Valutazione della Prova: La Cassazione Fissa i Paletti per l’Inammissibilità del Ricorso
L’ordinanza n. 22371 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione, in particolare quando si contesta la valutazione della prova effettuata nei gradi di merito. La decisione sottolinea una distinzione fondamentale nel nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un ‘terzo grado’ dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme questa pronuncia.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava un’erronea gestione del materiale probatorio da parte dei giudici di merito, sostenendo che le prove dichiarative a suo carico fossero state mal interpretate e che questo avesse viziato la decisione finale.
Il Ricorso e la contestata valutazione della prova
Il motivo centrale del ricorso si fondava sulla presunta violazione degli articoli 192 e 546 del codice di procedura penale. L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Corte di Cassazione di riconsiderare le testimonianze e le altre fonti di prova, proponendo una lettura alternativa e a lui più favorevole. L’obiettivo era dimostrare un ‘vizio motivazionale’, ovvero un’argomentazione illogica o carente da parte della Corte d’Appello nella sua valutazione della prova.
La Posizione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno specificato che un ricorso è ‘indeducibile’ quando, dietro l’apparenza di una denuncia di violazione di legge, mira in realtà a ottenere una nuova e diversa analisi delle prove. Questo tipo di richiesta è estranea al ‘sindacato di legittimità’, il cui compito è verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della sentenza impugnata, non di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno direttamente esaminato le prove.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il ricorrente non aveva indicato uno specifico ‘travisamento’ della prova, ovvero un errore percettivo del giudice che legge una cosa e ne capisce un’altra. Al contrario, si era limitato a contrapporre la propria interpretazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, della Corte d’Appello. I giudici di merito, secondo la Cassazione, avevano correttamente valorizzato la testimonianza della persona offesa, ritenendola attendibile perché priva di lacune e contraddizioni. Inoltre, tale testimonianza era corroborata da solidi riscontri esterni: individuazioni fotografiche, accertamenti di polizia e la deposizione convergente di un altro teste. Di fronte a un quadro probatorio così ben costruito, la semplice proposta di una lettura alternativa non è sufficiente per invalidare la sentenza.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del processo penale: la Corte di Cassazione non è un giudice del fatto. Per ottenere un annullamento della sentenza, non basta sostenere che le prove potevano essere interpretate diversamente. È necessario, invece, dimostrare un vizio concreto: o un errore nell’applicazione delle norme giuridiche, o una motivazione palesemente illogica, contraddittoria o basata su un’errata percezione della prova (travisamento). In assenza di tali elementi, il ricorso che si limita a criticare la valutazione della prova operata dal giudice di merito è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le testimonianze e decidere chi ha ragione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione della prova, come se fosse un terzo grado di giudizio. Il suo compito è solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza precedente sia logica e non contraddittoria.
Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’ per aver proposto una ‘rivalutazione delle prove’?
Significa che il ricorrente non ha evidenziato un errore di diritto o un vizio logico nella sentenza, ma ha semplicemente proposto una propria interpretazione delle prove (es. testimonianze, documenti) diversa da quella del giudice. Questo tipo di doglianza non rientra nei poteri della Cassazione e rende il ricorso non esaminabile nel merito.
Quali elementi hanno reso solida la prova testimoniale nel caso di specie secondo i giudici?
Secondo l’ordinanza, la prova dichiarativa della persona offesa è stata ritenuta solida perché era priva di lacune e contraddizioni ed era supportata da altri elementi, come le individuazioni fotografiche, gli accertamenti della polizia giudiziaria e la deposizione coincidente di un altro testimone.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22371 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22371 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE DEL GRECO DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME e la memoria depositata;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta il vizio motivazionale e la violazione di legge processuale in relazione agli artt. 192 comma 1 cod. e 546 lett. e) n. 1 proc. pen. per travisamento ed erronea valutazione della prova dichiarativa, è indeducibile poiché volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità e avulso da pertinent individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali correttamente ed adeguatamente valorizzate dai giudici di merito nel corpo della sentenza impugnata;
che non sussistono i dedotti vizi, posto che la Corte territoriale ha correttamente valorizzato la prova dichiarativa della p.o., priva di lacune e contraddizioni e corroborata dalle individuazioni fotografiche, dagli accertamenti di PG e dalla coincidente deposizione di altra teste (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16/04/2024
Il Consigliere Estensore