Vizio di motivazione: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 30798/2024, ha offerto un importante chiarimento sui limiti del ricorso basato sul vizio di motivazione. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale della procedura penale: il sindacato della Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità del percorso argomentativo seguito dai giudici precedenti.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un presunto vizio di motivazione, sostenendo l’illogicità del ragionamento che aveva portato alla sua dichiarazione di responsabilità. L’obiettivo del ricorso era, in sostanza, ottenere una nuova valutazione delle prove e delle affermazioni contenute nel provvedimento impugnato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha stabilito che le doglianze del ricorrente non rientravano nei confini del vizio di motivazione censurabile in sede di legittimità, come definito dall’articolo 606, comma 1, lettera e) del codice di procedura penale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione e il perimetro del vizio di motivazione
Il cuore della decisione risiede nella precisa definizione del vizio di motivazione che può essere fatto valere davanti alla Suprema Corte. I giudici hanno ribadito che il vizio rilevante è solo quello che emerge da un palese contrasto tra lo sviluppo argomentativo della sentenza e le massime di esperienza, oppure da contraddizioni interne al provvedimento stesso. Non è sufficiente, quindi, che la difesa proponga una diversa lettura delle prove o contesti semplicemente l’interpretazione dei fatti data dal giudice di merito.
Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sentenza Petrella, n. 47289/2003), la Corte ha ricordato che il suo compito è circoscritto. Deve limitarsi a verificare l’esistenza di un “logico apparato argomentativo”, senza poter entrare nel merito della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In altre parole, la Cassazione non può controllare se il giudice abbia “scelto bene” tra le diverse prove, ma solo se ha giustificato la sua scelta in modo coerente e non palesemente illogico. Nel caso specifico, la motivazione della sentenza della Corte d’Appello è stata ritenuta priva di tali vizi, rendendo il ricorso un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio sui fatti.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame rappresenta un monito fondamentale per chi intende presentare ricorso per Cassazione. Dimostra che un’impugnazione non può basarsi su una generica contestazione della valutazione del giudice, ma deve individuare un errore logico manifesto e specifico all’interno della sentenza. Proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, per quanto plausibile, non è sufficiente per superare il vaglio di ammissibilità.
Le conseguenze di un ricorso inammissibile non sono solo procedurali, ma anche economiche. La condanna al pagamento delle spese e della sanzione a favore della Cassa delle ammende serve a disincentivare impugnazioni meramente dilatorie o prive di fondamento giuridico, tutelando l’efficienza del sistema giudiziario e riservando l’accesso al supremo organo di giustizia ai soli casi in cui si lamentano reali violazioni di legge o difetti logici evidenti.
Cos’è il vizio di motivazione rilevante per la Corte di Cassazione?
È un difetto che emerge dal contrasto palese del ragionamento del giudice con le massime di esperienza o con altre affermazioni contenute nella stessa sentenza. Non consiste in una semplice divergenza di opinioni sulla valutazione delle prove.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o verificare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Il suo compito è limitato a controllare l’esistenza di un apparato argomentativo logico e coerente nella sentenza impugnata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30798 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30798 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta violazione di legge e la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando l’illogicità della motivazione, è manifestamente infondato poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento;
che, invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074);
che la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pagg. 4-5) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 giugno 2024.