Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3308 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3308 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13085/2017 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 6362/2016 depositata il 01/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate di Bergamo notificava ai contribuenti un avviso di rettifica e liquidazione, teso a recuperare a tassazione la maggiore Iva dovuta, in ragione della ritenuta inapplicabilità dell’aliquota agevolata del 4% prevista per l’acquisto di abitazioni non di lusso. L’Ufficio aveva, in effetti, riscontrato che l’immobile oggetto della compravendita presentava caratteristiche suscettibili di ricondurlo entro quelli di lusso, ai sensi dell’art. 6 D.M. n. 1072 del 2 agosto 1969. In particolare, l’Agenzia rimarcava che l’immobile compravenduto presentava un’estensione pari a 293 mq, dunque un valore superiore ai 240 mq, costituenti limite massimo previsto per poter considerare un’abitazione non di lusso. Il ricorso per cassazione della parte contribuente è affidato a due motivi di censura; l’Agenzia si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta l’errata applicazione dell’art. 1 Tariffa Allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e del D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 6, per avere la CTR confermato la sentenza di primo grado trascurando di escludere dal computo della superficie complessiva valorizzata, pari a 293 mq, ‘ l’area dell’autorimessa destinata a posto auto e l’intero piano sottotetto, destinato a solaio ‘.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la mancata applicazione dell’art. 3 D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997, per avere la CTR tralasciato di considerare che l’art. 3 di detto decreto prevede che nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che secondo la legge posteriore non costituisce violazione punibile,
sicché, tenuto conto che l’art. 10 D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha totalmente innovato la materia modificando i criteri di individuazione dei fabbricati di lusso, non erano applicabili le sanzioni viceversa irrogate.
Il primo motivo è infondato.
La CTR ha diffusamente argomentato sulla non spettanza dell’agevolazione invocata dalla parte contribuente. Il giudice d’appello ha, in particolare, evidenziato che: l’utilizzabilità degli ambienti rileva ‘ a prescindere dalla loro effettiva abitabilità ‘; il concetto di superficie utile non può restrittivamente identificarsi con la sola ‘ superficie abitabile’ ; utile è tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto auto; nella superficie utile ricadono anche i muri perimetrali e divisori; certamente i locali ‘ sottotetto ‘ e l” autorimessa ‘, non rientrando nelle esclusioni prima mentovate, vanno computate al fine di valutare il superamento della soglia massima consentita per l’accesso all’agevolazione fiscale; la parte appellante ha essa stessa dedotto le potenzialità d’uso, allegando di adoperare il sottotetto ‘ a mo’ di deposito ‘; non rilevano i frazionamenti dell’immobile, in ragione della ‘ diversità del diritto reale vantato, posto che il computo si fa sull’intera superficie ‘.
Il giudice d’appello si è posto nel condivisibile solco della giurisprudenza di legittimità, secondo cui ‘ In tema di agevolazioni cd. “prima casa”, ai fini dell’individuazione di un’abitazione di lusso, nell’ottica di escludere il beneficio, la superficie utile deve essere determinata avuto riguardo all’utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito il parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” dell’immobile. Ne consegue che il concetto di superficie “utile” non può restrittivamente identificarsi con la sola “superficie abitabile”, dovendo interpretarsi l’art. 6 del d.m. n. 1072 del 1969 nel senso che è “utile” tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai
balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 metri quadrati rientrano anche i soppalchi ‘ (Cass. n. 29643 del 2019) . Questa Corte ha anche incisivamente puntualizzato che ‘ In tema di imposta di registro, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e, come tale, esclusa dai benefici per l’acquisto della cd. prima casa, la superficie utile deve essere determinata avendo riguardo alla “utilizzabilità degli ambienti”, a prescindere dalla effettiva abitabilità degli stessi, in quanto il parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione è costituito dalla superficie utile che non può, pertanto, identificarsi restrittivamente con la sola superficie abitabile, in quanto l’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969, n. 1072, deve essere interpretato nel senso che è “utile” tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto auto e che nel calcolo dei 240 mq rientrano anche le murature, i pilastri, i tramezzi e i vani di porte e finestre ‘ (Cass. n. 19286 del 2019). La Corte Suprema ha anche precisato che ‘ In tema di imposta di registro, ipotecarie o catastali, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della tariffa I, art. 1, nota II bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, la sua superficie utile – complessivamente superiore a mq. 240 – va calcolata alla stregua del d.m. Lavori Pubblici n. 1072 del 1969, che va determinata in quella che – dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta – residua una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, non potendo, invece, applicarsi i criteri di cui al d.m. Lavori Pubblici n. 801 del 1977, richiamato dall’art. 51 della l. 2 n. 47 del 1985, le previsioni della quale, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un’interpretazione che ne ampli la sfera applicativa ‘ (Cass. n. 17470 del 2019). Nella nomofilachia è stato anche specificato che
‘ In tema di agevolazioni c.d. prima casa, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e come tale esclusa da detti benefici, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui all’art. 6 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, per il quale, premesso che viene in rilievo la sola utilizzabilità e non anche l’effettiva abitabilità degli ambienti, detta superficie deve essere determinata escludendo dalla estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta, quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina ‘ ( Cass. n. 8409 del 2019).
In definitiva, la CTR, ritenuti applicabili i parametri di individuazione degli immobili di lusso di cui al d.m. del 2 agosto 1969, stante l’irretroattività del d.lgs. n. 23 del 2011 e del d.lgs. n. 175 del 2014, ha sostenuto che nella specie l’immobile superava i 240 mq dovendosi computare nella superficie “utile”, individuata in quella lorda ed in quella che risulti destinata ai bisogni ordinari dell’abitazione, anche il sottotettodeposito e l’autorimessa, in quanto vano utile alle esigenze di quanti ne avevano la disponibilità.
Il secondo motivo è infondato.
La parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 D.Lgs. n. 472 del 1997, censurando la statuizione impugnata per avere escluso la retroattività (alle compravendite stipulate anteriormente al 1° gennaio 2014) della nuova disciplina in materia di individuazione degli immobili di lusso, di cui al combinato disposto dei decreti legislativi n. 23 del 2011 e n. 175 del 2014, anche con riferimento alle sanzioni.
L’assunto di parte ricorrente non coglie nel segno.
La modifica, in vigore dal 2014, dei parametri cui si agganciano i presupposti per la fruizione dell’agevolazione fiscale per gli immobili ‘non di lusso’ con attribuzione di rilevanza alla sola categoria catastale, non più all’elemento dell’estensione dei metri
quadri complessivi utilizzabili, previsto dal D.M. 2 agosto 1969 -non ha inciso retroattivamente sulla sanzionabilità della condotta.
Pur nel cambiamento dell’oggetto della dichiarazione finalizzata a fruire del beneficio fiscale, la violazione continua a essere rappresentata in nuce dal mendacio, che è l’elemento saliente e inalterato. Deve, pertanto, escludersi si sia registrata un’ abolitio criminis .
La falsa dichiarazione del contribuente, per quanto resa prima del 2014, seguita ad essere sanzionabile, in quanto è il mendacio a connotare strutturalmente l’illecito e a integrarne il tratto caratterizzante.
Significativamente le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 13145 del 27 aprile 2022, hanno affermato in tema di ‘agevolazione prima casa’ che ‘ la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta, quanto all’IVA, dall’art. 33 del d.lgs. n. 175 del 2014, non ha inciso retroattivamente e l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l’oggetto, è rimasta immutata; ne consegue che non si è verificata alcuna abolitio criminis” .
Le argomentazioni dimesse dal Supremo Consesso in riferimento al beneficio ‘prima casa’ sono mutuabili, per identità di ratio , in relazione al diverso beneficio fiscale dell’imposta di registro sugli immobili ‘non di lusso’.
In tema di IVA, con l’art. 10, comma 5, del Dlgs n. 23 del 2011 (in vigore dal 1° gennaio 2014) si compendia alla stregua di un intervento normativo di semplificazione, che ha allacciato l’applicazione dell’aliquota agevolata al dato negativo della mera non riconducibilità dell’immobile di riferimento entro le categorie catastali A/1 (immobile signorile), A/8 (villa) e A/9 (castello), a prescindere (da allora in poi) dalle concrete caratteristiche del bene.
In un secondo tempo, peraltro, con l’art. 33 D.Lgs. n. 175 del 2014, il legislatore -che dapprincipio aveva trascurato di occuparsi anche dell’imposta di registro, per la quale l’aliquota agevolata del 4% (Tabella A, Parte II, allegata al d.P.R. n. 633/72), continuava a poggiare sull’invariato riferimento alle caratteristiche di ‘lussuosità’ tratteggiate dal D.M. del 1969 -ha proceduto al riallineamento fra la disciplina dell’IVA e quella dell’imposta di registro, ancorando anche le agevolazioni fiscali correlate a quest’ultima al solo dato catastale, al netto di riferimenti al metraggio complessivo e alla superficie utile degli immobili.
Con riferimento ad ambedue le imposte, a venire in rilievo è, pertanto, l’essenza della trama argomentativa che connota la su richiamata sentenza delle Sezioni Unite, a tenore della quale le disposizioni che identificano le case ‘di lusso’ in base alla sola categoria catastale non hanno comportato un fenomeno di ‘ abolitio criminis ‘, di talché le sanzioni irrogate in relazione agli atti anteriori al 2014 rimangono efficaci. D’altronde, la circostanza che il mendacio del contribuente sia caduto su un elemento -quello dell’estensione della superficie utile dell’immobile ormai estraneo alla fattispecie agevolativa non sovverte un aspetto assorbente, quello per cui il comportamento sanzionato dal legislatore rimane la dichiarazione falsa circa i presupposti per l’agevolazione, cioè, nel caso di specie, circa le caratteristiche dell’immobile.
Ciò che è mutato dal 2014 non è, in altri termini, l’oggetto della dichiarazione, che investe a oggi come allora le caratteristiche non di lusso dell’immobile; ad essere cambiati sono, piuttosto, esclusivamente i presupposti dell’agevolazione, ossia i parametri che consentono di stabilire quando un immobile è o non è di lusso. La struttura dell’illecito resta, in definitiva, pur sempre incardinata sulla dichiarazione mendace. È quest’ultima ad assurgere a presupposto per la revoca dell’agevolazione, quindi anche per l’irrogazione della sanzione amministrativa. La ‘fisionomia’
dell’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l’oggetto, è rimasta, in ultima analisi, immutata.
Anche questa seconda censura, pertanto, va disattesa.
Conseguentemente il ricorso va rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza e liquidate nella misura esplicitata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.900,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19/11/2024.