Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26502 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26502 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il 13/04/1996
avverso l’ordinanza del 03/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di TRIESTE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Trieste, quale giudice dell’appello cautelare, con la ordinanza impugnata ha rigettato la impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza che, ai sensi dell’art.276 comma 1 ter cod. proc. pen. aveva sostituito la misura degli arresti domiciliari, originariamente imposta dal giudice della cautela, in attesa di applicazione del controllo mediante apparecchiatura elettronica a distanza, con quella della custodia in carcere. Osservava il giudice dell’appello che l’OKIC era stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori e che in data 4 novembre 2024 risultava essersene allontanato; che già in sede precautelare, allorquando l’OKIC era stato temporaneamente collocato presso il domicilio dei genitori su iniziativa del Pubblico Ministero in attesa della convalida dell’arresto avvenuto per detenzione e spaccio di sostanza stupefacente, l’OKIC si era reso responsabile (rispettivamente in data 26 e 27 ottobre 2024) di due ulteriori accertati allontanamenti dal domicilio, di talchè emergeva una personalità trasgressiva alle prescrizioni inerenti alla restrizione domiciliare, così da potersi ritenere che la violazione non poteva ritenersi lieve.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di RAGIONE_SOCIALE proponendo un unico motivo con cui assume una incolpevole condizione di inconsapevolezza da parte dell’indagato sul contenuto delle prescrizioni inerenti agli obblighi domiciliari, atteso che egli era in attesa che gli venissero applicati i dispositivi elettronici di controllo e che solo all’esito di ta procedura la sua condizione sarebbe stata quella di sottoposizione agli arresti domicíliari con controllo elettronico, procedura che era subordinata all’esistenza di apparecchiature disponibili. Nell’attesa, in effetti, egli riteneva di non esser tenuto a rispettare specifiche prescrizioni ma di trovarsi in una situazione che necessitava di essere stabilizzata e, quindi, non soggetto alle prescrizioni di cui all’art.284 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTTO
1.11 ricorso è inammissibile in quanto del tutto assertivo e privo di confronto con il provvedimento impugnato.
2. L’obbligo di non allontanarsi dal luogo in cui il cautelato è collocato, con o senza i dispositivi di controllo a distanza, costituisce l’elemento fondante la
misura cautelare in oggetto, laddove tutte le ulteriori prescrizioni relative al divieto di comunicazione, e alle facoltà di essere ammesso a allontanarsi,
durante la giornata, dal domicilio per soddisfare esigenze lavorative o private, risultano del tutto eventuali. Nessun errore scusabile, incidente sulla
rappresentazione degli obblighi connessi alla misura cautelare, è pertanto riconducibile alla condotta del ricorrente il quale, già nella fase precautelare,
aveva manifestato totale resistenza a rispettare gli obblighi connessi alla misura;
né vale obiettare che il ricorrente avrebbe dovuto essere custodito in carcere, in attesa di essere sottoposto alla misura domiciliare con controllo elettronico,
atteso che da un lato non si comprende l’interesse del ricorrente a prospettare una soluzione che poi è stata quella definitivamente adottata nel presente
incidente cautelare e dall’altro nessun errore incolpevole può essere riconosciuto in capo all’OKIC, considerato che ricorre continuità tra la misura precautelare
disposta nei confronti dell’OKIC su iniziativa dell’ufficio della procura (essa stessa disattesa in due occasioni), rispetto all’editto cautelare che confermava appunto la misura degli arresti domiciliari.
2.1. Correttamente poi il provvedimento impugnato ha ritenuto che la violazione della prescrizione concernente il divieto di allontanamento dal luogo di esecuzione della misura non può ritenersi, ai sensi dell’art. 276 comma 1 ter cod. proc. pen. di lieve entità, sia in quanto del tutto immotivato e privo di giustificazione, sia perché reiterato in un brevissimo arco temporale.
Alla pronuncia dì inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo a favore della Cassa dell’Ammende non ravvisandosi ragioni di esonero di responsabilità. Seguono da dispositivo le statuizioni conseguenti
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94 comma i ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 2tmaggio 2025