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Abolitio criminis e crediti IVA: la Cassazione decide

Una società immobiliare aveva compensato crediti IVA per un importo superiore al limite annuale consentito nel 2012, ricevendo una sanzione dall’Agenzia delle Entrate. Successivamente, una nuova legge ha innalzato tale limite. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33999/2024, ha stabilito che tale modifica legislativa non integra un’ipotesi di “abolitio criminis”. La sanzione è quindi legittima perché la struttura dell’illecito (compensare oltre il limite) non è cambiata, ma solo la sua soglia quantitativa. L’aumento del plafond rappresenta una mera successione di leggi nel tempo, non una depenalizzazione della condotta.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Abolitio criminis e crediti IVA: perché la sanzione resta valida anche se la legge cambia?

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 33999 del 23 dicembre 2024, ha affrontato una questione cruciale in materia fiscale: cosa succede alle sanzioni irrogate per il superamento del limite di compensazione dei crediti IVA se, in un secondo momento, una nuova legge innalza quel limite? La risposta dei giudici è netta: non si verifica alcuna abolitio criminis, e la sanzione originaria rimane valida. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare, nella dichiarazione dei redditi relativa al 2012, ha utilizzato in compensazione crediti IVA preesistenti per un importo superiore al plafond annuale allora in vigore, fissato a circa 516.000 euro. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate le ha notificato un atto di irrogazione di sanzioni per omesso versamento d’imposta, come previsto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997.

La società ha impugnato l’atto. Nel corso del contenzioso, una nuova legge (D.L. n. 35/2013) ha innalzato il limite di compensazione a 700.000 euro. La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, accogliendo l’appello della società, ha annullato la sanzione, ritenendo applicabile retroattivamente la nuova norma più favorevole (ius superveniens).

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la modifica del limite non avesse cancellato l’illecito commesso in passato.

La decisione della Cassazione sull’abolitio criminis

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza regionale e affermando un principio di diritto fondamentale. I giudici hanno chiarito che l’innalzamento del limite di compensabilità non costituisce abolitio criminis.

Perché? La Corte spiega che bisogna applicare un “criterio strutturale”. Questo criterio impone di verificare se la nuova legge ha modificato la struttura stessa della fattispecie illecita, cioè la descrizione del comportamento vietato. Nel caso in esame, la condotta sanzionata è sempre stata la “compensazione in misura superiore al limite annuo”. Questa condotta è rimasta invariata. Ciò che è cambiato non è la natura dell’illecito, ma solo un elemento esterno e quantitativo: la soglia numerica del plafond.

La distinzione tra modifica della norma e successione di leggi

La sentenza sottolinea che l’innalzamento del limite massimo di compensazione non ha reso lecita una condotta che prima era vietata. Ha semplicemente realizzato un “mero fenomeno di successione di leggi nel tempo”. Il disvalore della condotta (cioè il suo carattere negativo per l’ordinamento) e la risposta sanzionatoria sono rimasti intatti. La fattispecie incriminatrice non è stata abrogata; è stata solo modificata la soglia di applicazione, che è una norma “extra-precetto”.

In altre parole, la legge non ha mai detto che compensare oltre il limite è diventato lecito; ha solo spostato più in alto l’asticella di quel limite.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione sui principi già espressi dalle Sezioni Unite (in particolare, la sentenza n. 13145/2022). Si afferma che per avere un’abolitio criminis, è necessaria una radicale eliminazione del presupposto impositivo o dell’illecito stesso. In questo caso, il presupposto impositivo (l’obbligo di versare le imposte non compensate legittimamente) è rimasto fermo, e così anche l’illecito. La modifica normativa ha inciso solo su un dato quantitativo, senza alterare gli elementi costitutivi della fattispecie astratta. La sanzione, quindi, rimane applicabile perché il fatto, al momento in cui fu commesso, violava la legge allora vigente, e la struttura di quella violazione non è stata cancellata dalle norme successive.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un punto fermo: i contribuenti non possono sperare nell’annullamento retroattivo di sanzioni per il superamento dei limiti di compensazione solo perché una legge successiva ha reso tali limiti più generosi. L’illecito si perfeziona al momento della violazione della norma in vigore in quel periodo. La decisione rafforza il principio di certezza del diritto e chiarisce che le modifiche quantitative a una norma fiscale non equivalgono a una depenalizzazione, a meno che non venga meno la stessa struttura della violazione. Le aziende devono quindi prestare la massima attenzione al rispetto dei limiti normativi vigenti al momento in cui operano, senza fare affidamento su future e incerte modifiche legislative più favorevoli.

L’aumento del limite di compensazione dei crediti IVA cancella le sanzioni per violazioni passate?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’innalzamento del limite (plafond) non cancella le sanzioni per chi ha superato il limite inferiore vigente in passato. Si tratta di una semplice successione di leggi nel tempo, non di un’abolizione dell’illecito.

Cosa si intende per ‘abolitio criminis’ in materia tributaria secondo questa sentenza?
Per ‘abolitio criminis’ si intende una modifica normativa che elimina la struttura stessa di un illecito, rendendo un comportamento precedentemente vietato completamente lecito. Non è sufficiente una mera modifica di un limite quantitativo, come l’importo del plafond di compensazione.

Qual è la differenza tra una modifica della ‘fattispecie astratta’ e una semplice modifica di un limite quantitativo?
La ‘fattispecie astratta’ è la descrizione del comportamento vietato dalla legge (es. ‘compensare crediti oltre il limite annuo’). Una sua modifica ne cambia gli elementi essenziali. Un limite quantitativo (es. ‘516.000 euro’) è un elemento esterno alla struttura dell’illecito. La sentenza chiarisce che solo la modifica della fattispecie astratta può portare all’abolitio criminis, non la variazione del solo limite numerico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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