento’ dell’Agenzia delle entrate quale uno degli ‘indicatori di anomalia’ previsto da un’apposita griglia. Tale nota, citata in alcuni articoli di dottrina, è riassunta nel ‘Vademecum del leasing nautico’ edito da un’associazione di categoria delle società di leasing nautico.
La decisione della CTR si fonda, a prescindere dal superamento numerico della soglia di allarme, sull’intrinseca spiccata sproporzione (‘ risulta particolarmente elevato ed anomalo ‘), di per se stessa, di un maxicanone (in realtà solo per imprecisa brevità chiamato tale) pari al 76,88% del valore del bene: sproporzione che, nel ragionamento della CTR, si completa, sul rimanente versante ‘ della differenza pari al 23,12% del corrispettivo dovuto’, con la ‘ non comprensibile rinuncia alla possibilità più logica di far ricorso al mero finanziamento’.
Dicevasi che il maxicanone del 76,88% è dalla CTR brevemente, ma imprecisamente, chiamato tale. Lo si comprende con chiarezza laddove la CTR individua siffatto maxicanone ‘in quanto comprensivo anche della permuta di una imbarcazione di proprietà dell’utilizzatore finale’ ed a tale grandezza che ‘lato sensu’ attiene alla categoria degli ‘anticipi’, ben presente alla CTR (avendo scritto qualche riga prima che ‘la direzione centrale Accertamento individua negli anticipi superiori al 40% il limite oltre il quale individuare anomalie’) che riferisce l’affermazione dell’essere ‘pacifica e non contestata’. Ora, al di là della scomposizione della grandezza in parola su cui si sofferma il motivo, con separata evidenza dell’effettivo maxicanone rilevato in
avviso, pari al 58,78%, rispetto al valore di permuta di una precedente imbarcazione, l’entità in sé di anticipi per il 76,88% (testualmente evincibile dallo stralcio dell’avviso riportato a p. 11 ric.: ‘Analizzando la ripartizione degli acconti l’ammontare dell’anticipo fornito dal cliente è pari al 76,88%’), in effetti, non è contestata neppure dinanzi a questa RAGIONE_SOCIALE
In definitiva, avendo la CTR valorizzato il dato, a tutt’oggi incontestato, di anticipi per il 76,88% quale indice di intrinseca sproporzione, la censura secondo cui la CTR, recependo l’impostazione agenziale, non avrebbe fornito giustificazione dell’adeguatezza della soglia massima del 40% è fuori contesto, non cogliendo l’effettiva ‘rato decidendi’ della sentenza impugnata.
2.2. Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis della l. n. 212/2000, in quanto non sussistono nel caso di specie i presupposti per configurare abuso del diritto (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c.)’.
2.2.1. Nella prima parte il motivo è volto a sostenere che ‘l’Amministrazione Finanziaria non può sindacare la scelta del contribuente tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale’.
2.2.1.1. L’art. 10 -bis, comma 4, St. contr., nello stabilire che ‘resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale’, ‘tutela la fondamentale ed imprescindibile libertà dell’autonomia negoziale delle parti’. ‘Ai sensi di tale norma è, quindi, consentito all’Amministrazione Finanziaria ‘qualificare’ la fattispecie concreta, ossia verificarne la rispondenza della forma negoziale adottata dalle parti allo schema causale astratto. Di contro, la forma legale attribuita dalle parti ad un determinato negozio non è ex lege suscettibile di abuso, costituendo essa uno schema astratto prefissato dalla prassi e dal legislatore per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela’. ‘Il leasing si è sviluppato nel corso degli anni grazie alla sua progressiva
tipizzazione sociale da cui è stato possibile desumerne i suoi elementi essenziali, rappresentati da: a) la cessione in godimento di un bene (strumentale o di consumo) acquistato dal concedente allo scopo precipuo di concederlo in leasing; b) la pattuizione di canoni di leasing periodici destinati ad inglobare parte preponderante del valore economico del bene; c) la previsione di un’opzione d’acquisto il cui prezzo è tendenzialmente modesto rispetto al valore iniziale del bene; d) la commisurazione del corrispettivo globale (comprensivo di canone prezzo di opzione) al costo sopportato dal concedente inteso non solo stricto sensu come costo per procurarsi il bene, bensì come onere complessivo sopportato ‘. Solo l’assenza di uno di tali elementi ‘potrebbe comportare la non rispondenza al tipo contrattuale ed indurre, quindi, l’interprete ad optare per una qualificazione del rapporto giuridico sottostante diversa da quella scelta dalle parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale. Laddove, invece, tutti gli elementi su elencati fossero presenti -come nel caso dell’operazione contestata – non si vede come l’Agenzia possa ricondurre le operazioni in questione ad altri tipi negoziali’. ‘iò che osta alla possibilità di ricondurre un’operazione di leasing ad un tipo contrattuale diverso- nel nostro caso, ad una vendita- è l’impossibilità di superare la volontà negoziate delle parti’.
2.2.2. Nella seconda parte il motivo è volto a sostenere che ‘l’operazione non è priva di sostanza economica, in quanto idonea a produrre effetti significativi diversi dal vantaggio fiscale’.
2.2.2.1. ‘Come ampiamente rilevato nel corso del secondo grado di giudizio dalla Banca (cfr. pagg. 17-23 e 28-31 delle controdeduzioni di BPMED), il contratto di leasing stipulato dall’odierna ricorrente con il sig. COGNOME così come strutturato in tutte le sue determinazioni – ivi compresa, quindi, la previsione di un maxicanone di importo maggiore rispetto agli altri canoni contrattuali – ha infatti prodotto in capo alle parti i seguenti effetti
giuridici: finanziare il sig. COGNOME; consentire al sig. COGNOME di sfruttare un bene senza acquistarne la proprietà; far acquisire al sig. COGNOME il diritto di opzione d’acquisto del bene; assicurare alla Banca la proprietà del bene a titolo di garanzia del rischio di inadempimento dell’utilizzatore; tutelare la Banca, proprio mediante la previsione del maxicanone, dalla perdita accidentale e dalla prima obsolescenza del bene; far acquisire alla Banca il diritto alla percezione degli interessi, quali remunerazione per il finanziamento concesso’.
2.2.3. Nella terza parte il motivo è volto a sostenere che ‘sussistono valide ragioni extrafiscali non marginali sottese all’operazione di leasing contestata’.
2.2.3.1. ‘Anzitutto, l’importo del maxicanone risponde ad una ragione strettamente economica e finanziaria, avendo lo scopo di definire un profilo finanziario adeguato all’operazione e, in particolare, di coprire il rischio di inadempimento dell’utilizzatore del bene’. ‘el settore nautico lo schema contrattuale del leasing si presenta come la migliore forma negoziale per rispondere alle esigenze economiche e finanziarie della Banca e degli utilizzatori’. ‘Più in dettaglio, la stipulazione dei contratti di leasing avviene secondo un particolare schema operativo, quale conseguenza economico-giuridica della peculiarità del bene oggetto di locazione (il natante), caratterizzato da un elevato grado di svalutazione e di deterioramento e dal livello di personalizzazione, secondo le specifiche esigenze del cliente. In considerazione di ciò, nei contratti di leasing nautico stipulati da RAGIONE_SOCIALE viene pattuita – sul modello dell’identica attività svolta in Francia dalla casa madre – la corresponsione da parte dell’utilizzatore di un canone iniziale, a titolo di garanzia, di importo più o meno elevato a seconda del rischio che le singole transazioni manifestano. Ad ogni modo, a fronte delle circostanziate richieste del committente lo stesso cantiere, prima dell’accettazione dell’ordine, richiede generalmente
un cospicuo anticipo al cliente (maxicanone), quale garanzia dell’effettiva volontà di acquisto e degli impegni assunti’. ‘Quale ulteriore (ed assorbente) ragione di carattere extrafiscale idonea a giustificare l’operazione contestata, deve rilevarsi la circostanza debitamente allegata in sede di giudizio (cfr. pag. 31 delle controdeduzioni di BPMED) – secondo cui la Banca è abilitata unicamente all’esercizio di attività di leasing, come emerge dal provvedimento di avvenuta iscrizione della Banca nell’Albo delle banche di cui all’art. 13 del D.lgs. 385/1993, rilasciato dalla Banca d’Italia in data 11 luglio 2003 prodotto sub all. 21 al ricorso introduttivo, qui di seguito trascritto: ‘. ‘Nel concludere l’operazione in contestazione, dunque, BPMED ha realizzato l’unica attività al cui esercizio è autorizzata’.
2.2.4. Nella quarta parte il motivo è volto a sostenere che ‘è assente un qualsivoglia vantaggio fiscale, tantomeno, indebito, in capo a RAGIONE_SOCIALE.
2.2.4.1. ‘ome evidenziato nel giudizio di gravame (cfr. pagg. 31-32 delle controdeduzioni della Banca) nel caso di specie non è configurabile alcun vantaggio tributario in capo a BPMED connesso alla stipulazione del contratto di leasing con il sig. COGNOME. L’IVA addebitata da BPMED mediante fatturazione dei canoni di leasing è, infatti, di ammontare inferiore rispetto all’IVA assolta dalla stessa sull’acquisto dell’imbarcazione; in relazione a tale circostanza, si genera per la Banca un credito verso l’Erario, che rappresenta tutt’altro che un vantaggio per BPMED, dal momento che i tempi di rimborso non fanno che allungarsi progressivamente ‘.
2.2.5. Il motivo, pur assai pregevolmente articolato ed argomentato, è, nel complesso, infondato.
Non viene qui in discussione la libertà delle parti di scegliere lo schema contrattuale -e, oltre, in seno ad esso, di imprimere uno specifico ordine al programma negoziale -nel modo più confacente
alle loro esigenze, in modo tale, cioè, da tenere conto anche dei carichi fiscali e quindi da perseguire risparmi d’imposta. Invero, nell’alternativa tra uno schema contrattuale ed un altro, ben possono le parti prediligere quello che, meglio soddisfacendo le loro esigenze, realizzi al contempo un maggior risparmio d’imposta .
Siffatta libertà (di scelta) delle forme negoziali è riconosciuta e protetta dall’ordinamento italiano ben prima delle elaborazioni rivenienti dal formante giurisprudenziale dell’ordinamento unionale, cui allude il motivo. È ben vero che la Corte di giustizia dell’Unione europea, nell’affrontare il ‘thema’ dell’abuso del diritto in rapporto all’alternativa tra la stipula di un contratto di leasing e la stipula di un contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto, ha avuto il merito di chiarire che il vantaggio fiscale non rappresenta di per sé un ‘discrimen’ tra abuso e non abuso, con la conseguenza che non può contestarsi ‘ad un soggetto passivo di aver scelto un’operazione di leasing che gli procura un vantaggio consistente nella ripartizione del pagamento del suo onere fiscale, invece di un’operazione di acquisto, che non gli procura un siffatto vantaggio, nei limiti in cui l’IVA relativa a tale operazione di leasing viene debitamente e integralmente corrisposta’ ( CGUE, 22 dicembre 2010, C-103/09, RAGIONE_SOCIALE, punti 33 e 34). Ma, nel diritto italiano, al medesimo risultato interpretativo può giungersi già attraverso il richiamo dell’art. 41 Cost., che proclama la libertà dell’iniziativa economica privata (‘L’iniziativa economica privata è libera’), da riferire, non soltanto all’iniziativa economica dell’imprenditore, secondo la lezione più comune, ma, in assenza di specificazioni letterali, all’iniziativa economica di chiunque, non imprenditore, dunque, compreso.
Ragion per cui, ed in ciò il motivo è condivisibile, non può l’Amministrazione Finanziaria sindacare la scelta in sé dello schema contrattuale eletto dalle parti, disconoscendola agli
effetti fiscali sotto la lente dell’abuso del diritto, sol perché fiscalmente più conveniente di altra in grado di assicurare comunque alle parti il medesimo assetto negoziale (invero come osservato da Sez. 5, n. 405 del 14/01/2015, Rv. 634069-01 -‘in materia tributaria, l’opzione del soggetto passivo per l’operazione negoziale fiscalmente meno gravosa non è sufficiente ad integrare una condotta elusiva, essendo necessario che il conseguimento di un ‘indebito’ vantaggio fiscale, contrario allo scopo delle norme tributarie, costituisca la causa concreta della fattispecie negoziale’).
Ma, come anticipavasi, non si verte qui di alcun sindacato sulla scelta dello schema contrattuale.
Quel che invece viene in conto è la doverosa verifica di rispondenza, beninteso: agli effetti fiscali, tra il concreto assetto di interessi perseguito dalle parti , siccome emergente necessariamente ‘ex post’, alla luce di una disanima obiettiva della realtà, e l’effetto caratteristico – che suole definire tipico dello schema contrattuale prescelto, onde appurare se, al di sotto della forma di questo, comportante una certa disciplina fiscale, l’ effettiva regolamentazione di interessi avuta di mira, ed attuata, dalle parti, non si discosti in realtà dal tipo, così da doversi applicare una diversa e più onerosa disciplina fiscale .
Siffatta verifica non è affatto vulnerativa del principio della libertà (di scelta) delle forme negoziali, ma costituisce anzi doveroso svolgimento del portato dell’art. 10 -bis, comma 2, st. contr., laddove definisce le ‘ operazioni prive di sostanza economica’ come ‘i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali’, specificando che ‘sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la
non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato’.
Per il comma 2 in analisi, anche i singoli contratti , di per sé stessi considerati, possono costituire ‘operazioni prive di sostanza economica’, non già, tuttavia, nel senso, oltrepassante il segno della ‘littera legis’, che non devono possedere alcuna ‘sostanza economica’ (che devono cioè, in positivo, essere necessariamente scatole vuote, sostanzialmente simulate), ma nel senso, assai meno assorbente, che possono esibire una semplice ‘non coerenza’ della ‘qualificazione’ ‘con il fondamento giuridico’ dell’operazione nel suo ‘complesso’ (ossia nel suo insieme).
Ora, la ‘non coerenza’ della ‘qualificazione’ è pacificamente un’ incoerenza qualificatoria logico-giuridica , indice, in conformità a quanto anticipavasi, di una deviazione della regola concreta degli interessi , perseguita e realizzata in fatto dalle parti, rispetto all’effetto tipico e perciò al tipo in sé o fattispecie astratta. Deviazione che è distorcimento , perché, sia consentito di così dire, ‘tradisce la ‘sostanza’ propria delle ‘forme’ tipiche’, allo scopo (comma 1 dell’art. 10 -bis cit.) di ‘realizza essenzialmente vantaggi fiscali indebiti’; né è necessario che il distorcimento sia totale e radicale, bastando che lo sia per quel tanto da far emergere il corrompimento del tipo .
In tale assetto ermeneutico, sia consentito di far notare che il tipo, da far assurgere a parametro, può derivare da una conformazione economico -sociale, ossia, in definitiva, prasseologica, oltreché autenticamente normativa. Esemplare, al riguardo, è la vicenda del leasing, che, amplissimamente diffuso nella prassi e senza incertezze riconosciuto dalla giurisprudenza come meritevole di tutela (art. 1322 cod. civ.), ha infine trovato uno sbocco normativo definitorio e parzialmente disciplinare nella codificazione di cui all’art. 1, commi da 136 a 140, della legge n.
124 del 2017 .
Peraltro, in specifico riferimento al leasing nautico, frammenti di disciplina di per se stessi direzionalmente coerenti con il tipo economico-sociale del leasing erano finanche anticipati nel cd. Nuovo Codice della Nautica da Diporto di cui al decreto legislativo n. 171 del 2005 .
Ora, sia prima che dopo la codificazione ad opera della l. n. 124 del 2017, la causa del leasing può definirsi mista. Nel concetto di causa mista, infatti, confluisce un’essenziale funzione di finanziamento indiretto del ‘lessee’ per lo scopo pratico da questi perseguito, con il conseguente intrecciarsi di due direttrici causali: il ‘lessee’ anela all’immediata disponibilità del bene, ed eventualmente a garantirsi l’opzione per acquistarlo, in un secondo momento, ad un prezzo conveniente, senza ricorrere all’indebitamento; il ‘lessor’, di contro, lucra sull’anticipazione del capitale, il cui rientro, maggiorato degli interessi e del suo compenso, si garantisce conservando la proprietà del bene che si accinge a finanziare.
Su questa linea, in giurisprudenza, prima della l. n. 124 del 2017, significativamente trovasi ripetuta l’affermazione secondo cui ‘ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi; è invece configurabile il leasing traslativo allorché,
la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto’ (così, ad es., ‘ex multis’, Sez. 3, n. 18195 del 28/08/2007, Rv. 599608 -01). ‘Postea’, nell’art. 1, comma 136, l. n. 124 del 2017, la combinazione, nella struttura causale del contratto, della caratterizzazione in termini di finanziamento da parte del ‘lessor’ con la prospettiva di godimento ed eventualmente di acquisto del ‘lessee’ è resa terminologicamente evidente dalla necessaria qualifica di ‘banca’ od ‘intermediario finanziario iscritto all’albo’ del soggetto, che ‘si obbliga’ in prima persona’ ad acquistare o a far costruire bene ‘ onde offrirlo alla disponibilità ‘dell’utilizzatore’ (trasferendogli pertanto la sola detenzione qualificata), il quale, ‘alla scadenza’, ‘ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero l’obbligo di restituirlo’.
Alla luce di ciò, allargando l’orizzonte, chi ricorre al leasing per procurarsi la disponibilità di un bene (‘lessor’) è disposto, finanche nel caso di leasing cd. traslativo, a farsi carico degli oneri del contratto, con eventuale rischio di insolvenza comportante la perdita del bene, accettando ‘a priori’ di non acquisirne subito anche la proprietà; mentre, simmetricamente, la riserva del diritto di proprietà in capo al ‘lessor’ trova ragion d’essere nell’anticipazione, da parte sua, del capitale, con conseguente maturazione di interessi e compenso, a titolo di finanziamento.
È su questo profilo che impinge la questione dell’entità, più che (solo) del maxicanone iniziale, degli anticipi complessivamente intesi corrisposti dal ‘lessee’.
Al riguardo, può convenirsi, con il motivo, che la funzione del (solo) maxicanone, in specie nel leasing nautico, dove le imbarcazioni soddisfano le peculiari esigenze del ‘lessee’, funga da
‘manifestazione di serietà’ di un impegno finanziario generalmente assai ingente, provvedendo il ‘lessor’ di un congruo anticipo , che tra l’altro agevola il ‘lessor’ procurarsi il bene o quanto necessario a farlo costruire.
Ma – ed è qui che entra in gioco, oltreché il maxicanone di per se stesso considerato, l’insieme degli anticipi , i quali, infatti, con il maxicanone, concorrono a ridurre l’ammontare del finanziamento – siffatta funzione trova una conformazione in negativo, e dunque sostanzialmente un limite, nella (frazione della) causa di finanziamento del contratto: invero, l’entità della garanzia dal ‘lessee’ concessa al ‘lessor’, mediante riconoscimento della riserva di proprietà su tutto il bene, non può soverchiamente eccedere l’entità dell’effettivo finanziamento (salva specifica deduzione e documentazione di un rischio finanziario estremamente elevato per il ‘lessor’), perdendo altrimenti di giustificazione e quindi in definitiva di causa .
2.2.5.1. Par d’uopo sintetizzare le superiori considerazioni come segue:
In tema di cd. leasing nautico, qualora l’ammontare degli anticipi -comprensivi del, ma non esaurentisi nel, maxicanone iniziale -complessivamente sostenuti dall’utilizzatore (‘lessee’) appaia, in relazione alle circostanze del caso, sproporzionato rispetto al valore del bene oggetto del contratto, deve ritenersi, agli effetti fiscali, che il concreto assetto di interessi perseguito dalle parti non corrisponda alla causa tipica del contratto, con conseguente possibile rilevanza (ricorrendo gli ulteriori presupposti) ai sensi dell’art. 10-bis, comma 2, st. contr.
2.2.5.2. Le conclusioni del superiore ragionamento sono plasticamente esemplificate nel caso di specie.
Il Sig. COGNOME -come correttamente evidenziato dalla CTR -ha ‘d’emblée’ sborsato una somma complessivamente superiore ai tre quarti del valore dell’imbarcazione (dovendosi tener conto sia del maxicanone sia della permuta sotto la voce unitaria degli anticipi). Sostiene il motivo che ciò, tuttavia, non toglie consistenza all’aver egli effettivamente stipulato il leasing per cui è giudizio al fine di finanziarsi, tanto che il contratto ha del pari effettivamente prodotto i suoi effetti: ‘finanziare il sig. COGNOME consentire al sig. COGNOME di sfruttare un bene senza acquistarne la proprietà ; assicurare alla Banca la proprietà del bene a titolo di garanzia del rischio di inadempimento ‘.
E tuttavia, tra gli effetti giuridici prodotti dal contratto, v’è anche quello di aver procurato alla banca contribuente la proprietà dell’intera imbarcazione, a garanzia, nondimeno, di una somma corrispondente, fatti i conti, solo ad un quarto del suo valore, senza che in alcun modo la medesima deduca e documenti, com’era suo onere, particolari circostanze atte a far emergere uno spiccato rischio finanziario dell’operazione.
Un tanto, ‘rebus sic stantibus’, equivale a dire che il Sig. COGNOME per finanziarsi di meno di un quarto, ha ‘a priori’, scegliendo il ‘leasing’ quale modalità di approvvigionamento delle risorse, rinunciato al diritto di proprietà sul bene per l’intero, compresa cioè la quota di più dei tre quarti, corrispondente ad anticipi già in sua titolarità ed investiti nell’operazione; sicché, in buona sostanza, ha posto in essere un’operazione assai più gravosa di un puro e semplice finanziamento: ciò che ha ben colto la CTR allorquando, sinteticamente ma efficacemente, ha sottolineato, a fronte dell’evidente sproporzione degli anticipi in termini assoluti, la ‘non comprensibile rinuncia alla possibilità più logica di far ricorso al mero finanziamento della differenza pari al 23,12% del corrispettivo dovuto’.
È a questo punto che emerge la – dal motivo non affatto dipanata – distorsione in concreto della causa del leasing: la concessione di garanzie amplissimamente eccedenti l’effettivo (siccome assai più contenuto) ammontare del finanziamento al netto degli anticipi è circostanza rimasta -in mancanza di emergenze che né nei gradi di merito né nel presente grado di giudizio sono state fornite -priva di valida giustificazione (economica, prima ancora che giuridica), travolgendo la veste di tipicità formalmente dalle parti conferita al contratto e disvelando la vera consistenza dell’operazione: quella di una pura e semplice ‘cessione ‘finanziata’ del bene’.
2.2.5.3. Sia consentito di far rilevare -per ragioni di completezza espositiva -che il punto di approdo del superiore ragionamento non si pone in contrasto con Sez. 5, n. 9591 del 05/04/2019.
Questo precedente, infatti, in tema di leasing nautico caratterizzato da un ‘maxicanone iniziale pari al 50% del valore dell’imbarcazione’ (senza considerazione, pertanto, di altri anticipi; nella gemella Sez. 5, n. 9591 del 05/04/2019 si ragionava di ‘importi variabili dal 30% al 40% del valore dell’imbarcazione’) , si è limitato ad affermare, su un piano necessariamente processuale, che non ricorre un’ipotesi di omessa motivazione, anche solo in termini di mera apparenza, nel caso di una sentenza di merito che aveva ‘ritenuto correttamente applicata la disciplina in materia d’IVA di cui al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4 lett. f) (ratione temporis applicabile) e non conferenti le prospettazioni dell’A.E. circa gli asseriti elementi di anomalia del contratto di leasing finanziario . Per la Commissione regionale, più nel dettaglio, il versamento del c.d. maxicanone iniziale, nella specie corrispondente al 50% del prezzo dell’imbarcazione, è stato ‘funzionale all’opportunità di limitare il rischio finanziario in capo alla società di leasing’ derivante dalla stipulazione del contratto di
leasing finanziario nautico . La Commissione ha ritenuto che ‘un basso prezzo del riscatto non fosse nella specie interpretabile quale indizio di una carenza della funzione finanziaria del contratto, né come indizio di una anomalia dell’intera pattuizione contrattuale’ , infine, dopo aver qualificato il contratto quale leasing finanziario e, quindi, non alla stregua di compravendita (ancorché in forza di negozio simulato), anche in ragione della normativa eurounitaria , ha escluso una condotta di ‘abuso del diritto’ in capo al contribuente l’interesse economico proprio del concedente leasing finanziari, quale effettivamente era la società contribuente, e quindi l’assenza del mero scopo di ottenere un risparmio fiscale’.
Nel caso di Sez. 5, n. 9591 del 2019, pertanto, al di là della dimensione (ripetesi) solo processuale delle affermazioni testé riportate, alla luce dei ristretti ambiti di censurabilità in cassazione di vizi motivazionali nella vigenza dell’attuale formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la S.C. ha inteso sottolineare un’effettiva consistenza della motivazione della sentenza ricorsa per avere la CTR accertato che il maxicanone del 50% -il solo maxicanone, di per sé contenuto nel limite della metà del valore del bene -era ‘funzionale all’opportunità di limitare il rischio finanziario in capo alla società di leasing’.
Nel caso di specie, invece, il solo maxicanone era determinato in avviso nella misura del 58,7%, cui si aggiunge il valore della permuta, che innalza gli anticipi alla percentuale, obiettivamente sproprozionata, secondo la CTR nella sentenza impugnata, del 76,88%.
2.2.5.4. Riprendendo il filo del discorso, non coglie nel segno, la protesta di assenza di vantaggio fiscale su cui insiste il motivo.
È la stessa banca contribuente ad ammettere la maturazione di IVA a credito: le asserite, e, peraltro, non documentate, lungaggini nella realizzazione dei crediti (che di per sé non tengono conto
della possibilità di impiego mediante meccanismi compensativi) appartengono al più al piano di mere difficoltà di fatto, che, in quanto tali, non eliminano né sminuiscono la consistenza dei diritti di crediti di per sé considerati.
Inoltre -ed è questo altro momento saliente che va sottolineato -il vantaggio fiscale -come presupposto dall’art. 10-bis, comma 2, st. contr. (laddove, come visto, attribuisce rilievo alla ‘non coerenza’ della ‘qualificazione’ ‘con il fondamento giuridico’ dell’operazione nel suo ‘complesso’) -non deve essere commisurato alla sola posizione della banca contribuente, ma deve essere valutato unitariamente, in funzione, cioè, della posizione di tutti gli attori coinvolti , alla stregua di un meccanismo che segue logiche analoghe, per quanto non coincidenti, al concorso di persone. Sicché, in aggiunta ai crediti maturandi dalla banca contribuente sul fronte dell’IVA, rileva altresì il vantaggio fiscale dell’utilizzatore( -acquirente) dell’imbarcazione: vantaggio, questo secondo, per consentire, a detto utilizzatore(acquirente), il conseguimento del quale, il finanziatore, al fine di realizzare a sua volta l’affare, ha acconsentito alla stipula del contratto.
2.2.5.4. Neppure -valga ancora, e da ultimo, osservare -coglie nel segno l’avere nella specie la banca contribuente stipulato il leasing perché solo a ciò autorizzata: l’argomento prova troppo, nel senso che l’autorizzazione è allo svolgimento dell’attività, cui formalmente la banca contribuente si è attenuta, ma ovviamente non fornisce garanzie in ordine al corretto esercizio, in concreto, dell’attività medesima.
2.3. Terzo motivo: ‘In subordine al precedente: omesso esame di fatti decisivi ai fini del giudizio. La CTR non ha esaminato i fatti dedotti da BPMED in merito alla sussistenza di valide ragioni extrafiscali non marginali sottese all’operazione contestata (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.)’.
2.3.1. ‘I summenzionati fatti che la ricorrente ha prospettato nei gradi di merito (come emerge dalle sopraesposte trascrizioni) risultano evidentemente decisivi ai fini del giudizio, in quanto dimostrano la sussistenza di valide ragioni extrafiscali sottese alla stipulazione del contratto di leasing e, per l’effetto, l’impossibilità di configurare come abusiva la condotta della ricorrente ai sensi di quanto previsto dall’art. 10bis, comma 3 della l. n. 212/2000’.
2.3.2. Il motivo è inammissibile.
Non prospetta l’omesso esame di fatti storici, ma, al più, di prospettazioni difensive: fattispecie tuttavia esulante dal paradigma censorio invocato.
Inoltre, pur a voler prescindere da ciò, come osservato nella trattazione del precedente motivo, siffatte prospettazioni difettano del carattere della decisività.
PARTE B) -‘Sul capo della sentenza relativo al secondo rilievo dell’avviso di accertamento, avente ad oggetto il contratto di leasing n. 60782-00-0 stipulato da BPMED con la sig.ra COGNOME.
3.1. La parte b) del ricorso, che si passa ad esaminare, riprende l’elencazione della rubrica dei pertinenti motivi a partire dal n. 1 in poi. Onde evitare duplicazioni, invece, nell’esposizione a seguire si elencheranno i motivi di detta parte, come poi della parte c), senza soluzioni di continuità rispetto alla parte a).
3.2. Peraltro, rispetto al quarto motivo , assumono rilievo prioritario a livello logico -giuridico, per il possibile rilievo decisivo, investendo l’avviso di accertamento di per se stesso considerato, il quinto ed il sesto , alla cui trattazione è possibile attendere congiuntamente per comunanza di censure, viene per l’effetto anticipata.
3.3. Quinto motivo : ‘ Nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c. La CTR della Liguria non ha deciso sull’eccezione di BPMED idonea a
definire l’illegittimità della pretesa erariale, concernente la contraddittorietà e la carenza della motivazione dell’avviso di accertamento (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4) c.p.c.)’.
3.3.1. ‘ Con il secondo motivo dell’atto di appello di BPMED (cfr. pagg. 1317), è stata contestata ‘l’illegittimità dell’avviso di accertamento per motivazione manifestamente contraddittoria e carente, in violazione degli artt. 42 del d.P.R. n. 600/1973, 3 della L. n. 24111990, 7 della L. n. 212/2000 e 56 del d.P.R. n. 60011973″. In giudizio, la Banca ha rilevato quanto di seguito, in ossequio al principio di autosufficienza, si trascrive: ‘. ‘Come è agevole riscontrare, la CTR ha omesso, nella parte motiva della sentenza, ogni benché minima menzione del trascritto motivo di illegittimità della pretesa erariale’.
3.4. Sesto motivo : ‘ In subordine al precedente: Violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 56 del d.p.r. n. 600/1973, 3 della l. n. 241/1990 nonché 7 e 10-bis, commi 8 e 9 della l. n. 212/2000, per non aver la CTR della Liguria rilevato la nullità dell’avviso di accertamento in quanto recante una motivazione manifestamente contraddittoria, plurima e carente (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c.)’.
3.4.1. ‘Nel caso di specie , l’Ufficio ha prima contestato che l’operazione in questione è inesistente: ‘. ‘E sorprendentemente, poco dopo, ha affermato che la medesima operazione è esistente, ma abusiva: ‘. ‘Da ultimo, l’Ufficio ha proposto una terza contestazione alternativa, deducendo che sempre la stessa operazione ha caratteri fraudolenti: ‘.
3.5. Entrambi i motivi sono inammissibili.
Non offrono evidenza dell’introduzione delle doglianze già in primo grado, così contravvenendo ai principi di precisione e, ‘in parte qua’, di autosufficienza del ricorso (tenuto conto che, nella parte introduttiva di questo, a p. 7, sul punto si legge unicamente:
‘ Il 21 febbraio 2017, la società ha impugnato il menzionato avv1so di accertamento presso la CTP di Genova (all. 3), lamentandone i numerosi profili di illegittimità ed infondatezza’).
Non riproducono, salvi brevi e frammentati stralci, la motivazione dell’avviso di accertamento in ordine al secondo rilievo (cfr. Sez. 5, n. 2928 del 13/02/2015, Rv. 634343 -01: ‘In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, il ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avverso la sentenza che abbia ritenuto correttamente motivato l’atto impositivo, qualora non sia trascritta la motivazione di quest’ultimo, precludendo, pertanto, al giudice di legittimità ogni valutazione’; Sez. 5, n. 16147 del 28/06/2017, Rv. 644703 -01: ‘In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso’).
3.6. Può ora riprendersi la disamina, nell’ordine, degli altri motivi della parte b).
3.7. Quarto motivo : ‘ Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. La CTR ha giudicato oltre i limiti della domanda, riqualificando il contratto di leasing stipulato da BPMED con la Sig.ra COGNOME di COGNOME in atto di compravendita, laddove l’Ufficio ha domandato la sua riqualificazione in mero finanziamento (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4) c.p.c.)’.
3.7.1. ‘I Giudici di seconde cure hanno sostenuto che, nella fattispecie, la reale intenzione della Banca e della sig.ra COGNOME di Capriglia fosse quella non già di stipulare un contratto di leasing, bensì ‘un vero e proprio contratto di compravendita’ e che la forma negoziale del leasing fosse giustificata dal solo fine di ‘non versare l’IVA a debito’. Sennonché, deve rilevarsi come l’Ufficio: – non ha mai contestato l’ipotetica riqualificazione del contratto di leasing in compravendita; -né tantomeno ha mai accertato l’omessa applicazione di un’IVA a debito. Invero, come è pacifico in atti, il recupero relativo a tale contratto non è in alcun modo fondato sull’asserita riqualificazione del medesimo in compravendita ma sulla riqualificazione del rapporto in mero finanziamento chiesto ed ottenuto dalla famiglia RAGIONE_SOCIALE Capriglia/D’ Antonio, coma da trascrizione che segue: ‘. ‘Del resto – e a conferma di ciò – da tale rilievo non è scaturito l’accertamento di un’omessa applicazione dell’IVA sulle fatture attive, bensì un’indebita detrazione dell’IVA su una sola fattura passiva; si legge, infatti, nell’accertamento (pag. 17) che: ‘. La posizione dell’Ufficio è stata ribadita anche nell’atto di controdeduzioni in appello (‘in parte qua’ riprodotte nel motivo). ‘La CTR della Liguria si è quindi pronunciata ‘oltre i limiti’ della domanda delle parti, in aperta violazione di quanto stabilito dall’art. 112 c.p.c.
3.7.2. Il motivo è fondato e merita accoglimento.
3.7.2.1. Nella parte della sentenza impugnata dedicata alle premesse in fatto, è la stessa CTR ad evidenziare che il secondo rilievo si differenzia dal primo, in cui l’Ufficio aveva riqualificato il contratto di leasing in termini di compravendita (‘Anche in tal caso a parere dell’Ufficio veniva a configurarsi un utilizzo abusivo della fattispecie giuridica della locazione finanziaria tuttavia in termini differenti rispetto a quelli che avevano caratterizzato il primo rilievo’), posto che, nella vicenda coinvolgente la Sig.ra COGNOME quale utilizzatrice, e la società di famiglia, quale
costruttrice, ‘l’Ufficio’ come già riportato in apertura della presente ordinanza -‘contestava l’abusività dell’operazione di leasing, rilevando la sostanziale coincidenza fra costruttore e presunto utilizzatore, individuando lo scopo effettivo del rapporto con BPCA nella realizzazione di un mero finanziamento chiesto dalla famiglia COGNOME/COGNOME per rientrare delle spese di costruzione dello yacht e rilevando, per l’effetto, l’inesistenza oggettiva della fattura di vendita da RAGIONE_SOCIALE alla BPCA’, talché, ‘in questo secondo caso veniva recuperata a tassazione l’Iva portata in detrazione , ‘in quanto afferente ad operazione abusiva e comunque esente (mero finanziamento)’ come chiarito nella parte conclusiva di pag. 17 dell’atto impositivo.
La citazione, tra virgolette, di p. 17 dell’avviso di accertamento trova rispondenza nel contenuto di detta p. 17 riportato in ricorso (pp. 22 e 23): ‘Dalle circostanze emerse è stata evinta l ‘inesistenza oggettiva della fattura di vendita n. l del 10/01/2009 emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, essendosi realizzato un mero finanziamento chiesto e ottenuto dalla famiglia COGNOMECOGNOME per rientrare delle spese sostenute per la costruzione dello Yacht Imperial ’95 e non già dì un contratto di leasing nautico italiano quale è stato configurato per ottenere l’incasso dell’IVA’.
3.7.2.2. A fronte di ciò, la CTR, laddove, nelle motivazioni in diritto, ha concluso che le circostanze dalla medesima evocate ‘evidenziao una volontà elusiva esclusivamente rivolta a non versare l’IVA a debito di un vero e proprio contratto di compravendita’, ha ecceduto i limiti della contestazione, siccome rassegnata in avviso e vertita in causa.
3.8. L’accoglimento del quarto motivo determina l’assorbimento del settimo ed ottavo motivo , volti a denunciare, rispettivamente:
-‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. nonché dell’art. 13 del d.p.r. n. 633/1972, per aver la CTR di
Genova attribuito rilevanza a presunzioni di secondo grado prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e a circostanze totalmente ininfluenti nel sistema dell’IVA (in relazione all’art. 360, comma primo, n.3) c.p.c.)’;
-‘violazione e falsa applicazione dell’art. 10 -bis della l. n. 212/2000, in quanto non sussistono nel caso di specie i presupposti per configurare abuso del diritto (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c.)’.
PARTE C) – ‘Sulle sanzioni’.
4.1. Nono motivo : ‘ Nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c. La CTR di Genova non si è pronunciata sui motivi di illegittimità delle sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento dedotti da BPMED (in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4) c.p.c.)’.
4.1.1’La sentenza impugnata deve essere cassata per aver la CTR della Liguria l’illegittimità delle sanzioni irrogate dall’Ufficio. Come anticipato in narrativa, la Banca ha infatti eccepito: a) la violazione del principio del legittimo affidamento ex art. 10, l. n. 212/2000 (cfr. pagg. 32 e 33 delle controdeduzioni e pagg. 42 e 43 dell’appello della Banca) b) la violazione del principio di proporzionalità e di ragionevolezza (cfr. pagg. 33-36 delle controdeduzioni e pagg. 4346 dell’appello della Banca) ; c) la necessità di ridurre le sanzioni irrogate per intervenuto giudicato interno sulla natura nelle violazioni contestate in applicazione del principio del favor rei ‘. ‘ella sentenza impugnata non v’è traccia dli qualsivoglia motivazione in merito alla pretesa fatta valere dall’Ufficio a titolo sanzionatorio, in totale violazione dell’art. 112 c.p.c.’.
Il motivo, in ragione dell’accoglimento del quarto motivo, resta assorbito, con la precisazione che il rigetto dei motivi di cui alla parte a) del ricorso, afferenti al primo rilievo, comporta che, salve le valutazioni da compiersi ad opera del giudice di rinvio in funzione
dell’assorbimento, la conferma di detto primo rilevo comporta l’applicabilità delle relative sanzioni.
Conclusivamente, in accoglimento del quarto motivo , la sentenza impugnata va cassata con rinvio, affinché il Giudice di merito proceda a nuovo esame e, alla luce della decisione che avrà ad assumere, tragga le debite conseguenze in punto di trattamento sanzionatorio.
Detto Giudice, poi, regolerà definitivamente tra le parti le spese, ivi comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del quarto motivo di ricorso, assorbiti il settimo, l’ottavo ed il nono e rigettati tutti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Liguria, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 23 ottobre 2024.