Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16420 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16420 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12234/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA SEZ.DIST. DI SALERNO n. 8724/05/17 depositata il 18/10/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 8724/05/17 del 18/10/2017, la Commissione tributaria regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito AE) e rigettava l’appello incidentale pr oposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 565/15/15 della Commissione tributaria provinciale di Salerno (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2009.
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione del disconoscimento di alcuni costi (maggiorazioni ingiustificate del canone di affitto di azienda operate con scrittura privata integrativa del contratto registrato), nonché in ragione dell’accertamento di maggiori corrispettivi con riferimento al settore alberghiero.
1.2. La CTR accoglieva l’appello proposto da AE e rigettava l’appello incidentale della società contribuente, evidenziando che: a) le operazioni compiute tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano state «poste in essere essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale, realizzando, così, una ‘figura sintomatica’ di abuso del diritto consistita nell’effettiva conclusione di operazioni lecitamente poste in essere tra le parti, in cui, però, gli schemi negoziali attuati stati concatenati in modo strumentale al conseguimento di risparmi di imposta indebiti in relazione alle operazioni effettuate»; b) in particolare, l’accordo integrativo di aumento del canone di locazione era «stato redatto con il precipuo scopo di creare dei vantaggi fiscali ad e ntrambe le società a ‘ristretta base sociale’»; c) tale conclusione trovava conferma sia nella circostanza che la scrittura privata integrativa non era stata regolarmente registrata, in violazione della
previsione dell’art. 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE Imposte sui Redditi – TUIR), sia nel fatto che la compagine sociale RAGIONE_SOCIALE due società coinvolte era espressione del medesimo nucleo familiare, sia nella circostanza che la scrittura privata integrativa con la quale veniva disposta una diminuzione del canone di locazione per l’anno 2009 per il venir meno dell’affitto di azienda del settore ristorazione veniva sostanzialmente ignorata, dandosi valore a quella precedente non registrata; d) la ripresa concernente maggiori ricavi andava confermata in ragione del fatto che era stata effettuata sulla base RAGIONE_SOCIALE stesse dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società contribuente.
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 .
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di
integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019).
1.3. Nel caso di specie, come evidenziato al punto 1.2. dei ‘ Fatti di causa ‘ , la motivazione non può dirsi meramente apparente, essendo chiaramente evincibili le rationes decidendi che hanno condotto il giudice di appello a riformare la sentenza di primo grado (sussistenza dell’elusione e correttezza del ragionamento inferenziale di AE).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del TUIR e del principio di determinazione del reddito di impresa, dell’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 5 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, dell’art. 2556 cod. civ. e dei principi della libertà RAGIONE_SOCIALE forme e della libertà dei mezzi di prova, per avere la CTR ritenuto l’indeducibilità del costo del canone e l’indetraibilità della relativa IVA perché l’accordo sul canone sarebbe privo di data certa.
2.1. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del TUIR e del principio di inerenza, degli artt. 13 e 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 5 del d.lgs . 15 dicembre 1997, n. 446, per avere la CTR confermato l’avviso di accertamento impugnato ritenendo che ai fini dell’inerenza del costo rilevi la sua congruità.
2.2. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, riguardante la mancanza di prova dell’asserita non congruità dell’incremento del canone.
2.3. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 109 del TUIR, degli artt. 13 e 19 del
d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 5 del d.lgs. n. 446 del 1997, per avere la CTR erroneamente negato l’inerenza del costo per canoni di affitto, così invertendo l’onere della prova.
I motivi, che possono essere unitariamente esaminati per ragioni di connessione, sono inammissibili.
3.1. La sentenza impugnata, come si dirà appresso, ha fondato la sua decisione non già sulla pretesa incertezza della data di una scrittura privata e nemmeno sulla valutazione di congruità del costo ai fini dell’inerenza dello stesso, ma sulla violazione della generale clausola antielusiva, avendo RAGIONE_SOCIALE posto in essere un’operazione formalmente lecita al solo fine di ottenere un risparmio di imposta.
3.2. I tre motivi di ricorso finiscono con il censurare RAGIONE_SOCIALE mere argomentazioni adoperate dalla CTR, idonee ad esplicare il proprio convincimento: la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA è stata esclusa non già perché i primi non sono certi in ragione della stipulazione di un accordo non registrato e non sono inerenti perché incongrui, ma per ché l’operazione è stata giudicata come elusiva.
3.3. In quest’ottica, il riferimento del giudice di appello alla scrittura privata non registrata e alla non congruità dei costi costituiscono altrettanti elementi indiziari al fine di giustificare la valutazione abusiva della condotta tenuta da NOME.
3.4. Ne consegue che i motivi non colgono la effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.
Con il sesto motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 e degli artt. 13 e 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’operazione posta in essere dalla società contribuente sia elusiva, sebbene non ne ricorrano i presupposti di legge.
4.1. Il motivo è fondato.
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte « in materia tributaria, alla stregua dell’elaborazione giurisprudenziale comunitaria e nazionale, costituisce pratica abusiva l’operazione economica che, attraverso l’impiego “improprio” e “distorto” dello strumento negoziale, abbia quale scopo predominante e assorbente (seppur non esclusivo) l’elusione della norma tributaria, mentre la mera astratta configurabilità di un vantaggio fiscale non è sufficiente ad integrare la fattispecie abusiva, poiché è richiesta la concomitante condizione di inesistenza di ragioni economiche diverse dal semplice risparmio di imposta e l’accertamento della effettiva volontà dei contraenti di conseguire un indebito vantaggio fiscale » (così Cass. n. 25758 del 05/12/2014; si vedano, altresì, Cass. n. 29936 del 27/10/2023; Cass. n. 19234 del 07/11/2012; Cass. n. 21782 del 20/10/2011; Cass. S.U. n. 30055 del 23/12/2008).
4.2.1. Più in particolare, se è vero che va esclusa l’abusività quando sia ravvisabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, non identificabili necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, potendo rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda (Cass. n. 31772 del 05/12/2019; Cass. n. 18239 del 24/06/2021), deve ritenersi, invece, la sussistenza di un illecito risparmio di imposta quando questo rappresenti la parte preponderante e comunque prevalente dell’oggetto del contratto o degli accordi nel loro complesso, in quanto le ragioni economiche dell’operazione negoziale, valutata secondo la sua essenza, appaiano meramente marginali o teoriche (Cass. n. 9135 del 02/04/2021).
4.2.2. Con specifico riferimento alle imposte dirette, poi, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo che trova fondamento, dapprima, negli stessi principi costituzionali che
informano l’ordinamento tributario italiano (Cass. n. 3938 del 19/02/2014; Cass. n. 4604 del 26/02/2014) e, quindi, nell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. n. 405 del 14/01/2015; Cass. n. 4561 del 06/03/2015), che consente all’Amministrazione finanziaria di disconoscere e dichiarare non opponibili le operazioni e gli atti, in sé privi di valide ragioni economiche e diretti al solo scopo di conseguire vantaggi fiscali diversamente non spettanti.
4.2.3. Per completezza, va ricordato che la clausola antielusiva è stata oggi tradotta in una norma generale (non applicabile alla fattispecie), l’art. 10 bis della l. 27 luglio 2000, n. 212 che, al comma 1, così recita: «Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale RAGIONE_SOCIALE norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base RAGIONE_SOCIALE norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni».
4.2.4. In conclusione, quindi, perché operi la clausola antielusiva occorre che il contribuente faccia un uso improprio o distorto dello strumento negoziale e che tale uso sia posto in essere con lo specifico scopo (seppure non esclusivo, ma prevalente) di eludere la norma tributaria e di ottenere in questo modo un vantaggio fiscale.
4.3. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha affermato che: i) le operazioni compiute tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono state poste in essere «essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale, realizzando, così, una ‘figura sintomatica’ di a buso del diritto consistita nell’effettiva conclusione di operazioni lecitamente poste in essere tra le parti, in cui, però, gli schemi negoziali attuati sono stati concatenati in modo strumentale al conseguimento di risparmi di imposta indebiti in re lazione alle operazioni effettuate»; ii) in particolare, l’accordo
integrativo all’affitto del ramo di azienda, con il quale RAGIONE_SOCIALE si impegnava a corrispondere a RAGIONE_SOCIALE un canone superiore a quello pattuito nel contratto registrato di affitto di azienda «è stato redatto con il precipuo scopo di creare dei vantaggi fiscali ad entrambe le società», «sia in termini di risparmio d’imposta che in termini di credito IVA maturato»; iii) «lo stesso contenuto del contratto di risoluzione parziale del 29.02.2008, preso a base dai primi giudici per determinare la differenza del maggior canone di affitto (contabilizzato € 600.000,00 e calcolato € 500.000,00), viene ad essere ignorato dalla società sulla base di quanto sottoscritto con la scrittura privata integrativa del 30/06 2006»; iv) le due società interessate hanno ristretta base sociale e la compagine sociale RAGIONE_SOCIALE stesse «è espressione del medesimo nucleo familiare (madre e figli)»; v) «a fronte di fatti dettagliati, analitici, forniti dall’Ufficio nulla oppone di altrettanto fondato e specifico la contribuente società che adduce motivazioni che non scalfiscono il risultato a cui è pervenuta l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrate di Salerno».
4.4. Peraltro, la situazione di fatto descritta dal giudice di appello nella sentenza impugnata non assume le caratteristiche dell’elusione, quanto della frode fiscale, idonea a consentire a NOME, a mezzo l’utilizzazione di fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE a seguito dell’erogazione di un canone superiore a quello pattuito e mai versato, di portarsi in deduzione costi fittizi e di conseguire un rilevante credito IVA da portare in detrazione.
4.4.1. Del resto, la fattispecie di abuso del diritto presuppone la sussistenza di operazioni realmente poste in essere dalle parti con lo scopo, anche non esclusivo, di conseguire un vantaggio fiscale; nel caso di specie, invece, l’Amministrazione finanzi aria, seppur richiamando anche l’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, contesta specificamente il difetto di certezza ed inerenza dei costi dedotti da
RAGIONE_SOCIALE per maggiorazioni del canone, ponendo in discussione la stessa veridicità della scrittura privata (non autenticata e non registrata) posta in essere unitamente a RAGIONE_SOCIALE, società la cui compagine sociale è espressione del medesimo nucleo familiare.
4.5. Correttamente, pertanto, la ricorrente si duole della qualificazione della fattispecie in termini elusivi.
Con il settimo motivo di ricorso, involgente la contestazione di maggiori ricavi, si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di due fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti, costituiti da: a) la circostanza che gli asciugamani utilizzati da RAGIONE_SOCIALE sarebbero impiegati non solo nelle camere degli ospiti ma altresì nei bagni di servizio e per il servizio spiaggia/piscina; b) la circostanza che il prezzo medio del soggiorno sarebbe stato calcolato al lordo di IVA, con conseguente duplicazione dell’impo sta.
5.1. Il motivo è inammissibile.
5.2. Diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, la censura non sfugge al divieto della cd. doppia conforme di merito (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014).
5.3. È vero che la parte ricorrente denuncia l’omesso esame di una serie di fatti rilevanti e che, nel caso di omessa considerazione dei fatti, non opera il principio sotteso all’art. 348 ter cod. proc. civ. (Cass. n. 29222 del 12/11/2019).
5.4. Tuttavia, il fatto decisivo che deve essere omesso per integrare la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è quello che costituisce l’oggetto di prova nel giudizio di merito e, nel caso di specie, le circostanze rilevanti ai fini della decisione (ricostruzione dei maggiori ricavi) sono state esaminate dal giudice di appello (e, prima ancora, dal giudice di primo grado).
5.5. Non sussistono, pertanto, fatti omessi che rendano inapplicabile la disciplina di cui all’art. 348 ter cod. proc. civ., atteso che i fatti dedotti dalla società contribuente ineriscono alla valutazione compiuta dalla CTR.
Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e dell’art. 15, comma 1, lett. a) ed e), del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, per non avere la CTR applicato la disciplina sanzionatoria più favorevole alla società contribuente.
6.1. Il motivo resta assorbito in ragione del rinvio conseguente all’accoglimento del sesto motivo.
In conclusione, va accolto il sesto motivo di ricorso, assorbito l’ottavo, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, assorbito l’ottavo, rigettati i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, il 05/12/2023.