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Vantaggio di gruppo: non salva dalla bancarotta

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di un amministratore che aveva distratto fondi societari per un’operazione infragruppo. La difesa basata sul presunto “vantaggio di gruppo” è stata respinta perché non supportata da prove di benefici concreti e compensativi per la società fallita, la cui liquidità era stata invece depauperata a favore di un’altra entità del gruppo e dei suoi soci.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Vantaggio di gruppo: la Cassazione chiarisce i limiti nella bancarotta

Quando un’operazione economica all’interno di un gruppo di società può essere considerata lecita e quando, invece, integra il reato di bancarotta fraudolenta? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7404/2025, torna sul delicato tema del cosiddetto vantaggio di gruppo, stabilendo principi chiari: un generico beneficio per il gruppo non è sufficiente a giustificare un’operazione che impoverisce una delle società, se non si dimostrano vantaggi compensativi concreti e specifici per quest’ultima.

I Fatti: Un’operazione finanziaria sotto la lente d’ingrandimento

Il caso riguarda la condanna di un amministratore per bancarotta fraudolenta patrimoniale a danno di una S.r.l. operante nel settore tecnologico, dichiarata fallita nel 2008. Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, l’imputato aveva utilizzato una cospicua somma, incassata dalla società fallita per un contratto di fornitura, non per l’attività d’impresa, ma per acquistare le quote di un’altra società appartenente allo stesso gruppo.

In pratica, i fondi destinati alla società A (poi fallita) sono stati usati per comprare la società B, con un meccanismo che ha visto il denaro passare prima ai soci di B e poi essere parzialmente re-investito nella stessa B come conferimento. La difesa ha sostenuto che l’intera operazione rientrava in una più ampia strategia volta a salvaguardare un finanziamento pubblico concesso alla società B, sostenendo che tale manovra avrebbe portato un vantaggio di gruppo complessivo.

La strategia difensiva e il rigetto del ricorso

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, l’errata applicazione della legge penale. La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero valutato l’operazione in modo isolato, senza considerare il contesto del gruppo e la finalità di salvataggio del finanziamento. Si criticava inoltre una valutazione ex post (basata sul fallimento successivo) anziché ex ante, che avrebbe dovuto tenere conto della potenziale idoneità dell’operazione a generare vantaggi compensativi.

La posizione della Cassazione sul vantaggio di gruppo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, cogliendo l’occasione per ribadire la sua consolidata giurisprudenza in materia. I giudici hanno chiarito che la mera appartenenza a un gruppo societario non costituisce uno scudo contro le accuse di bancarotta. La teoria del vantaggio di gruppo non può essere invocata in modo generico e astratto.

Perché un’operazione che depaupera il patrimonio di una società possa essere considerata lecita, è necessario dimostrare l’esistenza di specifici vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti negativi immediati. Non è sufficiente la previsione di un generico vantaggio per il gruppo, ma servono prove concrete che la singola società, pur subendo un danno immediato, avrebbe ricevuto benefici specifici e tangibili tali da neutralizzare il pregiudizio per i suoi creditori.

Le motivazioni

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto la condotta palesemente distrattiva. La somma incassata dalla società fallita per una fornitura è stata immediatamente dirottata per un fine estraneo all’oggetto sociale: l’acquisto di quote di un’altra entità. Questa operazione ha avuto come unico effetto immediato e concreto l’impoverimento del patrimonio della fallita, senza alcuna valida giustificazione economica. L’impiego del denaro per consentire a un’altra società del gruppo di ottenere un finanziamento pubblico non rappresenta un interesse diretto della società fallita. L’operazione, sottolinea la Corte, è risultata vantaggiosa esclusivamente per i soci della società acquirente, che hanno potuto cedere le loro quote, e non per la società che ha subito la perdita di liquidità. Di conseguenza, mancando la prova di un qualsivoglia vantaggio compensativo, l’operazione è stata correttamente qualificata come fraudolenta.

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per gli amministratori di società appartenenti a gruppi. Le operazioni infragruppo sono legittime solo se rispettano l’integrità patrimoniale di ciascuna entità giuridica. Non è possibile sacrificare gli interessi di una società (e dei suoi creditori) in nome di una vaga strategia di gruppo. Ogni operazione potenzialmente dannosa per una singola azienda deve essere bilanciata da vantaggi compensativi reali, specifici e dimostrabili. In assenza di tale equilibrio, il rischio di incorrere nel grave reato di bancarotta fraudolenta è estremamente concreto.

Un’operazione che avvantaggia il gruppo societario può giustificare un danno a una singola società?
No, non automaticamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che un generico “vantaggio di gruppo” non è sufficiente. È necessario dimostrare che la società danneggiata riceva specifici vantaggi compensativi che riequilibrino il pregiudizio subito, tutelando così i suoi creditori.

Cosa si intende per “vantaggi compensativi” concreti?
Si tratta di benefici reali e specifici per la società che subisce il depauperamento, non di vantaggi astratti o indiretti per il gruppo. Devono essere in grado di neutralizzare gli effetti negativi dell’operazione sul patrimonio di quella specifica società. Nel caso esaminato, non è stato ravvisato alcun vantaggio per la società fallita.

La valutazione sulla fraudolenza di un’operazione va fatta ex ante o ex post?
La valutazione deve essere fatta ex ante, cioè basandosi sulle informazioni e sulle prospettive ragionevoli al momento dell’operazione. Tuttavia, anche una valutazione ex ante deve fondarsi sulla previsione di benefici concreti e non su vaghe speranze, altrimenti l’operazione che impoverisce la società senza una valida giustificazione economica resta distrattiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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