Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28902 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28902 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sulla richiesta ex art. 628 bis cod. proc. pen. proposta da:
NOME NOME nato a NISCEMI il 04/01/1953
avverso la sentenza del 14/11/2017 della CORTE DI CASSAZIONE di Roma Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la revoca della sentenza di questa Corte e per l’annullamento con rinvio della sentenza della Corte di assise di appello di Catania letta la memoria dei difensori che hanno insistito per l’accogimento dei motivi della richiesta.
RITENUTO IN FATTO
La Corte EDU, con sentenza del 6 febbraio 2025, sul ricorso di NOME COGNOME avverso la condanna patita in via definitiva con la sentenza di questa Corte di cassazione, prima sezione, del 14 novembre 2017, dep. 2018, n. 26390, riteneva violat o il disposto dell’art. 6 della Convenzione, con il conseguente versamento di una somma di denaro da parte dello Stato italiano all’Arcerito medesimo.
A seguito di tale pronuncia, COGNOME, rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME avanzava richiesta volta all’eliminazione degli
effetti pregiudizievoli della decisione indicata perché, appunto, presa in violazione dell’art. 6 della convenzione EDU.
2.1. Nella richiesta si premetteva che NOME era stato assolto in prime cure (con sentenza della Corte di assise di Siracusa del 19 marzo 2015) per il delitto di omicidio consumato ai danni di NOME COGNOME il 6 novembre 1996 e che invece, in appello, di tale reato era stato ritenuto colpevole (con sentenza della Corte di assise di appello di Catania del 26 giugno 2016) senza che fosse stata rinnovata l’istruttoria dibattimentale, procedendo alla nuova escussione delle fonti dichiarative ritenute decisive ai fini della riforma della senza assolutoria.
Per la stessa ragione COGNOME a mezzo del suo difensore, aveva proposto ricorso per cassazione, ricorso che era stato rigettato con la sentenza della Prima sezione a cui si è fatto riferimento.
2.2. L’iter processuale di merito veniva ancor meglio dettagliato dal richiedente.
La Corte di assise di Siracusa l’aveva dichiarato colpevole del solo delitto di partecipazione, dal 1996 al 1999, ad una associazione mafiosa (il clan COGNOME) e, per questo, l’aveva condannato alla pena di anni 6 di reclusione.
La Corte siracusana l’aveva assolto dall’accusa di avere concorso, come mandante, al delitto di omicidio premeditato consumato ai danni di NOME COGNOME il 6 novembre 1996, non avendo rinvenuto elementi di riscontro esterni alle dichiarazioni di accusa del collaboratore di giustizia NOME COGNOME (in particolare nelle propalazioni degli altri collaboranti, NOME COGNOME e NOME COGNOME).
Il pubblico ministero aveva proposto appello e la Corte di assise di appello di Catania aveva, invece, concluso, sulla base di una più completa lettura (così aveva affermato la Corte medesima) dei contributi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME che tali fonti dichiarative costituissero un valido riscontro a quanto riferito da COGNOME.
2.2.1. Una ricostruzione, quella della Corte d’assise di appello, che nella richiesta non si condivideva.
Si ricordava, infatti, che NOME, anni prima, era stato indagato per il medesimo fatto di sangue ma anche che la sua posizione era stata archiviata.
Riaperte le indagini, ritenuto che COGNOME rivestisse un ruolo di vertice nel clan COGNOME insediato nella città di Niscemi, lo si era accusato anche dell’omicidio COGNOME, qual mandante per avere egli partecipato ad alcune riunioni che l’avevano preceduto.
Il solo collaborante COGNOME però l’aveva espressamente indicato come uno di coloro che aveva deciso l’azione omicidiaria. Gli altri collaboranti, infatti, ed in particolare COGNOME e COGNOME, l’avevano solo dato come presente alle riunioni in cui se ne era discusso senza però riferire che egli avesse personalmente dato il suo assenso.
Ancorchè entrambi avessero anche precisato come COGNOME rivestisse, all’epoca, un ruolo di vertice proprio in quel gruppo malavitoso di Niscemi nel cui interesse era stato decisa l’eliminazione del COGNOME.
Né si erano acquisiti ulteriori elementi di prova dagli altri collaboratori di giustizia escussi nel processo:
il coimputato, divenuto collaborante, NOME COGNOME non aveva citato il prevenuto fra i mandanti dell’omicidio e non gli risultava neppure che questi fosse stato presente nelle riunioni in cui se ne era discusso;
–NOME COGNOME l’aveva indicato come presente alle riunioni in cui si era deciso l’omicidio ma non l’aveva inserito nel novero dei mandanti;
COGNOME e COGNOME avevano solo fatto riferimento al suo ruolo apicale e decisionale all’interno della cosca;
COGNOME non ne aveva riferito la presenza nella riunione in cui si era deliberato l’omicidio.
Era pertanto conseguente a tale quadro probatorio, si afferma nella richiesta che, la Corte di assise di Siracusa aveva assolto COGNOME dall’omicidio COGNOME, restando a suo carico le sole dichiarazioni d’accusa COGNOME.
2.2.2. Si ricorda, ancora, nella richiesta che, invece, la Corte di assise di appello, in accoglimento del gravame proposto dalla pubblica accusa, aveva dichiarato Arcerito colpevole (anche) dell’omicidio COGNOME sulla base delle medesime prove dichiarative già assunte in prime cure, che aveva ritenuto di non dover rinnovare, posto che il diverso esito decisorio era determinato non da una differente valutazione delle stesse (e quindi da un diverso giudizio circa la loro attendibilità) ma da una lettura ‘completa’ delle stesse, lettura che il primo giudice aveva solo parzialmente effettuato.
In particolare, la Corte d’appello aveva considerato come la riferita presenza di Arcerito alle riunioni in cui si era discusso dell’omicidio, unita al ruolo di vertice ricoperto in quella stessa consorteria -circostanze riferite dal collaborante COGNOME ma anche dal Giugno -costituissero un chiaro riscontro alla chiamata in correità del COGNOME.
Ne era pertanto discesa la riforma della sentenza assolutoria.
2.2.3. Riforma che -si ricorda nella richiesta – veniva fatta oggetto di motivi di ricorso volti, anche (per quel che qui interessa), a rilevare il vizio derivante dalla diversa valutazione delle prove dichiarative senza che le stesse fossero state rinnov ate davanti alla Corte d’appello.
La Prima sezione con la sentenza già citata aveva rigettato il ricorso affermando che la Corte d’appello aveva correttamente proceduto alla riforma della sentenza di assoluzione sulla base di una più completa lettura e considerazione del complessivo dato probatorio, verifica che il primo giudice aveva, almeno in parte, omesso.
Così che non essendo intaccato il giudizio di attendibilità dei collaboratori di giustizia, non si era resa necessaria la riapertura dell’istruttoria dibattimentale.
2.3. Nella richiesta si passava poi all’esame della sentenza della Corte EDU.
Nel ricorso alla stessa si era, ancora, lamentato il fatto che i giudici nazionali erano pervenuti alla riforma della sentenza assolutoria di prime cure, per l’omicidio COGNOME senza rinnovare l’escussione di quei collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni erano state ritenute decisive per la condanna del prevenuto.
La Corte EDU aveva chiarito che i principi di oralità ed immediatezza dovevano trovare applicazione anche nella fase di appello, quando si impugni una sentenza assolutoria, dovendosi comunque tutelare i diritti della difesa anche a cospetto delle esigenze di efficienza e ragionevole durata del processo e, ricordando la propria giurisprudenza, aveva nuovamente affermato che il giudice del gravame che intenda riformare una sentenza assolutoria è gravato dall’onere di riassumere davanti a sé la prova che sia ritenuta decisiva.
La Corte aveva pertanto concluso che la sentenza pronunciata dalla Corte di assise di appello di Catania era stata pronunciata in violazione del dettato dell’art. 6 CEDU e che tale violazione aveva effettivamente inciso sull’esito del processo.
2.4. Il ricorrente osservava come il riconosciuto risarcimento non potesse costituire l’unico ristoro alla violazione accertata dalla Corte EDU, dovendosi comunque elidere le conseguenze negative, per l’Arcerito, promananti dal giudicato che si era formato.
Dovendosi riportare il ricorrente ad una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se la norma della Convenzione non fosse stata violata.
2.5. La richiesta conclude chiedendo che questa Corte voglia:
dichiarare ammissibile la richiesta medesima;
disporre la scarcerazione di COGNOME avendo egli già scontato la pena di anni sei di reclusione inflittagli dalla Corte di assise di Siracusa per il delitto associativo
in applicazione del disposto dell’art. 628 bis cod. proc. pen. in cui si consente alla Corte di cassazione di sospendere l’esecuzione della pena se ne ricorrano i presupposti;
-annullare senza rinvio la sentenza della Corte d’appello considerando l’inattendibilità, anche per il decorso del tempo, di una nuova assunzione ed esame degli elementi di prova;
in subordine, annullare con rinvio la detta sentenza
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio al fine di sanare il vizio rilevato dalla Corte EDU, la mancata escussione del collaborante NOME COGNOME
Il difensore del prevenuto ha inviato memoria con la quale ha invece chiesto sollecitato la rinnovazione integrale dell’istruttoria dibattimentale, qualora il giudice del rinvio intendesse procedere alla riforma della sentenza di prime cure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La richiesta avanzata dalla difesa di COGNOME ai sensi e per gli effetti dell’art. 628 bis cod. proc. pen., è fondata, nei limiti che si preciseranno, ed il suo accoglimento comporta la revoca della sentenza della Prima sezione di questa Corte e l’annull amento con rinvio della sentenza della Corte di assise di appello di Catania.
L’art. 628 bis, l’unico presente nel titolo III bis del libro nono del codice di rito (con la rubrica: ‘ Rimedi per l’esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo ‘), entrambi (titolo e articolo) inseriti nell’ordinamento dall’art. 36, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a partire dal 30 dicembre 2022, prevede la ‘ richiesta per l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o dei Protocolli addizionali ‘.
Su tale richiesta, si legge nel comma 4: ‘ la Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 611. Se ne ricorrono i presupposti, la corte dispone la sospensione dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza ai sensi dell’articolo 635 . ‘
E circa il contenuto della decisione della Corte di cassazione, al comma 5 si legge che: ‘ Fuori dei casi di inammissibilità, la Corte di cassazione accoglie la richiesta quando la violazione accertata dalla Corte europea, per natura e gravità,
ha avuto una incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto penale di condanna pronunciati nei confronti del richiedente. Se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto o comunque risulta superfluo il rinvio, la Corte assume i provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, disponendo, ove occorra, la revoca della sentenza o del decreto penale di condanna. Altrimenti trasmette gli atti al giudice dell’esecuzione o dispone la riapertura del processo nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione e stabilisce se e in quale parte conservano efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi. ‘
1.1. L’art. 628 bis prevede pertanto che questa Corte superato il vaglio di eventuale inammissibilità della richiesta (qualora difetti dei requisiti fissati nel secondo comma dell’articolo) accolga la richiesta nel solo caso in cui la violazione accertata dalla Corte EDU abbia avuto una incidenza effettiva sulla sentenza pronunciata nei confronti del richiedente.
Nel caso in cui si accerti tale effettiva incidenza, questa Corte deve assumere i necessari provvedimenti, innanzitutto revocando la sentenza della medesima Corte di cassazione e, disponendo poi, qualora si rivelasse necessario (per rimuove gli effetti pregiudizievoli del giudicato nazionale), la riapertura del processo (lo si ripete) ‘ nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione ‘ e, inoltre, ‘ stabilisce se e in quale parte conservano efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi ‘.
2.2. Sull’applicazione dell’art. 628 bis cod. proc. pen. sono già stati fissati, da questa Corte, alcuni principi di diritto (che questo Collegio condivide).
Si è detto che:
è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 628-bis, comma 4, cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 3, 111 e 117 Cost., nella parte in cui, disponendo che la richiesta per l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli della decisione sia trattata in camera di consiglio, non prevede che le parti possano discutere oralmente dinanzi alla Corte di cassazione (Sez. 5, n. 47183 del 12/10/2023, K., Rv. 285398 -01);
la richiesta per l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni, di cui all’art. 628-bis cod. proc. pen., può essere presentata dall’interessato o da un suo procuratore speciale (con la sentenza da ultimo citata Rv. 285398 -02);
in tema di rimedi per l’esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, la Corte di cassazione, accertata l’effettiva incidenza della violazione convenzionale sul provvedimento censurato, può disporre la riapertura del processo nei casi e nei modi indicati dall’art. 628-bis, comma 5, cod. proc.
pen., anche nel caso in cui la Corte EDU abbia già riconosciuto all’interessato un equo indennizzo, ovvero non abbia indicato detta riapertura quale rimedio alle violazioni accertate (con la sentenza da ultimo citata Rv. 285398 -06);
in tema di rimedi per l’esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’accoglimento dalla richiesta presentata ai sensi dell’art. 628-bis cod. proc. pen. impone al giudice del rinvio la rivisitazione del giudicato negli stretti limiti entro cui è stata accertata la violazione del precetto convenzionale, essendo precluso ogni diverso ed ulteriore intervento sulla precedente decisione. (Sez. 1, n. 13512 del 23/01/2025, K, Rv. 287830 -01 in una fattispecie, la medesima della sentenza della sezione quinta sopra più volte citata, proposta a seguito dell’effettuato giudizio di rinvio, relativa a rigetto del ricorso avverso la sentenza del giudice del rinvio che, a seguito della accertata violazione di diritti riconosciuti dalla Convenzione nelle modalità con cui le autorità inquirenti avevano acquisito una dichiarazione calunniosa, aveva fondato la nuova condanna su altre dichiarazioni del medesimo tenore, già acquisite al processo e non oggetto di censura della Corte EDU).
Alla luce del disposto dell’art. 628 bis e della formulazione dei riportati principi di diritto, si osserva quanto appresso.
La richiesta avanzata per conto di NOME COGNOME ai sensi e per gli effetti dell’art. 628 bis cod. proc. pen. è ammissibile perché proposta dal procuratore speciale Avv. COGNOME nel termine previsto dal secondo comma, i novanta giorni dalla definitività della sentenza della Corte EDU.
L’udienza di discussione del ricorso si è regolarmente svolta in camera di consiglio ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. (ed i difensori non hanno eccepito rispetto al provvedimento di reiezione della loro istanza di trattazione del ricorso in presenza).
La Corte EDU, nella sentenza che ha dato luogo alla richiesta della difesa ha dichiarato la violazione dell’art. 6 della Convenzione in relazione ad un elemento di prova che si deve ritenere decisivo ai fini della sentenza della Prima sezione di questa Corte (ed ancor prima della decisione della Corte di assise di appello di Catania), costituendo il necessario riscontro esterno alle propalazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME
2.1. La Corte EDU, infatti, nella sentenza del 6 febbraio 2025, Arcerito c. Italia, aveva ravvisato la violazione dell’art. 6 della Convenzione con la seguente motivazione.
‘ 9. Il ricorrente contesta alla corte d’assise d’appello di avere ribaltato la decisione di assoluzione sulla base di una interpretazione diversa delle
dichiarazioni rese in primo grado dal coimputato NOME.E. (deve intendersi: COGNOME NOME) e dal collaboratore di giustizia NOMECOGNOME (deve intendersi: COGNOME NOME) , che la corte d’assise aveva considerato insufficienti per confermare le dichiarazioni accusatorie di P.A. (deve intendersi: COGNOME NOME) , senza sentirli direttamente.
Il Governo afferma che, nel caso di specie, il ribaltamento della decisione di assoluzione non è fondato su una valutazione diversa della credibilità dei testimoni, ma sul fatto che il giudice di appello ha tenuto conto di una parte delle dichiarazioni che la corte d’assise aveva omesso di considerare.
Constatando che questa doglianza non è manifestamente infondata né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all’articolo 35 della Convenzione, la Corte la dichiara ricevibile.
La Corte rinvia ai principi generali che disciplinano le modalità di applicazione dell’articolo 6 della Convenzione ai procedimenti di appello, così come richiamati in molte sentenze (Dan c. Moldavia, n. 8999/07, § 30, 5 luglio 2011, RAGIONE_SOCIALE, n. 63446/13, §§ 26-28, 29 giugno 2017, COGNOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nn. 15931/15 e 16459/15, §§ 28-30, 25 marzo 2021, e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nn. 20903/15 e altri 3, § 39, 8 luglio 2021).
Essa osserva che la corte d’assise d’appello di Catania ha riconosciuto il ricorrente colpevole dell’omicidio di C.A. (deve intendersi: COGNOME NOME) , e ha basato la sua decisione in maniera determinante sul resoconto delle dichiarazioni di C.E. Ora, per la corte di assise, le dichiarazioni di tale testimone erano insufficienti per fondare un verdetto di colpevolezza, in quanto tale corte aveva considerato che esse dimostravano il ruolo decisionale del ricorrente all’interno dell’organizzazione, ma non la sua partecipazione alla decisione di assassinare NOME
Di conseguenza, il ricorrente è stato riconosciuto colpevole sulla base di tali testimonianze, la cui interpretazione da parte dei primi giudici aveva portato a dubitare della fondatezza dell’accusa mossa nei confronti del ricorrente (Găitănaru c. Romania, n. 26082/05, § 32, 26 giugno 2012).
Sebbene l’accusa fosse fondata anche sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOMECOGNOME, che la corte d’assise non aveva preso in considerazione, è soprattutto sulla base di una nuova interpretazione della testimonianza di NOME.E. che la corte d’assise d’appello ha riconosciuto il ricorrente colpevole. La Corte ritiene, di conseguenza, che la suddetta testimonianza sia stata determinante per fondare la condanna del ricorrente in appello.
Emettendo un verdetto di colpevolezza senza aver sentito tale testimone, la corte d’assise d’appello ha dunque pregiudicato in maniera significativa i diritti della difesa.
Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. ‘
Da tale inequivoca motivazione, deve dedursi che la violazione dell’art. 6 della Convenzione era stata ricollegata, dalla Corte EDU, alla mancata rinnovazione dell’escussione del collaboratore di giustizia NOME COGNOME pur se vi è cenno anche alle prop alazioni dell’ulteriore collaboratore di giustizia NOME COGNOME
2.2. La rimozione degli effetti sfavorevoli del giudicato, sull’omicidio COGNOME, a carico dell’Arcerito certo non può essere affidata al mero risarcimento del danno disposto dalla Corte sovranazionale, avendo questi riportato, per tale titolo di reato, la condanna alla pena dell’ergastolo sulla base di un compendio probatorio la cui rivisitazione potrebbe, invece, condurre ad un esito assolutorio.
Oltre alla dovuta revoca della sentenza della Prima sezione, pertanto, si deve dar lugo anche all’annullamento della sentenza della Corte di assise di appello di Catania per procedere alla rinnovazione di quella parte di istruttoria dibattimentale che ha costituito la ragione della decisione della Corte di Strasburgo.
Così che il disposto annullamento non potrà certo essere senza rinvio, come invocato in principalità dalla difesa, posto che l’attendibilità dei ricordi dei propalanti dovrà comunque essere saggiata dal giudice del merito e certo non può essere previamente esclusa da questa Corte di legittimità.
2.3. Il perimetro di tale rinnovazione dovrà, però, essere circoscritto alla violazione della norma convenzionale accertata (si veda anche la sentenza Rv. 287830 -01 sopra citata).
Si dovrà, pertanto, nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio intenda riformare la pronuncia assolutoria della Corte di assise di Siracusa, rinnovare l’escussione di NOME COGNOME A questa, in considerazione di quanto rilevato dalla motivazione della Corte EDU, dovrà aggiungersi la nuova escussione anche di NOME COGNOME qualora il giudice del rinvio ne dovesse ritenere rilevante il propalato.
Tutti gli ulteriori elementi di prova già acquisiti agli atti, ivi comprese le dichiarazioni rilasciate dagli altri collaboratori di giustizia, testimoni ed imputati del medesimo reato o di reato connesso, non essendo state in alcun modo menzionate nella parte valutativa della sentenza della Corte EDU, non debbono essere necessariamente rinnovati (sempre nella prospettiva della riforma della sentenza di prime cure).
Resta, da ultimo, l’istanza, unita alla richiesta della difesa, di sospendere l’esecuzione della pena riportata dall’Arcerito per l’omicidio del COGNOME.
L’art. 628 bis cod. proc. pen. prevede, infatti, al comma 3, che:
Sulla richiesta la Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 611. Se ne ricorrono i presupposti, la corte dispone la sospensione dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza ai sensi dell’articolo 635.
L’art. 635 del codice di rito, a cui l’art. 628 bis rinvia, inserito nel ‘giudizio di revisione’, ha il seguente tenore:
‘ 1. La corte di appello può in qualunque momento disporre, con ordinanza, la sospensione dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, applicando, se del caso, una delle misure coercitive previste dagli articoli 281, 282, 283 e 284. In ogni caso di inosservanza della misura, la corte di appello revoca l’ordinanza e dispone che riprenda l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
Contro l’ordinanza che decide sulla sospensione dell’esecuzione, sull’applicazione delle misure coercitive e sulla revoca, possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero e il condannato. ‘
Un rinvio, quello dell’art. 628 bis all’art. 635, invero piuttosto problematico.
Se l’art. 635, infatti, consente al giudice che procede, in quel caso la Corte d’appello, di contemperare la sospensione dell’esecuzione della pena con l’applicazione di altre misure coercitive (fino agli arresti domiciliari previsti dall’art. 284 cod. proc. pen.), con provvedimento impugnabile davanti a questa Corte, ciò non può considerarsi consentito a questa Corte sia perché l’emissione di tale provvedimento non rientra nella competenza di legittimità sia perché non vi sarebbe un giudice superiore a dec idere sull’impugnazione del medesimo (in violazione anche dell’art. 111 Cost.).
Così che a questa Corte resta la sola possibilità di sospendere l’esecuzione della pena, senza alcun contemperamento.
3.1. E, tuttavia, nel caso di specie, risulta emesso nei confronti dell’Arcerito un ordine di esecuzione che non comprende le sole pene irrogate nel processo oggi sottoposto a verifica e, in parte, annullato.
Al delitto associativo (la cui condanna resta definitiva) ed al reato di omicidio qui giudicati si era aggiunta la condanna per un ulteriore delitto associativo (sempre ex art. 416 bis cod. pen., consumato dal dicembre 2002 al luglio 2011), condanna pronunciata dal Tribunale di Caltagirone il 21 luglio 2020, confermata dalla Corte di appello di Catania il 25 ottobre 2023, divenuta definitiva il 31 ottobre 2024.
Pena anch’essa, come nel caso del primo delitto associativo, aggiunta in continuazione a quella relativa all’omicidio COGNOME.
Così che, allo stato, per addivenire alla sospensione della sola pena relativa all’omicidio COGNOME, questa Corte dovrebbe non solo individuare la stessa ma
anche la pena residua onde consentire l’invocato, dalla difesa, provvedimento di concreta scarcerazione.
Scarcerazione che certo potrà, e dovrà, essere ordinata in sede di rinvio dal momento in cui, sciolto in parte qua il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti dell’11 novembre 2024 della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catania, dovesse risultare che COGNOME ha già scontato le pene per i ricordati delitti associativi.
P.Q.M.
Revoca la sentenza della Corte di cassazione, sezione prima, n. 26390 del 14/11/2017, ed annulla la sentenza della Corte di assise di appello di Catania, emessa in data 20/06/2016, limitatamente al delitto di omicidio pluriaggravato, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Catania.
Non ravvisandosene gli estremi, non dispone la sospensione dell’esecuzione della pena ai sensi dell’art. 628 bis, comma 4, cod. proc. pen.
Così deciso, in Roma l’8 luglio 2025.