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Violenza sulle cose: quando scatta l’aggravante

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per furto aggravato, chiarendo che l’aggravante della violenza sulle cose sussiste anche in presenza di danni a una porta, come solchi e segni profondi, che richiedano un intervento di ripristino per ripristinarne la funzionalità. Il ricorso dell’imputato, che contestava tale aggravante, è stato dichiarato inammissibile in quanto le prove fotografiche dimostravano in modo inequivocabile la necessità di una riparazione.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Violenza sulle Cose: Quando il Danno a una Porta Aggrava il Reato di Furto

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su un tema ricorrente nel diritto penale: la configurabilità dell’aggravante della violenza sulle cose. Spesso si tende a pensare che tale circostanza richieda una distruzione plateale dell’oggetto, ma i giudici supremi ribadiscono un principio più rigoroso. Anche un danneggiamento che non compromette totalmente la struttura di un bene, come una porta, può integrare l’aggravante se ne richiede il ripristino. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Il procedimento ha origine da una condanna per furto in abitazione, aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 2, del codice penale. L’imputato, dopo la conferma della pena in Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava proprio l’applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose. Secondo la difesa, il danneggiamento arrecato alla porta d’ingresso durante il tentativo di furto non era sufficientemente grave da giustificare un aumento di pena.

L’Aggravante della Violenza sulle Cose nel Diritto Penale

Prima di esaminare la decisione della Corte, è utile definire cosa intende la legge per violenza sulle cose. Questa aggravante si configura ogni volta che, per commettere il reato, il soggetto utilizza energia fisica su un bene mobile o immobile, provocandone:

* La rottura o il guasto;
* Il danneggiamento;
* La trasformazione o il mutamento di destinazione;
* Il distacco di una componente essenziale.

L’elemento cruciale, come sottolineato dalla giurisprudenza costante, è che tale azione renda necessaria un’attività di ripristino per restituire al bene la sua funzionalità originaria. Non è quindi una questione di mera forzatura, ma di un’alterazione tangibile dell’oggetto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come l’imputato si fosse limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza evidenziare un vero e proprio vizio di legittimità della sentenza impugnata.

Nel merito, la Corte ha validato pienamente il ragionamento dei giudici di secondo grado. La sentenza d’appello aveva correttamente valorizzato il materiale fotografico presente agli atti, dal quale emergeva in modo chiaro l’esistenza di “segni plurimi e profondi in corrispondenza della serratura e nella parte bassa della porta”. Questi danni, descritti come “grandi solchi”, erano tali da intaccare il portone d’ingresso in più punti, rendendo oggettivamente necessaria un’attività di riparazione.

Secondo la Suprema Corte, la valutazione del materiale istruttorio è stata coerente e ha permesso di accertare, senza ombra di dubbio, la piena sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose. Il danno non era superficiale, ma incideva sulla funzionalità e sull’integrità del bene.

Le Conclusioni

La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: per integrare l’aggravante della violenza sulle cose non è richiesta la distruzione del bene. È sufficiente un danneggiamento che vada oltre il semplice sforzo fisico necessario a superare le difese passive e che imponga un’attività di ripristino. Solchi, graffi profondi e segni di forzatura su una porta, se documentati e tali da richiedere una riparazione, sono elementi più che sufficienti per giustificare un aggravamento della pena. Questa interpretazione estende la tutela del patrimonio, punendo più severamente non solo chi distrugge, ma anche chi danneggia in modo significativo i beni altrui per commettere un reato.

Quando un danno a una porta costituisce l’aggravante di ‘violenza sulle cose’?
Secondo la Corte, l’aggravante si configura quando il danno, come solchi e segni profondi, è tale da richiedere un’attività di ripristino per restituire al bene la sua piena funzionalità, anche senza una distruzione completa.

È sufficiente forzare una serratura per configurare la violenza sulle cose?
La sentenza chiarisce che l’aggravante sussiste quando si usa energia fisica che provoca rottura, guasto o danneggiamento. Nel caso di specie, ‘segni plurimi e profondi’ e ‘grandi solchi’ sono stati ritenuti prova sufficiente di una tale violenza, che va oltre la semplice manipolazione.

Cosa accade se un ricorso in Cassazione ripropone le stesse argomentazioni dell’appello?
Se il ricorso si limita a reiterare doglianze già esaminate e correttamente respinte in appello, senza individuare specifici vizi di legittimità (cioè errori di diritto), viene dichiarato inammissibile, come è successo in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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