Uso Personale Stupefacenti: Quando la Quantità Diventa Prova di Spaccio
La distinzione tra detenzione per uso personale stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio è una delle questioni più delicate e frequenti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito quali sono gli indici che un giudice può utilizzare per determinare la finalità della detenzione, sottolineando come l’ingente quantitativo possa, di per sé, essere un elemento decisivo. Analizziamo insieme questo caso per capire il ragionamento seguito dai giudici.
I Fatti: La Detenzione di un Ingente Quantitativo di Stupefacente
Il caso riguarda un individuo trovato in possesso di 173 grammi netti di hashish. La sostanza era suddivisa in due panetti, ciascuno con una specifica etichetta adesiva. Le analisi hanno rivelato un principio attivo particolarmente elevato (superiore al 32% per entrambi i campioni), dal quale si sarebbero potute ricavare ben 2.232 dosi medie.
L’imputato si è difeso sostenendo che la droga fosse destinata esclusivamente al proprio consumo, descrivendosi come un grande consumatore che era solito fumare la sera dopo il lavoro. A supporto della sua tesi, faceva notare come non fossero stati rinvenuti né materiale per il confezionamento delle dosi, né bilancini di precisione o ingenti somme di denaro, elementi tipicamente associati all’attività di spaccio.
Tuttavia, sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno ritenuto questa versione non credibile, condannando l’uomo per il reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti).
La Decisione della Corte: La Presunzione di Spaccio e l’Uso Personale Stupefacenti
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna. I giudici supremi hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente non riguardavano vizi di legittimità della sentenza (cioè errori di diritto), ma miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività che è riservata esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado) e non può essere svolta in sede di Cassazione.
Il punto centrale della decisione è che la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, completa e coerente. I giudici di merito avevano correttamente inferito la finalità di spaccio da una serie di elementi oggettivi, la cui valutazione complessiva escludeva la tesi dell’uso personale stupefacenti.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha evidenziato come la decisione impugnata si basasse su una motivazione solida e priva di vizi logici. La Corte d’Appello aveva infatti valorizzato i seguenti elementi:
1. Il dato quantitativo: 173 grammi di hashish sono una quantità incompatibile con un consumo personale, anche per un assiduo consumatore, da effettuarsi in un arco di tempo ristretto.
2. Il numero di dosi: La possibilità di ricavare oltre 2.200 dosi medie è un indicatore fortissimo della destinazione della sostanza al mercato illegale.
3. L’elevato principio attivo: L’alta concentrazione di principio attivo è un altro fattore che, unito agli altri, depone a favore dell’ipotesi dello spaccio.
4. La deperibilità della sostanza: I giudici hanno considerato che l’hashish tende a perdere le sue proprietà con il tempo, rendendo illogico per un consumatore farne una scorta così ingente per uso futuro.
La Corte ha inoltre precisato che l’assenza di bilancini, denaro o materiale per il confezionamento è stata correttamente ritenuta una circostanza “neutra”, non in grado da sola di smentire il quadro accusatorio delineato dagli altri, più pesanti, indizi.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: nella valutazione della destinazione di una sostanza stupefacente, il giudice deve considerare un insieme di indici. Sebbene la legge non fissi soglie quantitative precise al di sopra delle quali scatta automaticamente la presunzione di spaccio (dopo il referendum del 1993), il dato quantitativo rimane un elemento di primaria importanza. Quando la quantità è così ingente da risultare palesemente sproporzionata rispetto a un consumo personale ragionevole, può diventare l’elemento principale su cui si fonda la condanna per spaccio, anche in assenza dei classici “ferri del mestiere” dello spacciatore.
Una grande quantità di droga è sufficiente per escludere l’uso personale?
Sì, secondo questa ordinanza, una quantità oggettivamente ingente (in questo caso 173 grammi di hashish, da cui si potevano ricavare 2.232 dosi) è stata considerata incompatibile con un uso esclusivamente personale, soprattutto in ragione della rapida deperibilità della sostanza.
L’assenza di bilancini o materiale per il confezionamento prova che la droga era per uso personale?
No. La Corte ha stabilito che il mancato rinvenimento di materiale per il confezionamento, strumenti per la pesatura o denaro è un elemento neutro, che non è sufficiente a dimostrare l’uso personale di fronte a prove di segno contrario, come l’enorme quantitativo di stupefacente detenuto.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti fatta da un giudice di grado inferiore?
No. Il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti, ma solo verificare che la decisione del giudice precedente sia stata presa nel rispetto della legge e con una motivazione logica e coerente. Le censure che investono la valutazione delle prove sono inammissibili.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8738 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8738 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 20/04/1991
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza di condanna per il reato di cui all’a 73, d.P.R.309/1990, deducendo con unico motivo vizio della motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità, essendo lo stupefacente destinato all’uso personale.
Le doglianze formulate esulano dal novero delle censure deducibili in sede di legittimi investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla co del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazion siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logic giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha inferito la sussistenza della finalità di spaccio dal quantitativo di sostanza stupefacen tipo hashish detenuto, pari a 173 grammi netti, suddivisi in due panetti contraddistinti specifiche etichette adesive, dal quale potevano ricavarsi 2.232 singole dosi medie, con princip attivo particolarmente elevato pari a 32,45% e a 34,42%, quantitativo incompatibile con un us esclusivamente personale in ragione della rapida deperibilità di tale tipologia di sost stupefacente; il giudice in particolare ha evidenziato che, anche considerando il ricorr come un grande consumatore di hashish, il numero di dosi medie droganti ricavabili dalla sostanza stupefacente detenuta è comunque poco compatibile con un uso personale da effettuarsi in un ristretto arco di tempo, peraltro considerato che lo stesso ricorre affermato di avere un l’abitudine di fumare la sera dopo il lavoro, ed assumendo valenza neutr il mancato rinvenimento di materiale per il confezionamento e di strumenti per la pesatura o denaro.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2025
Il Consigliere estens re
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Il Presidente