Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7099 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7099 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Taormina il 19/09/1975
avverso la sentenza del 15/03/2024 della Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le richieste dell’avvocato NOME COGNOME difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE di Taormina, che ha concluso chiedendo la conferma della sentenza impugnata; lette le richieste dell’avvocato NOME COGNOME difensore di COGNOME NOME, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21/07/2022 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, con rito abbreviato, ha condannato NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 353-bis e 319-321 cod. pen,
La Corte di appello di Messina, con sentenza del 15/03/2024, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena inflitta, previa applicazione della circostanza attenuante di cui all’art 323-bis cod. pen., in anni due e mesi 10 di reclusione, confermandola nel resto.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in relazione all’art 353-bis cod. pen. contestato al capo n. 5). Nella prospettazione difensiva nel caso di specie non vi è stata alcuna procedura amministrativa selettiva del concorrente, né esisteva l’obbligo di indirla, trattandosi di aggiudicare un appalto di importo inferiore ad euro 2000 iva inclusa. Deduce il difensore che l’estensione della punibilità a procedimenti amministrativi che non contemplino una procedura selettiva integra una applicazione analogica in malam partem della norma penale.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione del reato di corruzione propria contestato al capo n. 9) nel reato di corruzione per l’esercizio della funzione. Nella prospettazione difensiva, nel caso di specie, tutti gli interessi della pubblica amministrazione sono stati raggiunti e la Corte d’appello non ha motivato in ordine agli interessi diversi che sarebbero stati perseguiti con la condotta contestata, in assenza di alcun danno o nocumento per la pubblica amministrazione. Manca, inoltre, la motivazione in relazione al sinallagma tra il compenso illecito ipoteticamente percepito dal pubblico ufficiale e gli atti amministrativi che si assume siano stati posti indebitamente in essere, nonostante lo specifico punto di impugnazione. Né è sostenibile che il privato si sarebbe convinto ad assumere il figlio del pubblico ufficiale in cambio di un appalto del valore di 400 euro, per l’evidente squilibrio tra l’utilità percepita dal pubblico ufficiale e l’a amministrativo “venduto”.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
L’imputazione attiene all’appalto per i lavori di scavo per una perdita alla rete idrica in Taormina, INDIRIZZO da parte dell’ASM, in cui il RUP, NOME COGNOME il funzionario responsabile del servizio acquedotti dell’ASM di Taormina, Santo d’Agostino, e NOME COGNOME amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, in concorso tra loro, con mezzi fraudolenti consistiti nel simulare l’invio a tredici ditte di un invito a presentare un preventivo con la fissazione di un termine, nell’attestare la mancata ricezione di preventivi alla scadenza del termine, nel delegare NOME COGNOME per l’affidamento diretto dei lavori in via d’urgenza, nell’affidare, infine, i lavori a NOME COGNOME senza consultare altre ditte con la motivazione che la sua fosse l’unica disponibile, turbavano il procedimento relativo alla scelta del contraente.
Dalla sentenza di primo grado, il cui apparato motivazionale si fonda con quello della sentenza di secondo grado, emerge che, con determina numero 51 del 13/03/2020 avente ad oggetto “accettazione preventivi e liquidazione fatture lavori acquedotto”, veniva formalizzato l’affidamento dei lavori alla ditta RAGIONE_SOCIALE e liquidato l’importo del preventivo pari ad euro 400. Nel medesimo provvedimento si dava atto che erano state invitate alcune ditte ma nessuno aveva trasmesso i preventivi.
Non sono stati rinvenuti gli inviti spediti ad altre ditte, ma solo un elenco di tredici ditte con in calce un appunto riferibile al RUP NOME COGNOME in cui si dà atto che alle 12:30 del 14/02/2020 nessuna busta era pervenuta all’azienda, nonché un invito indirizzato ad una di queste ditte privo di ricevuta di spedizione.
La sentenza di primo grado motiva nel senso che, pur in assenza di un bando di gara, una forma seppur larvata di valutazione concorrenziale ha avuto luogo tramite il surrettizio invito avanzato nei confronti di ditte diverse da quella del ricorrente. Tale prospettazione ha un riscontro, in assenza di base documentale, in una conversazione intercettata in cui COGNOME riferiva esplicitamente a COGNOME nel proporgli di effettuare l’intervento, che si era proceduto ad invitare altre ditte puntualizzando che si trattava di imprese iscritte negli elenchi dal 2012 e quindi, prevedibilmente, non disponibili ad accettare l’incarico.
In realtà, nessuna altra ditta era stata consultata, per cui l’amministrazione ha concluso il contratto di appalto, del valore di 400 euro, con un affidamento diretto, anche se la medesima società era stata affidataria di altri lavori nel medesimo lasso di tempo, in violazione del principio di rotazione.
La questione, quindi, è se l’affidamento diretto rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 353-bis cod. pen. quando, come nel caso di specie, la condotta perturbatrice non sia finalizzata ad inquinare lo sviluppo di una procedura selettiva, ma ad evitare la gara e a consentire l’affidamento diretto in assenza delle condizioni previsti dalla legge.
Va premesso che ai fatti, del 14/02/2020, si applica, ratione temporis, la disciplina del d. Igs. n. 50 del 2016, ora sostituito dal d. Igs. n. 36 del 2023, efficace dal 30 luglio 2023.
L’art. 36 (contratti sotto soglia), nel testo vigente al dal 18 giugno 2019, prevedeva, al comma 2, che, salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie, le stazioni appaltanti potessero procedere «a) per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici». La norma sul punto è stata, modificatccdal d.lgs. n. 57/2017; infatti, l’originario testo normativo prevedeva un “affidamento diretto adeguatamente motivato”, mentre, a seguito della modifica, è scomparso il riferimento all’adeguata motivazione e si è aggiunto l’inciso circa la non necessità che l’affidamento diretto sia preceduto da confronto concorrenziale.
Dunque, con la riforma del 2017, il legislatore, sciogliendo pregressi dubbi esegetici, ha optato decisamente per una configurazione non necessariamente concorrenziale di questa tipologia di affidamento.
In questa prospettiva, dunque, l’affidamento diretto può non seguire la strada della gara competitiva fra più aspiranti, essendo viceversa l’individuazione dell’operatore economico con il quale stipulare la gara rimessa ad una diretta individuazione da parte della stazione appaltante. Anche in questa opzione, di forte apertura alla discrezionale scelta della parte pubblica, quest’ultima non può tuttavia ritenersi dotata di una integrale libertà di movimento, essendo tenuta a rispettare i principi discendenti dalla sua natura pubblicistica, da un lato, e la griglia di principi specifici dettati, proprio con riferimento ai contratti sotto-soglia dell’art. 36, co. 1, cit., tra i quali il principio di rotazione.
Nel caso di specie il principio di rotazione, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, è stato violato, in quanto la società riconducibile al ricorrente è stata affidataria di più appalti consecutivi e la condotta perturbatrice individuata è stata volta proprio a evitare la concorrenza tra impese che, anche negli affidamenti diretti, tale principio consente di realizzare.
Ciò premesso, va rilevato che l’art. 353-bis cod. pen. è stato introdotto con l’art. 10 della I. 13 agosto 2010, n. 136 con l’obiettivo, secondo i lavori preparatori, di anticipare la tutela penale, rispetto al momento di effettiva indizione formale della gara; la norma, cioè, mira a prevenire la preparazione e l’approvazione di bandi personalizzati e calibrati proprio sulle caratteristiche di determinati operatori e a preservare il principio di libertà di concorrenza e la salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione.
Le condotte dirette a interferire illecitamente sulla determinazione del contenuto del bando di gara, o dell’atto ad esso equipollente, assumono rilevanza a condizione che vi sia una procedura amministrativa finalizzata alla gara, alla predisposizione di un bando o di un atto ad esso equipollente (Sez. 6, n. 26840 del 14/4/2015, COGNOME, Rv. 263834).
Laddove, invece, non vi sia una gara o un atto equipollente, la norma non può trovare applicazione.
Occorre, quindi, stabilire il significato del sintagma “contenuto del bando e di altro atto equipollente” contenuto all’art. 353- bis cod. pen.
Sul punto ritiene il collegio di dare continuità al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, laddove il procedimento adottato per la scelta del contraente non preveda segmenti concorrenziali, nemmeno nella fase iniziale, finalizzati ad una preselezione tra i candidati, la condotta non può essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 535-bis.
Nei casi, invece, in cui, nonostante l’affidamento diretto, il procedimento prevede segmenti concorrenziali tra gli aspiranti che rendono omologabile la trattativa privata – perlomeno in relazione alla fase iniziale del procedimento – a una procedura di gara, considerata “ufficiosa”, “informale”, “esplorativa”, “di sondaggio”, di “consultazione”, può trovare applicazione l’art. 353-bis cod. pen (in questo senso Sez. 6, n. 44700 del 13/07/2021, COGNOME, Rv. 282289 secondo cui costituiscono “atti equipollenti” al bando di gara l’avviso con il quale, nella procedura contrattuale di “pre commerciai procurement”, si dà inizio alla fase di ricerca e scelta del contraente, nonché l’allegato tecnico descrittivo del contenuto del futuro contratto).
Si è affermato in molteplici occasioni che, ai fini della integrazione del reato, deve aversi riguardo ad ogni istituto competitivo, pregiudiziale alla perfezione di un contratto con la pubblica amministrazione, purché il suo funzionamento sia sottoposto – per volontà della stazione appaltante o per previsione legislativa a regole, seppure meno stringenti e penetranti rispetto a quelle congenite ai pubblici incanti e alle licitazioni private, ma comunque predeterminate, alle quali i privati devono attenersi e i pubblici poteri devono adeguarsi. Il reato è, cioè, configurabile in ogni situazione in cui si debba sviluppare la libera attività di concorrenza e le uniche situazioni che si sottraggono all’applicazione della fattispecie sono quelle in cui la ricerca del contraente sia sganciata da ogni giudizio comparativo, anche di tipo informale, venendo meno in radice la possibilità stessa che il diritto degli imprenditori a gareggiare in condizioni di parità per gli appalti pubblici subisca un nocumento (Sez. 6, n. 5536 del 28/10/2021, COGNOME, Rv. 282902 – 01).
Ciò accade nel caso di affidamento diretto, disposto ai sensi dell’art. 36 del codice appalti, nel testo vigente al dal 18 giugno 2019, in esito alle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 57/2017, che può avvenire: a) senza previa consultazione di più operatori economici; b) con atto non motivato.
4. Si deve ritenere che esulino dal perimetro applicativo dell’art. 353-bis cod. pen. anche i casi in cui l’affidamento diretto sia disposto illegittimamente, per effetto della condotta perturbatrice volta ad impedire la gara, come accaduto nel caso di specie. Infatti, la norma incriminatrice richiede sul piano della tipicità un’azione finalizzata ad inquinare il contenuto di un atto che detta i requisiti e le modalità di partecipazione alla competizione, nonché ogni altra informazione necessaria a tale scopo. «La condotta perturbatrice deve quindi riguardare un procedimento amministrativo funzionale ad una “gara”, e deve volgere sul piano finalistico ad inquinare il contenuto di un atto funzionalmente tipico, cioè di un atto esplicativo del modo con cui si devono selezionare i concorrenti per individuarne il migliore; un atto che pone le regole, le modalità di accesso, i criteri di selezione, che disciplini il modo con cui compiere una comparazione valutativa tra più soggetti. Il turbamento del procedimento amministrativo si manifesta con il disturbo, l’alterazione, il condizionamento, lo sviamento del normale iter di questo in ragione della finalità di inquinamento del futuro contenuto del bando o di un atto a questo equipollente; uno sviamento volto a strumentalizzare la fissazione delle regole di partecipazione per condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione» (Sez. 6, n. 5536 del 28/10/2021, cit.).
Da ciò discende che la condotta perturbatrice non finalizzata a inquinare il contenuto del bando – o di un atto ad esso equipollente -, ma volta a impedire la gara attraverso l’affidamento illegittimo diretto dei lavori, è esterna rispetto al perimetro testuale della norma, che costituisce il limite insuperabile rispetto alle opzioni interpretative a disposizione del giudice. Infatti, l’inquinamento del procedimento finalizzato ad impedire la gara è condotta diversa da quella tipica, ossia dall’inquinamento volto a condizionare la gara, e non è ascrivibili ad alcuno dei suoi possibili significati letterali, per cui la sua punibilità si risolverebbe in una inammissibile applicazione analogica del precetto penale (Sez. 5, n. 45709 del 26/10/2022, Rv. 283890 – 01).
La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione di tali principi, ritenendo che il “simulacro di procedura” cui si dà conto nella delibera e l’attività volta ad impedire il confronto concorrenziale integrino il reato di cui all’art. 353bis cod. pen.
La sentenza, sul punto, va quindi annullata senza rinvio.
5. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
Al capo n. 9) viene contestato a NOME COGNOME il reato di cui all’art. 319 – 321 cod. pen. perché, nella sua qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, offriva a NOME COGNOME, funzionario responsabile del servizio acquedotto della ASM di Taormina, e quindi pubblico ufficiale, utilità varie tra cui quella consistente nell’assunzione del figlio NOME presso la società da lui amministrata, al fine di ottenere l’asservimento delle qualità funzionali dello stesso.
Dalla sentenza di primo grado (pag.15) emerge che le intercettazioni danno conto di una attività spasmodica di NOME COGNOME volta a collocare lavorativamente il figlio, mediante contatti con vari imprenditori locali, tra cui NOME COGNOME che ha accettato senza indugio la richiesta rivoltagli il 25/02/2020 (anche se il rapporto di lavoro avrà brevissima durata, dieci giorni, per il sopravvenire della pandemia da Covid-19).
Da essa emerge altresì che COGNOME ha posto in essere diverse attività in favore del ricorrente: lo favoriva nell’affidamento di commesse pubbliche in violazione del principio di rotazione degli incarichi come emerge dalla condotta contestata al capo 9; violava le regole amministrativo-contabili per assicurargli celeri pagamenti; gli rivelava informazioni riservate sulle procedure in corso e si adoperava per l’annullamento di gare vinte da altri.
Non viene, però, adeguatamente motivato il rapporto di sinallagmaticità tra le prestazioni del pubblico ufficiale e l’utilità conseguita (assunzione del figlio per dieci giorni), tenuto conto, da un lato, del profilo temporale in cui le condotte sono poste in essere, e, dall’altro, del valore del compenso illecito in ipotesi percepito dal pubblico ufficiale.
La sentenza di secondo grado non contiene maggiori specificazioni su questo punto, attinto da uno specifico motivo di impugnazione e, inoltre, presenta margini di contraddittorietà anche nella parte in cui respinge il motivo di appello con cui si chiedeva la riqualificazione nel reato di cui all’art. 318 cod. pen., in quanto, per ritenere configurato il reato di cui all’art. 319 cod. pen., fa riferimento allo stabile asservimento della funzione pubblica al perseguimento di interessi del ricorrente.
Sul punto va ribadito che, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, il delitto di corruzione per l’esercizio della funzione pubblica, di cui all’art. 318 cod. pen. si differenzia da quello di corruzione propria, di cui all’art. 319 cod. pen., in quanto ha natura di reato di pericolo, sanzionando la presa in
carico, da parte del pubblico funzionario, di un interesse privato dietro una dazione o promessa indebita, senza che sia necessaria l’individuazione del compimento di uno specifico atto d’ufficio. Lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, realizzato attraverso l’impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata, è sussumibile nella previsione dell’art. 318 cod. pen., e non in quella, più severamente punita, dell’art. 319 cod. pen., salvo che la messa a disposizione della funzione abbia in concreto prodotto il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio (Sez. 6, Sentenza n. 18125 del 22/10/2019, Bolla, Rv. 279555 – 04).
Si impone, dunque, un annullamento con rinvio sul capo n. 9, essendo necessario un supplemento di motivazione in ordine al contenuto del pactum sceleris, alla sinallagmaticità tra prestazioni e alla qualificazione giuridica del fatto.
L’annullamento con rinvio esclude che la parte civile abbia diritto alla liquidazione delle spese processuali, potendo la stessa far valere la relativa pretesa nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell’imputato, dell’obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base all’ordinario criterio della soccombenza (Sez. 1, n. 34032 del 01/07/2022, COGNOME, Rv. 283987 – 04).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo 5) perché il fatto non sussiste. Annulla la medesima sentenza limitatamente al capo 9) con rinvio, per nuovo giudizio su tale capo, ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
Così deciso il 09/01/2025.