Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33999 Anno 2024
Oggetto: Tributi
COMPENSAZIONE CREDITI IVA- SUPERAMENTO PLAFOND ANNUALE – ABOLITIO CRIMINIS-
ESCLUSIONE – Relatore: COGNOME NOME
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33999 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 16941-2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA, in persona del legale rappresentante p.t., rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli AVV.NOME COGNOME EMAIL e NOME COGNOME
(EMAIL, presso lo studio del quale è elett.te dom.ta in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 17/04/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata l’11/01/2022;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Uditi per l’Agenzia delle entrate l’Avv.to dello Stato NOME COGNOME e per la società contribuente l’Avv.to NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.L ‘ AGENZIA RAGIONE_SOCIALE notificò a RAGIONE_SOCIALE un atto di irrogazione di sanzioni per omesso versamento di imposte, ex art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, quale conseguenza della compensazione, operata dalla società nella dichiarazione dei redditi per il 2012, di crediti Iva preesistenti in misura eccedente rispetto all’importo di euro 516.456,90 fissato, per ciascun anno solare, dagli artt. 17, 25 e 34 della legge n. 388/2000 nella versione vigente ratione temporis .
2.La contribuente impugnò detto provvedimento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Livorno che, con sentenza n. 53/02/2019, accolse parzialmente il ricorso, riducendo la sanzione.
3. Sia l’ AGENZIA RAGIONE_SOCIALE che RAGIONE_SOCIALE proposero appello, rispettivamente in via principale ed in via incidentale, dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Toscana, la quale, con sentenza n. 17/04/2022, depositata il 11/01/2022, rigettò il primo ed accolse il secondo osservando -per quanto in questa sede ancora rileva -dovesse trovare applicazione nella specie, quale ius superveniens determinante un trattamento sanzionatorio più favorevole, l’innalzamento (a euro 700.000,00) del limite per
la compensazione dei crediti I.V.A. disposto dall’art. 9, comma 2, del d.l. n. 35 del 2013, conv. con modif. dalla l. n. 64 del 2013, con conseguente illegittimità dell’atto impugnato e condanna dell’Ufficio alla restituzione degli importi versati dalla contribuente.
4. Avverso tale decisione l’ AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, illustrato da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.; resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE
5.Con proposta ex art. 380bis, comma 1, cod. proc. civ., depositata il 23.3.2023 e comunicata il successivo 27.3.2023, il Consigliere delegato ha concluso per la manifesta infondatezza del ricorso.
6. L’Agenzia ha tempestivamente presentato istanza di fissazione dell’udienza per la decisione del ricorso ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ.
7. All’udienza del 14.9.2023, il Collegio -preso atto del contrasto giurisprudenziale in relazione all’effetto, sulla sanzione, della sopravvenienza delle norme che avevano innalzato il limite della compensabilità -ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo l’ AGENZIA RAGIONE_SOCIALE si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della ‘ violazione e falsa applicazione del principio del favor rei di cui all’art. 3 d.lgs. n. 472/1997 ‘ (cfr. ricorso, p. 19), per avere la C.T.R. erroneamente applicato la richiamata disciplina -e, per l’effetto, annullato le sanzioni irrogate alla contribuente -laddove, al contrario, essa è estranea al caso di specie, in cui ‘ la misura della sanzione è rimasta la medesima… mentre è cambiato solamente l’importo del limite massimo annu o dei crediti d’imposta compensabili ovvero rimborsabili…’ (cfr. ricorso, p. 21, penultimo cpv.): sicché -si opina -‘ nel caso di specie non siamo in presenza di un ‘trattamento sanzionatorio più mite’…perché la sanzione è rimasta la stessa e il comportamento viziato/sanzionato è rimasto invariato…; ciò che è cambiato è solo il limite dell’importo compensabile, ma a condo tta vietata e misura della sanzione invariate ‘ (cfr. ricorso, pp. 21, ult. cpv. e 22, prime due righe).
Va preliminarmente rigettata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza in relazione all’art. 366, comma 1, n. 3 c.p.c., in quanto lo stesso contiene tutti gli elementi necessari per porre questa Corte in grado di avere piena cognizione della controversia, essendo esaurientemente esposti nel ricorso i fatti di causa e chiaramente individuate le questioni di diritto poste dalle parti.
3.Il motivo è fondato.
3.1. Va premesso che, secondo la costante e consolidata giurisprudenza, la compensazione di un credito di imposta superiore al limite massimo previsto dalla legge equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sicché si applica la sanzione prevista dall’art.13 del d.lgs. n. 471 del 1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti ( ex multis , Cass. n. 18369 del 2012; Sez. 5, Sentenza n. 18080 del 2017; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8247 del 2018; Cass. Sez. 5, Ord. n. 10708 del 2019; Cass. sez. 5 n. 34868 del 2023).
Inoltre, la violazione del superamento del plafond annuale compensabile non è una violazione meramente formale, in quanto non rispondente ai due concorrenti requisiti di non arrecare pregiudizio all’esercizio delle operazioni di controllo e, al contempo, di non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22430 del 22/10/2014). Invero, il superamento del limite massimo dei crediti compensabili per l’anno di imposta non integra una violazione formale, ma una violazione sostanziale, dal momento che l’utilizzazione contra legem della compensazione si traduce in ultima analisi in un omesso pagamento del debito non estinto per compensazione (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 10708 del 17/04/2019, Rv. 653659 – 01), condotta integrante la violazione di cui al citato art.13.
3.2. Il quadro normativo di riferimento è caratterizzato da un progressivo innalzamento del limite massimo di compensabilità.
L’articolo 25, comma 2, d.lgs. n. 241/1997 fissa, per ciascun periodo d’imposta, un limite quantitativo alla possibilità di compensazione, stabilendo che «il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi che possono essere compensati,
è, fino all’anno 2000, fissato in 500 milioni per ciascun periodo d’imposta», soglia successivamente elevata a norma dell’articolo 34, comma 1, della legge n. 388/2000, il quale prevede che « a decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare ». L’art. 34 della l. n. 388 del 2000, sancendo un limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, per i soggetti intestatari di conto fiscale, ha inteso introdurre per ogni periodo d’imposta un limite invalicabile alla compensazione di crediti IVA e debiti relativi ad altre imposte, al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale. Tale soglia ha poi subito un ulteriore innalzamento da euro 516.546,90 a euro 700.000,00 per la compensazione dei crediti IVA, in forza dell’art. 9, comma 2, del d.l. n. 35 del 2013, conv, in l. n. 64 del 2013. Successivamente, il limite è stato ulteriormente aumentato a 1 milione di euro, per il solo anno 2020, dall’articolo 147 del Decreto Rilancio, d.l. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020. L’art.22 del d.l. 25 maggio 2021 n.73 (c.d. Decreto Sostegni Bis) convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021 ha ulteriormente elevato , per l’anno 2021, il limite a 2 milioni di euro; infine tale limite è stato fissato stabilmente, ai sensi dell’art. 1, comma 72, della legge n. 234 del 2021, a decorrere dall’1° gennaio 2022, a due milioni di euro.
3.3. La problematica che viene in rilievo è quella di come incida l’innalzamento della soglia annua di compensabilità dei crediti Iva sulla condotta sanzionata e se queste modifiche abbiano comportato una abolitio criminis .
3.4. Al riguardo, questo Collegio ritiene che la questione dell’effetto sulla sanzione della sopravvenienza delle norme che hanno innalzato il limite della compensabilità vada necessariamente esaminata alla luce della sentenza di questa Corte, a sezioni unite, del 27/04/2022 n. 13145.
3.5. Per una maggiore chiarezza espositiva, la ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali in materia di seguito riportati, prende, dunque, come
riferimento la suddetta pronuncia, per distinguere quelli formatisi precedentemente e posteriormente alla medesima.
3.6. Giurisprudenza di legittimità in tema di compensazione di crediti Iva oltre la soglia annuale fissata ex lege formatasi anteriormente a Cass. S.U. n. 13145 del 2022.
3.7.In ordine alla configurabilità di una abolitio criminis con riferimento alle modifiche legislative comportanti un innalzamento del limite legale di compensabilità si ravvisano sostanzialmente due orientamenti giurisprudenziali. Secondo un più remoto indirizzo, con riferimento ad uno degli innalzamenti sopravvenuti del limite massimo dell’imposta compensabile « deve essere rammentata la costante giurisprudenza di questa Corte per cui, per realizzarsi la fattispecie della abolitio criminis ex art. 3, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, che stabilisce, salvo contraria previsione, che non possa esser irrogata sanzione per un fatto che, a seguito di una legge posteriore, non costituisce più violazione punibile, occorre che l’imposta sia stata abrogata (Cass. sez. trib. n. 21168 del 2008; Cass. sez. trib. 25053 del 2006). E, nel concreto caso pervenuto all’esame, non c’è dubbio che l’imposta non versata , sub specie di compensazione oltre il limite prescritto dalla legge, non è mai stata abrogata, per cui permane la violazione di omesso versamento, tutt’ora sanzionata dall’art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997. Deve andare altresì aggiunto, a completamento, che la ratio della richiamata giurisprudenza corrisponde all’esigenza, di cui alle disposizioni in tema di bilancio pubblico, di garantire le entrate stabilite, ciò che impone di mantenere le imposte che non vengono immediatamente sostituite con altri flussi.» (Cass., sez. 5, sentenza 8 ottobre 2013, n. 22833, non massimata, in motivazione).
3.8.Secondo un più recente indirizzo nel senso della abolitio criminis nell’ipotesi di compensazione di crediti d’imposta oltre il limite annuale stabilito ex lege e dell’applicazione del principio del c.d. favor rei di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, si è osservato che « la normativa sopravvenuta, poiché ha modificato in senso più ampio e favorevole al reo la compensabilità del credito di imposta e poiché ha escluso conseguentemente la rilevanza dell’illecito, non
può non avere effetti sulla sanzione precedentemente applicata, posto che, proprio in ragione della più favorevole disposizione sopravvenuta, la condotta che prima integrava una violazione fiscale non costituisce più il presupposto per l’irrogazione della sanzione.» (Cass. sez. 6-5, ordinanza 23 febbraio 2021 n. 4806, non massimata); nello stesso senso, Cass., 30 giugno 2021, n. 18367 secondo cui «L’innalzamento (da euro 516.546,90 a euro 700.000,00) del limite per la compensazione dei crediti IVA, disposto dall’art. 9, comma 2, del d.l. n. 35 del 2013, conv, in l. n. 64 del 2013, ha determinato una riduzione della condotta rilevante ai fini dell’applicazione della sanzione ex art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, che risulta pertanto circoscritta all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto, con conseguente applicazione, ai processi ancora in corso, del regime sanzionatorio più favorevole per il contribuente, in ossequio al principio del ” favor rei ” di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997».
3.9. Giurisprudenza di legittimità in tema di compensazione di crediti Iva oltre la soglia annuale fissata ex lege formatasi posteriormente a Cass. S.U. n. 13145 del 2022.
3.10.Il più recente orientamento giurisprudenziale, anche dopo l’intervento di Cass. SU n. 13145 del 2022 – confrontandosi solo in una pronuncia con esso – è prevalentemente nel senso della integrazione, nell’ipotesi di innalzamento del limite legale di compensabilità dei crediti d’imposta, dell’ abolitio criminis .
In questo senso, vanno ricordate Cass. sez. 5, sentenze, 10 maggio 2022, n. 14794 e n. 14795, non massimate (che richiamano, Cass. n. 18367 del 2021). Ugualmente, secondo Cass., sez. 5, ordinanza 1/12/2022 n. 35385 « In tema di IVA, l’art. 34 della l. n. 388 del 2000, sancendo un limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, per i soggetti intestatari di conto fiscale, ha inteso introdurre per ogni periodo d’imposta un limite invalicabile alla compensazione di crediti iva e debiti relativi ad altre imposte, al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale; la violazione del limite previsto per legge equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sanzionato dall’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, la cui misura tuttavia, nei processi ancora
in corso ed in ossequio al principio del “favor rei”, di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, deve tener conto dell’ innalzamento del limite d’importo compensabile dei crediti IVA, disposto dalla normativa successiva, così da determinare la riduzione della condotta sanzionabile all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto».
Sostanzialmente confermativa di tale indirizzo è anche Cass., sez. 5, sentenza, 5 luglio 2024 n. 18377 secondo cui «In materia di IVA, l’innalzamento del limite previsto dall’art. 34, comma 1, della l. n. 388 del 2000 per i crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, sancito per l’anno 2021 dall’art. 22 del d.l. n. 73 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 106 del 2021, reso permanente a decorrere dall’1/1/2022, ex art. 1, comma 72, della l. n. 234 del 2021, comporta una abolitio criminis parziale, in quanto incide sulla fattispecie sostanziale alla base della compensazione ampliando la liceità della condotta, con conseguente applicazione non di un principio di favor rei in senso stretto ai fini del trattamento sanzionatorio, bensì direttamente della retroattività della novella». Nella richiamata sentenza, questa Corte ha ritenuto che « l’orientamento interpretativo seguito – secondo cui, in applicazione dello ius superveniens più favorevole, non costituiva violazione sanzionabile la compensazione effettuata sino alla soglia di euro 2.000.000,00 – non si poneva in contrasto con i principi di diritto desumibili dalla sentenza delle S.U. n. 13145 del 27/04/2022, resa in materia di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, in quanto «in quel caso è stata esclusa l’ abolitio criminis perché l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace è stata mantenuta. Nel caso in esame al contrario, in conseguenza dell’innalzamento del plafond ai fini della compensazione del credito ai fini IVA, da ultimo come sopra visto sino alla soglia di euro 2.000.000 per effetto dell’articolo 22 del d.l. 73/202 1, la condotta è rimasta la stessa e si configura solo un’ abolitio criminis parziale». Nello stesso senso, è, da ultimo, Cass. sez. 5,
ordinanza n. 30818 del 2024, non massimata (che richiama Cass., sez. 5, n. 18377 del 2024 e Cass., sez. 5, n. 35385 del 2022).
3.11.Di segno contrario, nel senso della non configurabilità dell’ abolitio criminis nell’ipotesi di innalzamento del limite alla compensazione, è , invece, Cass., sez. 5, ord. n. 34868 del 2023, non massimata, secondo cui, in ossequio a Cass. SU, n. 13145 del 27/04/2022, nell’ipotesi di innalzamento del plafond annuale di compensabilità dei crediti d’imposta «non ricorre abolitio dell’illecito, che richiede la radicale eliminazione del presupposto impositivo, ed essendo dovuta l’imposta per il periodo precedente all’intervento normativo che ha modificato i presupposti restano dovute anche le sanzioni».
3.12. Premessa la ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali in materia, la questione dell’effetto sulla sanzione della sopravvenienza di norme che hanno innalzato il plafond annuale di compensabilità dei crediti d’imposta va affrontata alla luce del principio di diritto affermato da Cass. SU n. 13145 del 2022 secondo cui – pur se in tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa – «In tema di successione di norme, l’impianto sanzionatorio in materia tributaria, seppure modellato, qualora incida sulle materie di competenza dell’Unione, dai principi unionali di adeguatezza, proporzionalità ed effettività, risponde a uno stampo penalistico che ha ormai ripudiato, ai fini dell'” abolitio criminis “, il criterio della doppia punibilità in concreto secondo cui, per poter lasciare ferma la sanzione, si richiede che il fatto punito in base alla legge anteriore, lo sia anche in base a quella posteriore; ne consegue che, qualora, nonostante la modificazione normativa, l’imposta continui ad essere dovuta per il passato, restando fermo il presupposto impositivo, anche la sanzione resta applicabile, segnando tale modificazione solo il passaggio tra due contesti giuridici con le correlate situazioni di fatto, cosicché estendere al primo il trattamento riservato al secondo, sia pure ai soli fini sanzionatori, si traduce in un’inammissibile applicazione della nuova norma ad un contesto diverso da quello al quale essa si riferisce». Nella suddetta sentenza si è precisato che «quel che conta è la fattispecie astratta della dichiarazione mendace, e non l’oggetto di essa, che, in quanto antecedente di fatto, rappresenta un elemento esterno alla struttura
della violazione. È difatti con riguardo alla struttura della fattispecie che va condotta l’indagine sugli effetti della successione di norme che hanno regolato quell’elemento, al pari dell’indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali. 11.1.- Hanno chiarito sul punto le sezioni unite penali, con riguardo alla successione di norme extrapenali (si veda, in particolare, Cass. pen. n. 19601/2008, COGNOME, cit ., a proposito del mutamento del presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e dei presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, ai fini del giudizio sul reato di bancarotta), che l’atto giuridico richiamato in una fattispecie penale conta per gli effetti giuridici che esso produce e non per i fatti con esso definiti; sicché, se muta, per ius superveniens , la definizione legale dei presupposti di un certo atto, non può dirsi che le norme sopravvenute, che quei presupposti mutino, incidano sulla struttura del reato». Invero- come precisato nella sentenza S.U. n. 13145 del 2022 – la giurisprudenza delle sezioni unite penali, inaugurata dalla sentenza COGNOME (n. 25887/03), sviluppata, a proposito delle modifiche mediate, dalla sentenza COGNOME (n. 2451/08), e ribadita dalle sentenze COGNOME (n. 19601/08) e Rizzoli (n. 24468/09), ha ormai ripudiato, ai fini dell’ abolitio criminis , il criterio della doppia punibilità in concreto (conf., tra le più recenti, Cass. pen. n. 3269/19, T.).
3.13.Al riguardo, il filo comune delle tre sentenze delle Sezioni Unite è rappresentato dall’adozione del medesimo criterio per l’accertamento dell’abolitio criminis ovvero del c.d. criterio strutturale : l’ abolitio criminis , che comporta la perdita di rilevanza penale del fatto, consegue a una modifica della fattispecie legale astratta , che rappresenta, come si legge nella sentenza COGNOME, ‘non solo strumento di selezione dei fatti penalmente rilevanti, ma anche strumento di de-selezione dei fatti stessi (punto 3a della motivazione). In particolare, il criterio c.d. strutturale è stato adottato dalle richiamate SU penali nell’accertamento dell’ abolitio criminis non solo nell’ipotesi delle modifiche immediate (quelle, cioè, che incidono direttamente sul testo della norma incriminatrice), ma anche nell’ipotesi delle c.d. modifiche mediate . Si legge, al riguardo, nella sentenza COGNOME che la risposta al quesito posto dal primo dei
casi suesposti (effetti penali dell’adesione all’UE della Romania) «deve essere ricercata facendo riferimento ai criteri già affermati in tema di successione di leggi penali da queste Sezioni Unite con la sentenza 26 marzo 2003, n. 25887, Giordano. In quella sentenza le Sezioni Unite hanno escluso la possibilità di accogliere la teoria della doppia punibilità in concreto e hanno affermato che per individuare il campo di applicazione del secondo comma dell’art. 2 c.p. non ci si può limitare a considerare se il fatto, punito in base alla legge anteriore, sia punito, o meno, in base a quella posteriore . L’indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali va condotta facendo riferimento alla fattispecie astratta e non al fatto concreto: non basta riconoscere che oggi il fatto commesso dall’imputato non costituirebbe più reato, ma occorre prendere in esame la fattispecie e stabilire se la norma extrapenale modificata svolga in collegamento con la disposizione incriminatrice un ruolo tale da far ritenere che, pur essendo questa rimasta immutata, la fattispecie risultante dal collegamento tra la norma penale e quella extrapenale sia cambiata e in parte non sia più prevista come reato . La successione avvenuta tra norme extrapenali non incide invece sulla fattispecie astratta, ma comporta più semplicemente un caso in cui in concreto il reato non è più configurabile, quando rispetto alla norma incriminatrice la modificazione della norma extrapenale comporta solo una nuova e diversa situazione di fatto » (punto n. 3 della motivazione). Tali principi vengono ribaditi nella sentenza COGNOME nella quale, dopo aver richiamato espressamente le sentenze COGNOME e COGNOME, si afferma testualmente che per accertare l’ abolitio criminis ‘ occorre verificare se la norma extrapenale incida su un elemento della fattispecie astratta , non essendo di per sé rilevante una mutata situazione di fatto che da quella norma derivi ‘ .
3.14.Pur se in tema di cessione ad esportatore abituale e di ius superveniens concernente i termini per invio della comunicazione contenente i dati della dichiarazione d’intento, questa Corte, sulla falsariga delle SU n. 131 45 del 2022, ha affermato che «In tema di sanzioni amministrative tributarie, per ritenere che vi sia stata “abolitio criminis” in conseguenza della successione di norme nel
tempo, non è sufficiente una mera modifica (mediante riduzione, aumento od accorpamento) dei termini e delle scadenze connesse alle modalità di effettuazione dei versamenti d’imposta, poiché, in tali casi, rimane immutata sia la condotta materiale descritta dalla norma sanzionatoria (omesso o ritardato pagamento), sia l’interesse la cui offesa la sanzione intende reprimere». 3.15.Posto quanto sopra, nel caso specie, il precetto consiste nella compensabilità dei crediti d’imposta entro il limite di soglia annuale fissato (da norma extraprecetto) e l’infrazione consiste nella compensazione in misura eccedente il plafond annuale. A fronte dell’infrazione – che concreta un omesso versamento d’imposta alle scadenze previste e che legittima il recupero della stessa -la sanzione (nella misura del 30% di ogni importo non versato ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 nella formulazione vigente ratione temporis ) è rimasta immutata. La modifica -in forza della norma extra-precetto -ha investito soltanto il limite della compensabilità dei crediti d’imposta senza incidere sugli elementi costitutivi della fattispecie astratta, rimanendo immutata la condotta sanzionata (compensazione in misura superiore al limite annuo, equivalente ad un omesso versamento alle scadenze previste) e la misura della sanzione medesima. Non viene, pertanto, in rilievo una abolitio criminis (neanche parziale) atteso che l’innalzamento del limite annuale di compensabilità dei crediti d’imposta non ha alterato, anche mediatamente, la fattispecie astratta, essendo rimasto fermo il presupposto impositivo. Lo ” ius superveniens “, pertanto, non ha determinato i presupposti per l’applicabilità del principio del “favor rei”, ma ha realizzato un mero fenomeno di successione di leggi nel tempo, senza fare venire meno il disvalore della condotta e la risposta sanzionatoria dell’ordinamento, poiché non è stata abrogata la fattispecie incriminatrice concernente la compensazione di crediti d’imposta oltre il limite annuale ma è stata solo innalzata -in forza della modifica della norma extraprecetto- la soglia di tale tetto. Tale ricostruzione interpretativa induce questo Collegio a prendere le distanze dall’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato che ravvisa nell’ipotesi di compensazione di crediti d’imposta oltre il
limite annuale stabilito ex lege (extra-incriminatrice) un’ abolitio criminis (parziale).
3.16. Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: « In materia di Iva, l’innalzamento del limite annuo di cui all’art.34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, di compensabilità orizzontale dei crediti d’imposta in forza della modifica delle norme extra -precetto (nella specie, da euro 516.456,90 a euro 700.000,00 ex art. 9, comma 2, del d.l. 8 aprile 2013, n. 35, conv. con modif. nella legge 6 giugno 2013 n. 64) non comporta alcuna “abolitio criminis”, in quanto non incide sulla struttura della fattispecie legale astratta, rimanendo immutata la condotta sanzionata (compensazione in misura superiore al limite annuo, equivalente ad un omesso versamento alle scadenze previste) e la misura della sanzione medesima (pari al 30% di ogni importo non versato, ai sensi dell’art. 1 3 del d.lgs. n. 471 del 1997, nella formulazione vigente ratione temporis); lo “ius superveniens”, pertanto, non determina i presupposti per l’applicabilità del principio del “favor rei”, realizzando un mero fenomeno di successione di leggi nel tempo che non ha alterato il disvalore della condotta e la risposta sanzionatoria dell’ordinamento, poiché non è stata abrogata la fattispecie incriminatrice concernente la compensazione di crediti d’imposta oltre il limite annuale ma è stata solo innalzata -in forza della modifica della norma extra-precetto- la soglia di tale tetto ».
3.17.Nella sentenza impugnata, il giudice di appello non si è attenuto al suddetto principio di diritto, nell’annullare l’atto irrogativo della sanzione in questione emesso quale conseguenza della avvenuta compensazione da parte della società, nella dichiarazione dei redditi per il 2012, di crediti Iva preesistenti in misura eccedente rispetto all’importo di euro 516.456,90 fissato ex art. 34 della legge n. 388/2000 nella versione vigente ratione temporis – stante la ritenuta applicazione (retroattiva) dello ius superveniens più favorevole, in forza dell’ art. 9, comma 2, del d.l. n. 35 del 2013, conv. nella legge n. 64 del 2013,
determinante l’innalzamento a euro 700.000,00 del limite annuo di compensabilità.
4.In conclusione, il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2024