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Uccisione di animali: la Cassazione esclude il reato

Un cacciatore viene condannato per l’uccisione di animali (art. 544-bis c.p.) per aver abbattuto quattro anatre in un’area protetta. La Corte di Cassazione annulla la condanna, stabilendo che in caso di uccisione di animali in violazione delle norme sulla caccia, si applicano esclusivamente le sanzioni previste dalla legge speciale (L. 157/1992) e non la norma generale del codice penale, in virtù del principio di specialità sancito dall’art. 19-ter disp. coord. c.p.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Uccisione di Animali e Caccia: Quando si Applica la Legge Speciale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7529 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale sul rapporto tra il reato di uccisione di animali, previsto dall’articolo 544-bis del codice penale, e le violazioni delle normative sulla caccia. La Suprema Corte ha stabilito che l’abbattimento di fauna selvatica in violazione delle leggi venatorie integra esclusivamente le contravvenzioni specifiche previste da tale normativa, escludendo l’applicazione del più grave delitto. Questa decisione ridefinisce i confini della responsabilità penale del cacciatore.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato di cui all’art. 544-bis c.p. e per diverse contravvenzioni alla legge sulla caccia. In particolare, gli era stato contestato di aver causato la morte, per crudeltà e senza necessità, di quattro esemplari di marzaiola (Anas Querquedula). L’attività venatoria si era svolta in un periodo di divieto generale, all’interno di una riserva naturale e con un mezzo vietato (un fucile non a norma).
La Corte d’Appello, pur dichiarando prescritte le contravvenzioni, aveva confermato la condanna per il delitto di uccisione di animali. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, la violazione del principio di specialità, secondo cui la legge speciale sulla caccia avrebbe dovuto prevalere sulla norma generale del codice penale.

La Questione Giuridica: Concorso tra Uccisione di Animali e Legge sulla Caccia

Il nucleo della controversia risiedeva nel determinare quale norma applicare quando l’uccisione di un animale avviene nel contesto di un’attività di caccia illegale. Si tratta di un concorso di reati o la normativa speciale sulla caccia assorbe completamente la condotta?
Il punto di riferimento normativo è l’articolo 19-ter delle disposizioni di coordinamento del codice penale, introdotto nel 2004. Tale articolo esclude esplicitamente l’applicazione delle norme sui delitti contro gli animali (Titolo IX-bis, che include l’art. 544-bis) ai “casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia”.
La Corte di merito aveva ritenuto insussistente un rapporto di specialità, argomentando che i beni giuridici tutelati fossero diversi: il sentimento di pietà per gli animali da un lato (art. 544-bis c.p.) e la tutela della fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato dall’altro (legge sulla caccia).

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato questa interpretazione, accogliendo il ricorso dell’imputato. Il ragionamento dei giudici si è concentrato sull’interpretazione e la portata dell’art. 19-ter.
La Corte ha distinto nettamente la fattispecie di maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) da quella di uccisione. Mentre il maltrattamento rappresenta un’attività “ulteriore e del tutto estranea” alla caccia (un quid pluris, come infliggere sofferenze inutili a un animale già catturato), l’uccisione è l’atto finale intrinseco all’attività venatoria.
La legge sulla caccia (L. 157/1992, art. 30) già prevede specifiche sanzioni penali (contravvenzioni) per l’abbattimento di specie protette o in circostanze di tempo, luogo e modo non consentite. Queste fattispecie sono “potenzialmente coincidenti” con quella dell’art. 544-bis c.p., in quanto l’illiceità dell’uccisione secondo la legge speciale configura una “mancanza di necessità”.
Secondo la Cassazione, ritenere applicabili entrambe le norme comporterebbe un’inammissibile duplicazione di sanzioni per lo stesso fatto. L’art. 19-ter, quindi, non fa altro che confermare il principio di specialità (art. 15 c.p.), stabilendo che se una condotta di uccisione di animali rientra in uno dei casi specificamente sanzionati dalla legge sulla caccia, si applica solo quest’ultima.
In altre parole, la locuzione “senza necessità” presente nell’art. 544-bis non può essere interpretata come coincidente con una qualsiasi violazione della normativa venatoria, perché ciò svuoterebbe di significato la clausola di riserva prevista dall’art. 19-ter.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il delitto di uccisione di animali, “perché il fatto non sussiste”. La condotta dell’imputato, pur essendo illegale, rientrava interamente nelle contravvenzioni previste dalla legge sulla caccia, le quali erano peraltro già state dichiarate estinte per prescrizione.
Questo principio ha importanti implicazioni pratiche: un’attività di caccia che si conclude con l’abbattimento di un animale, anche se condotta in violazione di norme specifiche (es. caccia a specie protetta, fuori stagione, in area vietata), sarà punita solo sulla base della legge speciale n. 157/1992. Il più grave delitto di uccisione di animali potrà essere contestato solo per condotte che esulano totalmente dall’ambito di applicazione della normativa venatoria.

L’uccisione di un animale durante un’attività di caccia illegale costituisce sempre il reato di cui all’art. 544-bis del codice penale?
No. Secondo la sentenza, se l’uccisione rientra in una delle fattispecie specificamente sanzionate dalla legge speciale sulla caccia (L. n. 157/1992), si applica solo quest’ultima e non il delitto di uccisione di animali previsto dal codice penale. Questo per effetto dell’art. 19-ter delle disposizioni di coordinamento del codice penale.

Qual è il ruolo dell’art. 19-ter delle disposizioni di coordinamento del codice penale nel rapporto tra reati contro gli animali e leggi speciali?
L’art. 19-ter funge da clausola di riserva che esclude l’applicazione delle norme del codice penale sui delitti contro gli animali (Titolo IX-bis) per i casi già previsti e disciplinati da leggi speciali, come quella sulla caccia. Esso rafforza il principio di specialità, impedendo una duplicazione di sanzioni per lo stesso fatto.

È possibile che un cacciatore venga condannato sia per una violazione della legge sulla caccia sia per il reato di maltrattamento di animali?
Sì, è possibile. La Corte distingue tra l’uccisione, che è l’atto finale della caccia, e il maltrattamento (art. 544-ter c.p.). Se un cacciatore, oltre a violare le norme venatorie, infligge sofferenze inutili e gratuite all’animale (un ‘quid pluris’ rispetto all’attività di caccia), può essere condannato in concorso per la contravvenzione venatoria e per il delitto di maltrattamento di animali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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