Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21178 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21178 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6629/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOMENOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso la Corte di Cassazione (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del MOLISE n. 314/2022 depositata il 30/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise con la sentenza n. 314/1/2022, depositata il 30/09/2022 e non notificata, in accoglimento dell’ appello proposto dal Comune di Poggio Sannita ed in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso l’ avviso di accertamento IMU 2014 emesso dal predetto ente;
1.1. i giudici di appello, premesso che per abitazione principale deve intendersi l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente, riteneva legittimo l’atto impositivo in questione sul presupposto che il contribuente non aveva comprovato che, nel caso di specie, la residenza anagrafica coincideva con la sua dimora abituale;
contro
detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, NOME COGNOME;
il Comune resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in riferimento agli artt. 132 n. 4 cod. proc. civ e 118, primo e secondo comma, disp. att. cod. proc. civ.. Assume che la motivazione della sentenza impugnata era carente e solo apparente in quanto i giudici di appello non avevano operato un concreto apprezzamento del materiale probatorio e/o indiziario, e la motivazione era puramente assertiva o palesemente affetta da vizi logici, non comprendendosi a quali atti i giudici di appello avevano fatto riferimento per affermare che il contribuente dimorava a Roma nell’unità immobiliare identificata in catasto al foglio 637 numero 215 sub 11, e che l’avviso di accertamento Imu era legittimo laddove dagli atti di causa, al
contrario, risultava che l’unità immobiliare in questione, in comunione ereditaria tra il contribuente ed i due figli, in virtù della successione aperta con il decesso avvenuto nel 2009 di COGNOME NOME, moglie del ricorrente e madre dei figli NOME e NOME COGNOME, era occupata, in via esclusiva, da quest’ ultimo come dichiarato all’Agenzia delle Entrate con dichiarazione sostitutiva ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. 28/12/2000 n. 445;
2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011. Rileva che i giudici territoriali avevano errato nella applicazione della normativa de qua e che occorreva, peraltro, tenere conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 13 ottobre 2022 che ha escluso, perché un ‘ abitazione possa essere considerata abitazione principale, il requisito della dimora abituale e della residenza anagrafica, in tale abitazione, del nucleo familiare del possessore;
con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cpc, per avere i giudici di appello erroneamente rigettato l’appello incidentale con cui era stata censurata la compensazione delle spese di lite disposta in primo grado;
4. il primo motivo è infondato;
4.1. per le Sezioni Unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincime nto, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 , che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230,
22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 ; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 ). In seguito, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall ‘art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di m otivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione»;
4.2. nel caso in esame non può sicuramente parlarsi di motivazione apparente in quanto la C.T.R., sia pure con argomentazioni assai stringate, ha valutato i fatti di causa ritenendo decisivi gli elementi probatori dedotti dal Comune comprovanti la circostanza che il contribuente non risiedeva in Poggio Sannita, mentre il ricorrente finisce per sollecitare una mera rivisitazione della ricostruzione probatoria, preclusa in sede di legittimità;
il secondo motivo è infondato;
5.1. l’art. 13, comma 2, del d.l. 201/2011, vigente ratione temporis, stabilisce che l’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali continuano ad applicarsi l’aliquota di cui al comma 7 e la detrazione di cui al comma 10. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano
come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente;
5.2. con la sentenza n. 209/2022, invocata da parte ricorrente, la Corte Costituzionale ha stabilito ai fini dell’esenzione che per ‘abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente’, eliminato il riferimento al nucleo familiare, l’esenzione IMU compete sempre al verificarsi di due condizioni: la dimora abituale e la residenza anagrafica del soggetto, sicchè ai fini che occupano, a seguito della pronuncia del Giudice delle leggi non sono mutati i termini della questione;
5.3. non appare, dunque, censurabile la decisione dei giudici di appello che, sulla scorta della documentazione versati in atti dalle parti in entrambi i gradi di giudizio, hanno ritenuto non dimostrato dal contribuente che lo stesso avesse fissato la sua ‘dimora abituale’ nel comune di Poggio Sannita ove risultava risiedere anagraficamente, di conseguenza, ritenendo legittimo l’avviso di accertamento impugnato;
5.4. ne consegue che va esclusa la dedotta violazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011;
l’ ultimo motivo è privo di fondamento alcuno , tenuto conto dell’ esito del giudizio e considerato che, a fronte dell’accoglimento dell’ appello del comune e del rigetto del ricorso originario, il contribuente soccombente non aveva alcun diritto alla liquidazione delle spese di primo grado;
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato; 8. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella
misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del Comune controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 500,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione