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Truffa contrattuale: la condotta ingannevole rileva?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per truffa contrattuale a carico di un amministratore che aveva indotto due società in difficoltà a stipulare contratti di agevolazione creditizia, promettendo finanziamenti mai erogati. La Corte ha stabilito che la condotta fraudolenta, iniziata nella fase precontrattuale e finalizzata a carpire la fiducia, è penalmente rilevante. L’ingiusto profitto, in questi casi, consiste nella stessa stipulazione del contratto a condizioni svantaggiose per la vittima, a prescindere dal conseguimento di un vantaggio economico immediato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Truffa Contrattuale: Quando l’Inganno Precede la Firma

La truffa contrattuale rappresenta una delle fattispecie più insidiose del diritto penale commerciale, poiché l’inganno si annida all’interno di un’operazione apparentemente lecita. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui confini di questo reato, specificando come la condotta fraudolenta sia penalmente rilevante anche se attuata interamente nella fase delle trattative, purché finalizzata a indurre la vittima alla stipula di un contratto svantaggioso. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un amministratore di una società di diritto britannico, specializzata in servizi finanziari, condannato in primo e secondo grado per truffa. L’imputato aveva avvicinato due imprese italiane in crisi di liquidità, promettendo loro la concessione di ingenti finanziamenti. Per ottenere questi presunti crediti, le aziende erano state indotte a stipulare un complesso contratto di ‘agevolazione di credito’ con la società dell’imputato.

Questo accordo prevedeva, come garanzia, la sottoscrizione di promissory notes e di una polizza fideiussoria emessa da un’altra società, risultata poi anch’essa riconducibile all’amministratore. Nonostante le rassicurazioni e l’apparente professionalità dimostrata, con riferimenti a complesse operazioni su piattaforme finanziarie internazionali, i finanziamenti non furono mai erogati. Alle richieste di spiegazioni delle vittime, l’imputato rispondeva con giustificazioni evasive e contraddittorie.

La Decisione della Corte sulla Truffa Contrattuale

La difesa dell’imputato ha tentato di sostenere che la condotta non avesse connotazioni ingannatorie e che, in ogni caso, non vi fosse stato un ingiusto profitto, poiché le promissory notes non erano state negoziate e gli esborsi erano andati a favore di terzi (fisco e notaio). La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna.

I giudici hanno qualificato l’intera operazione come un unico ‘ordito ingannatorio’, un piano fraudolento concepito fin dall’inizio. La condotta decettiva non si è limitata a un singolo atto, ma ha caratterizzato l’intera fase precontrattuale, con l’obiettivo di carpire la fiducia di imprenditori in difficoltà e portarli alla firma di un contratto per loro dannoso.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su due principi cardine in materia di truffa contrattuale.

L'”Ordito Ingannatorio”: un Continuum Decettivo

In primo luogo, la Corte ha sottolineato come gli ‘artifici e raggiri’ non debbano necessariamente consistere in un’azione specifica e isolata. Nel caso di specie, l’imputato ha costruito una complessa messinscena: ha presentato una società con sede all’estero, ha millantato competenze finanziarie di alto livello e ha utilizzato una terminologia tecnica per apparire credibile. Questa falsa rappresentazione della realtà è stata sufficiente a indurre in errore le vittime, sfruttando la loro posizione di debolezza economica e la loro scarsa familiarità con i circuiti finanziari internazionali. Le successive rassicurazioni e le spiegazioni ‘fumose’ sulla mancata erogazione dei fondi, sebbene successive alla stipula (un post factum), sono state considerate dalla Corte come la prova a posteriori dell’originaria volontà di non adempiere.

Il Concetto di Ingiusto Profitto e Danno

In secondo luogo, i giudici hanno chiarito la natura dell’ingiusto profitto e del danno nella truffa contrattuale. La difesa sosteneva che non ci fosse stato profitto, ma la Corte ha ribadito un principio consolidato: l’ingiusto profitto consiste nello stesso fatto della stipulazione del contratto. Il danno per la vittima non è solo la perdita economica diretta (le somme versate per la polizza), ma anche la lesione della propria libertà negoziale. Le imprese sono state indotte a firmare un accordo inutile, perdendo tempo prezioso e la possibilità di cercare soluzioni alternative alla loro crisi di liquidità. Il profitto per il truffatore, quindi, è l’aver ottenuto la firma su un contratto che genera obbligazioni a carico della controparte, a prescindere dal fatto che ne ricavi immediatamente un vantaggio economico tangibile.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un importante monito per tutti gli operatori economici: la truffa contrattuale si configura non solo con palesi falsificazioni, ma anche attraverso la costruzione di un’apparenza di serietà e competenza finalizzata a ingannare la controparte. La condotta fraudolenta è penalmente rilevante già nella fase delle trattative se è la causa che determina la volontà della vittima a contrarre. Il danno, infine, non è solo patrimoniale, ma consiste nella stessa costrizione della volontà negoziale, un principio fondamentale a tutela della correttezza e della buona fede nelle relazioni commerciali.

Nella truffa contrattuale, la condotta ingannevole deve avvenire solo prima della firma del contratto?
No, la condotta ingannevole, composta da artifici e raggiri, deve precedere l’induzione in errore della vittima, ma può manifestarsi in ogni fase del rapporto negoziale, inclusa la fase precontrattuale e quella esecutiva, purché sia la causa che porta la vittima a compiere un atto di disposizione patrimoniale dannoso.

Cosa si intende per ‘ingiusto profitto’ in una truffa contrattuale se il truffatore non incassa subito denaro?
L’ingiusto profitto consiste essenzialmente nel fatto stesso di ottenere la stipulazione del contratto. Il vantaggio per l’agente è l’aver creato un’obbligazione giuridicamente vincolante a carico della vittima, che altrimenti non sarebbe sorta, ledendo la sua libertà contrattuale e patrimoniale, a prescindere da un immediato arricchimento monetario.

Le rassicurazioni e le scuse fornite dopo la stipula del contratto possono essere considerate parte della truffa?
Secondo la Corte, tali comportamenti, definiti ‘post factum’, non costituiscono un ulteriore segmento della condotta decettiva. Tuttavia, sono considerati una prova a posteriori dell’elemento soggettivo del reato, ovvero dimostrano la volontà originaria dell’agente di non adempiere agli obblighi contrattuali e di ingannare la controparte sin dall’inizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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