Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 762 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 762 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Guerra NOME Aldo n. a Roma 1’8/6/1942
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 4/4/2024
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore delle parti civili COGNOME e COGNOME, Avv. NOME COGNOME sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha depositato conclusioni scritte e nota spese
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Milano, in riforma della decisione del locale Tribunale in data 8/3/2022, dichiarava l’estinzione per maturata prescrizione dei reati di truffa aggravata commessi in data 15/10/2012, 25/1/2013, 22/2/2013 e 19/4/2013, rideterminando la pena per il residuo addebito sub A) in anni due di reclusione ed euro 1.100,00 di multa; confermava
la responsabilità e il trattamento sanzionatorio per il delitto sub B) nonché le statuizioni civili rese in primo grado.
2.Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME COGNOME deducendo:
2.1 la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla sussistenza del fatto contestato al capo A). Il difensore sostiene che la Corte territoriale non ha fornito risposta ai rilievi difensivi inerenti la cooperazione del vittima nella realizzazione del fatto/reato e, dunque, in ordine alla segnalata forma di autoresponsabilità del denunziante, il quale era un imprenditore esperto e competente con decenni di esperienza in campo economico finanziario. La sentenza impugnata si è soffermata esclusivamente sull’aspetto della mancata diligenza della p.o. senza cogliere l’esatta natura delle doglianze difensive che facevano leva sull’interesse del Cereda alla stipula del contratto di finanziamento e sulla condivisione del rischio tipico delle operazioni finanziarie. I giudici territori hanno trascurato le circostanze dedotte a sostegno del difetto di artifizi e raggiri e hanno ignorato la situazione contrattuale in essere tra le parti, valorizzando in via esclusiva la mancata erogazione del finanziamento, dalla quale è stata incongruamente tratta la natura decettiva della condotta del prevenuto.
Il difensore aggiunge che la Corte territoriale ha reso una motivazione illogica in ordine all’attendibilità della p.o. sia con riguardo all’intervento nella vicend dell’Avvocato NOME sia alla valutazione dei motivi che avevano indotto il Cereda a sporgere querela per il tramite dei fratelli COGNOME;
2.2 la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo all’aggravante del timore di un pericolo immaginario. La difesa lamenta che la sentenza impugnata ha disatteso i rilievi inerenti la sussistenza dell’aggravante con motivazione illogica, ritenendo integrata la circostanza per effetto della prospettazione del Guerra che in caso di interruzione dei pagamenti la p.o. avrebbe perso quanto già in precedenza versato. I giudici territoriali, secondo il ricorrente, non hanno risposto alla deduzione difensiva secondo cui l’invito a proseguire nei pagamenti doveva essere ricondotto nell’alveo dei raggiri atti ad indurre in errore la p.o. senza che sia dato ravvisare gli estremi costitutivi della circostanza contestata. Infatti, l’induzione in errore, esauritasi con la sottoscrizione del contratto, assorbe il rischio di perdere i versamenti e si tratta di un pericolo non immaginario ma oggettivamente credibile sulla base della natura e dell’evolversi del tipo di contratto;
2.3 la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione al capo B) della rubrica. Il difensore deduce che la sentenza impugnata ha reso una motivazione illogica in relazione alla conferma della responsabilità del prevenuto per il delitto di truffa aggravata ascritto al capo B), omettendo di confrontarsi
compiutamente con i rilievi difensivi che contestavano la sussistenza degli estremi costitutivi del reato, ipotizzando al più una rilevanza meramente civilistica della vicenda. In particolare, secondo il ricorrente i giudici territoriali hanno ignorat una serie di doglianze di valenza decisiva relative alla situazione di difficoltà economica delle pp.00., all’assenza di una posizione fiscale del ricorrente in Italia, all’utilizzo del contante, alle ragioni della mancata erogazione del finanziamento, all’accreditamento del prevenuto da parte di professionisti e persone di fiducia delle parti civili, al tenore delle dichiarazioni dibattimentali delle pp.00., c avrebbero dovuto portare all’esclusione di artifizi e raggiri;
2.4 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del danno di rilevante gravità, avendo la Corte di merito considerato il danno nella sua entità complessiva (euro 53mila) senza considerare che, nella specie, due sono le persone offese del reato e due i contratti di finanziamento richiesti per scopi differenti;
2.5 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo al diniego delle attenuanti generiche per il capo A) e al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze ex art. 62 bis cod.pen. in relazione al capo B).
Secondo il difensore le invocate attenuanti dovevano essere riconosciute in relazione al capo A) quantomeno in ragione del lungo periodo trascorso tra la commissione dei fatti e il processo mentre in relazione al capo B) il ricorrente censura la mancata rivisitazione del giudizio di comparazione ritenendolo contraddittorio con riferimento all’avvenuta restituzione delle somme in favore delle pp.cc .;
2.6 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla mancata derubricazione della fattispecie contestata in quella di appropriazione indebita. Il difensore sostiene che, poiché lo svolgimento dell’attività di broker da parte del ricorrente e la veridicità dei contratti di finanziamento non risultano smentiti in atti, i fatti contestati avrebbero dovuto essere riqualificati ai sensi dell’art. 6 cod.pen.;
2.7 la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione alla quantificazione della pena, avendo la Corte di merito omesso di fornire risposta ai rilievi difensivi sul punto, con particolare riguardo alla scelta di applicare per il cap B) una pena più alta rispetto al capo A);
2.8 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti contestati ai capi A) e B) della rubrica, sebbene la distanza temporale tra i fatti non fosse idonea ad escludere l’unicità del disegno criminoso e in contraddizione con il riconoscimento del reato continuato in relazione ai fatti contestati sub A, dipanatisi nell’arco temporale di un biennio. Aggiunge il difensore che la sentenza impugnata ha del
tutto trascurato le deduzioni difensive indicative di una programmazione rilevante ex art. 81 cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Le censure svolte nel primo motivo in ordine alla sussistenza dei delitti di truffa sub A) sono in parte generiche, in parte manifestamente infondate. Invero il difensore reitera rilievi che i giudici di merito hanno esaustivamente scrutinato e disatteso con un percorso argomentativo che non presta il fianco a censura per correttezza e congruenza logica, riproposti in assenza di una puntuale correlazione critica con le ragioni alla base della reiezione del gravame.
1.1 Contrariamente a quanto assume la difesa, la Corte territoriale ha mostrato di aver perfettamente inteso le doglianze di cui al primo motivo d’appello anche nella parte (pag. 8) relativa alla “cooperazione” della vittima e ha fornito specifica risposta sul punto a pag. 12. Deve in proposito osservarsi che la truffa è un delitto la cui realizzazione postula strutturalmente la cooperazione artificiosa della vittima giacché l’aggressione al patrimonio della stessa viene perpetrata attraverso artifizi e raggiri che inducono in errore la p.o., determinandola all’atto dispositivo pregiudizievole. Non è chiaro, pertanto, a cosa la difesa alluda allorché ipotizza una forma di “autoresponsabilità” del denunziante in ragione della sua qualità di imprenditore di lungo corso, risolvendosi la prospettazione nella segnalazione di un’astratta capacità della vittima di avvedersi della natura fraudolenta delle condotte del prevenuto e di una potenziale inettitudine delle stesse, profili che la Corte di merito ha correttamente disatteso con pertinenti richiami alla costante giurisprudenza di questa Corte in materia. E’ d’uopo rammentare al riguardo che, ai fini della configurabilità del reato di truffa, i giudizio sulla idoneità della condotta a trarre in inganno la vittima deve essere effettuato “ex post” ed in concreto, con la conseguenza che la non particolare raffinatezza degli artifizi utilizzati ovvero la stato di vulnerabilità, l’ingenuità scarsa diligenza della vittima, non escludono l’offensività della condotta (Sez. 2, ‘4 Sentenza n. 30952 del 15/06/2016 Ud. (dep. 20/07/2016 ) Rv. 267380 – 01) quando tra l’artifizio o il raggiro usato dall’agente e l’errore in cui la vittim caduta vi sia, come nella specie, un provato nesso di causalità (Sez. 2, n. 5673 del 18/02/1974, Rv. 127838 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per il resto il profilo relativo all’attendibilità del COGNOME e degli altri t d’accusa è stato oggetto di esauriente scrutinio fin dal primo grado (pag. 11), avendo il Tribunale adeguatamente argomentato l’attendibilità intrinseca del COGNOME, il cui narrato è corroborato dalle acquisizioni documentali e dalle dichiarazioni dibattimentali dei testimoni COGNOME COGNOME e dei fratelli COGNOME, stimate genuine, disinteressate e non ispirate a compiacenza nei confronti della p.o. La Corte territoriale ha convalidato detto giudizio (pagg. 11/12), confutando
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in maniera ampia e persuasiva i singoli rilievi della difesa, intesi a minare la credibilità dei dichiaranti.
1.2 Né hanno pregio le doglianze in punto di insussistenza degli artifizi e raggiri e la pretesa esclusiva valorizzazione al fine del giudizio di responsabilità della circostanza relativa alla mancata conclusione del contratto di finanziamento. Anche in tal caso la difesa riproduce argomenti già scrutinati in primo grado con valutazione condivisa dalla Corte di merito. Infatti, il Tribunale (pag. 14/15) ha dato conto della sussistenza degli elementi costitutivi degli addebiti elevati a carico del ricorrente, ricostruendo in dettaglio le scansioni strutturali del delitto ex 64 cod.pen. in relazione ai fatti contestati e ha analizzato partitamente la condotta negoziale del ricorrente, evidenziando le “anomalie comportamentali” inspiegabili in un’ottica di buona fede, cui ha riconosciuto valenza logico-indiziarla circa la volontà del prevenuto di approfittare delle condizioni di difficoltà economica delle pp.00. per ottenere danaro, il più delle volte in contanti, senza alcuna effettiva volontà o possibilità di far ottenere loro i promessi finanziamenti.
La difesa, lungi dal prospettare lacune giustificative di carattere decisivo, tende ad una rilettura delle emergenze processuali che esula dal perimetro del sindacato di legittimità a fronte di una motivazione priva di aporie o fratture logiche.
2. Il secondo motivo è in parte generico e in parte infondato. Il primo giudice (pag.15) aveva ritenuto la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 640, cpv n. .2, cod.pen. “poiché dalle dichiarazioni cartolari e testimoniali di NOME COGNOME è emerso chiaramente come l’imputato, quantomeno alla data della dazione del 9/9/2014 avesse ingenerato in lui il timore- del tutto immaginario- che se non avesse continuato a corrispondere denaro secondo le sue richieste, le somme sino a quel momento versate sarebbero andate perse: il che sarebbe potuto avvenire, evidentemente, a causa di scelte appannaggio di persone diverse da NOME COGNOME COGNOME…e rispetto alle quali egli, per come lasciato intendere, non poteva agire che continuando a raccogliere denaro per ampliare la garanzia assicurativa necessaria”.
La difesa, come già prospettato nell’atto d’appello, ritiene che poiché è fatto notorio che le somme depositate a garanzia per ottenere un finanziamento, ove il contraente non adempia alle obbligazioni assunte, sono suscettibili d’incameramento, l’affermazione dell’imputato non è idonea ad integrare l’aggravante. L’argomento non persuade giacché l’obbligazione di garanzia ha natura accessoria e servente rispetto al contratto di finanziamento, della cui esistenza nei casi a giudizio si ha motivo di dubitare, essendo state versate in atti, quanto al caso COGNOME, bozze negoziali più volte rimaneggiate e novate, prive dei requisiti essenziali al perfezionamento quali la chiara individuazione dell’ente
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finanziatore (non essendo evidentemente sufficiente l’indicazione del “referente”), le modalità e i tempi di erogazione e restituzione del cospicuo importo di euro quattromilioni, le garanzie richieste, a fronte del versamento di significativi importi in contanti per una non meglio chiarita copertura assicurativa, al di fuori di qualsiasi usuale prassi finanziaria.
2.1 Tanto premesso, la giurisprudenza di legittimità ravvisa la truffa cd. vessatoria quando il danno viene prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dall’agente, di modo che la persona offesa non è coartata nella sua volontà, ma si determina all’azione od omissione versando in stato di errore (Sez. 2, n. 24624 del 17/07/2020, Rv. 279492 – 01; n. 46084 del 21/10/2015, Rv. 265362 – 01).
L’elaborazione giurisprudenziale ha da lungo tempo chiarito che la nozione di pericolo immaginario, ai fini dell’aggravante del reato di truffa ex art. 640 capoverso n. 2 cod. pen., ha il significato di un pericolo inesistente che, in quanto accreditato come reale alla p.o., assume la natura di un raggiro (Sez. 2, n. 10653 del 28/06/1985 Rv. 171049 – 01), precisando ulteriormente che lo stesso non è necessariamente da riferire a forze soprannaturali o occulte o a credenze superstiziose e che la qualificazione in termini antitetici alla realtà corrisponde al dato logico per cui la rappresentazione di un pericolo reale, idoneo a tramutarsi in danno, integra sotto il profilo giuridico una minaccia soggetta -ove finalizzata al profitto- a dar luogo alla diversa fattispecie ex art. 629 cod.pen. (Sez. 2, n. 8314 del 23/10/1972, Rv. 122628 – 01).
Si è, pertanto, ravvisata la fattispecie della c.d. truffa vessatoria nella condotta di chi, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, rappresenti falsamente alla vittima un pericolo immaginario proveniente da terzi, quale la possibile revoca della pensione da parte dell’INPS ed il mancato pagamento degli arretrati, e si offra di adoperarsi per evitargli tale conseguenza in cambio di denaro (Sez. 2, n. 28390 del 20/03/2013, Rv. 256459 – 01) ovvero prospetti l’imminente esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere, in realtà insussistente, e si offra di adoperarsi per assicurargli l’impunità in cambio di denaro (Sez. 2, n. 27363 del 04/04/2012, Rv. 253313 – 01) o, ancora, spacciandosi per ufficiale della Guardia di Finanza, richieda e ottenga una somma di danaro per non procedere ad una verifica fiscale (Sez. 2, n. 8456 del 18/04/1995, Rv. 202347 – 01).
Nella specie, il difensore assume che la sollecitazione rivolta alla p.o. di continuare a pagare per non perdere quanto già versato non sia idonea ad integrare la circostanza in quanto nella sostanza refluisce e viene assorbita dagli artifizi e raggiri che qualificano la condotta. La tesi non ha pregio poiché la peculiare prospettazione dell’imputato connota in maniera particolarmente
insidiosa, mediante l’ingenerato timore, l’errore nel processo formativo della volontà, integrando la ratio dell’aggravante.
Le censure svolte nel terzo motivo in punto di responsabilità per l’addebito di cui al capo B) sono generiche e, comunque, manifestamente infondate. Il difensore assume che la Corte di merito non ha fornito congrua e logica risposta ai rilievi difensivi che contestavano la sussistenza degli estremi del delitto di truffa senza rapportarsi criticamente agli argomenti reiettivi rassegnati dalla sentenza impugnata alle pagg. 13/14. I giudici d’appello hanno motivatamente disatteso la prospettazione difensiva, rimarcando che le modalità dell’azione rivelano in maniera inequivoca che il ricorrente non stava intermediando un contratto di finanziamento ma solo simulando la possibilità di negoziarlo al fine di ottenere indebiti pagamenti da parte delle pp.00. ed ha richiamato le circostanze fattuali che depongono in tal senso, ad iniziare da tempo e luogo dell’incontro avvenuto tra il ricorrente e le vittime. Hanno, inoltre, persuasivamente confutato gli inchci invocati a sostegno del credito professionale e della correttezza dell’imputato. La difesa, lungi dal segnalare la preternnissione di circostanze di valenza dirimente, idonee a scardinare il tessuto logico della pronunzia censurata, si limitata a riprodurre doglianze adegudtamente scrutinate e disattese con motivazione esauriente e logicamente coerente, sollecitando una diversa lettura degli esiti processuali che esula dal sindacato della Corte adita.
Le censure svolte nel quarto motivo in relazione all’aggravante ex 61 n. 7 cod.pen. con riguardo al capo B) sono infondate. Il Tribunale (pagg. 15-16) ha ritenuto la truffa sub B) come fatto di reato unitario segnalando in proposito che “gli artifici decettivi strumentali sono stati evidentemente perpetrati in un’unica soluzione GLYPH e il depauperamento delle due vittime era di fatto avvenuto per un’unica causa e nel medesimo contesto spazio-temporale”, ritenendo -pertantoche il danno patito integrasse la circostanza contestata. Detta valutazione deve ritenersi giuridicamente corretta tanto più ove si consideri che l’incolpazione non ipotizza alcuna continuazione interna ma descrive una unitaria condotta decettiva in danno delle due pp.00., fonte di un danno complessivo pari ad euro 53mila.
5. Le dogiianze relative al diniego delle attenuanti generiche per il capo A) e al riconoscimento delle stesse in termini di mera equivalenza rispetto all’aggravante ex art. 61 n. 7 “cod.pen. e alla recidiva quanto all’illecito sub B) sono manifestamente infondate alla luce della motivazione rassegnata dai giudici d’appello a pag. 14, che dà conto dell’insussistenza di elementi cui vincolare il riconoscimento delle circostanze in relazione al capo A) e dell’impossibilità di addivenire ad una modifica del giudizio di comparazione in relazione al capo B).
La difesa esprime mero dissenso riguardo siffatta valutazione, trascurando che i giudici territoriali hanno richiamato a sostegno della congruità dell’operato
bilanciamento sia l’intensità del dolo palesato dalle modalità del fatto che la negativa personalità del prevenuto.
Il sesto motivo reitera la censura in punto di alternativa qualificazione giuridica correttamente scrutinata dai giudici di merito (pag. 15) e pedissequamente riproposta in questa sede. La Corte territoriale ha fatto esatta applicazione del principio enucleato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui al fine del discrimine tra le fattispecie di truffa e appropriazione indebita deve aversi riguardo al rapporto causale tra artifizi e raggiri e atto dispositivo sicché s ravvisa il delitto ex art. 640 cod.pen. ogni qualvolta la condotta artificiosa sia causa efficiente della dazione di danaro o altro bene da parte della vittima, mentre laddove l’artifizio o il raggiro non risultino funzionali all’appropriazione si ve nell’ipotesi di cui all’art. 646 cod.pen. (Sez. 2, n. 35798 del 18/06/2013, 257340 -01; n. 51060 del 11/11/2016, Rv. 269234-01).
7.Anche i rilievi in punto di quantificazione del trattamento sanzionatorio sono destituiti di fondamento dal momento che la sentenza impugnata ha fornito congrua giustificazione sul unto, richiamando le modalità dei fatti per cui è condanna, l’intensità del dolc e la biografia criminale del prevenuto, gravato da recidiva ex art. 99, comma 4, cod.pen. (pag. 15)
Infondate risultano le conclusive censure relative al diniego della continuazione, avendo la Corte territoriale disatteso il gravame difensivo con adeguata motivazione, evidenziando che alla sussunzione dei fatti nell’alveo del medesimo disegno criminoso osta il rilevante iato temporale tra le condotte illecite e l’assenza di elementi che attestino, al momento delle condotte in danno del Cereda, la già divisata perpetrazione di altre analoghe ai danni di vittime diverse, valutazione del tutto aderente all’indirizzo ermeneutico di questa Corte, ribadito da ultimo da Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME Rv. 270074 – 01.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso, in considerazione della complessiva infondatezza delle censure proposte, deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di assistenza e difesa in favore delle parti civili COGNOME e COGNOME Attesa l’ammissione della p.d. COGNOME Laura al patrocinio a spese dello Stato, all’incombente provvederà per detta posizione la Corte d’Appello di Milano che terrà conto dell’identità delle posizioni processuali e della unitarietà della difesa delle stesse parti civili.
P.Q.M.
Rigetta ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di Milano con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso in Roma, 21 Novembre 2024
La Consigliera estensore
La Presidente