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Abitazione principale IMU: la prova della dimora abituale

Un contribuente si è visto negare l’esenzione fiscale sull’immobile di proprietà, nonostante la residenza anagrafica. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21178/2024, ha rigettato il ricorso, stabilendo che per definire un’abitazione principale IMU non è sufficiente la sola registrazione anagrafica. È onere del contribuente dimostrare di avere anche la propria ‘dimora abituale’, ovvero il centro effettivo dei propri interessi e della propria vita, presso quell’immobile.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Abitazione principale IMU: non basta la residenza, serve la prova della dimora abituale

L’esenzione dall’IMU per l’abitazione principale è uno dei temi più dibattuti nel diritto tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 21178 del 29 luglio 2024, torna a fare chiarezza su un punto fondamentale: per beneficiare dell’agevolazione non è sufficiente avere la residenza anagrafica in un immobile, ma è necessario dimostrare che quella sia anche la propria dimora abituale. L’analisi di questo caso ci permette di approfondire la nozione di abitazione principale IMU e l’onere della prova che grava sul contribuente.

I fatti del caso

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento IMU per l’anno 2014, notificato da un Comune a un contribuente. Quest’ultimo, comproprietario di un immobile ereditato insieme ai figli, sosteneva di aver diritto all’esenzione in quanto l’immobile costituiva la sua abitazione principale.

Il giudizio di primo grado gli dava ragione, ma la Corte di Giustizia Tributaria regionale ribaltava la decisione in appello. Secondo i giudici di secondo grado, il contribuente non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare che la sua residenza anagrafica, fissata in quell’immobile, coincidesse con la sua dimora abituale. Di fronte a questa decisione, il contribuente decideva di ricorrere in Cassazione.

L’analisi della Corte di Cassazione e i requisiti dell’abitazione principale IMU

Il ricorso del contribuente si basava su tre motivi principali:
1. Nullità della sentenza per motivazione apparente: Si lamentava che i giudici d’appello non avessero adeguatamente valutato le prove, limitandosi a una motivazione generica.
2. Errata applicazione della legge sull’abitazione principale: Si invocava la sentenza della Corte Costituzionale n. 209/2022, che ha modificato la nozione di abitazione principale eliminando il riferimento al nucleo familiare.
3. Errata statuizione sulle spese di lite: Si contestava il mancato riconoscimento delle spese del primo grado di giudizio.

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, fornendo chiarimenti cruciali.

La distinzione tra residenza anagrafica e dimora abituale

Sul primo punto, la Corte ha specificato che la motivazione della sentenza d’appello, seppur sintetica, non era ‘apparente’. I giudici avevano infatti basato la loro decisione su un elemento decisivo: il contribuente non aveva provato di dimorare abitualmente nell’immobile. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare i fatti, ma serve a controllare la corretta applicazione della legge.

Il cuore della decisione, però, risiede nell’analisi del secondo motivo. La Corte ha ribadito che, anche dopo l’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 209/2022), i requisiti per l’esenzione sull’abitazione principale IMU restano due e devono essere entrambi soddisfatti dal possessore:
Residenza anagrafica: il dato formale risultante dai registri comunali.
Dimora abituale: il dato sostanziale, ovvero il luogo dove la persona ha stabilito il centro effettivo della sua vita e dei suoi interessi.

La sentenza della Consulta ha eliminato il vincolo del ‘nucleo familiare’, consentendo, ad esempio, a due coniugi con residenze diverse di beneficiare entrambi dell’esenzione, a patto che ciascuno dimostri che la propria residenza anagrafica coincida con la propria dimora abituale. Non ha però eliminato la necessità di questa doppia verifica per ogni singolo contribuente.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un principio consolidato: l’onere della prova in materia di agevolazioni fiscali spetta a chi intende beneficiarne. Nel caso specifico, il Comune aveva prodotto elementi che mettevano in dubbio la dimora abituale del contribuente nel paese in questione. Di contro, il contribuente non è riuscito a fornire prove concrete che attestassero il contrario. La Corte ha quindi ritenuto legittima la decisione dei giudici d’appello, i quali avevano correttamente concluso che la mancanza di prova sulla dimora abituale faceva venir meno il diritto all’esenzione. Di conseguenza, anche il terzo motivo relativo alle spese legali è stato respinto, in quanto, essendo risultato soccombente, il contribuente non aveva diritto ad alcun rimborso.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un concetto chiave per chiunque richieda l’esenzione IMU: la residenza anagrafica è una condizione necessaria ma non sufficiente. Il contribuente deve essere sempre pronto a dimostrare, con elementi concreti (come utenze, domiciliazione bancaria, medico di base, etc.), che l’immobile non è solo la sua residenza ‘sulla carta’, ma il luogo dove si svolge effettivamente la sua vita quotidiana. In un contenzioso tributario, la mancanza di tale prova può portare alla perdita dell’agevolazione e all’applicazione di sanzioni.

Per ottenere l’esenzione IMU per l’abitazione principale è sufficiente avere la residenza anagrafica nell’immobile?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha ribadito che, per beneficiare dell’esenzione, il contribuente deve soddisfare due condizioni cumulative: la residenza anagrafica e la dimora abituale. L’onere di provare quest’ultima condizione ricade sul contribuente stesso.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 209/2022 ha cambiato i requisiti per l’abitazione principale?
Sì, ma solo in parte. La sentenza ha eliminato il requisito della residenza e dimora dell’intero ‘nucleo familiare’ nello stesso immobile. Tuttavia, non ha rimosso la necessità che il singolo possessore dimostri la coincidenza tra la propria residenza anagrafica e la propria dimora abituale per poter usufruire dell’esenzione.

Su chi ricade l’onere di provare che un immobile è adibito ad abitazione principale?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente che richiede l’agevolazione fiscale. Come stabilito nella decisione in esame, il contribuente non è riuscito a fornire la prova che la sua residenza anagrafica coincidesse con la sua dimora abituale, perdendo così il diritto all’esenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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