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Truffa aggravata: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24930/2025, ha confermato una condanna per truffa aggravata. Il caso riguardava la vendita online di prodotti contraffatti presentati come autentici. La Corte ha stabilito che la messa in scena su una piattaforma digitale è sufficiente a integrare i raggiri necessari per il reato, rigettando il ricorso dell’imputato.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Truffa aggravata online: quando la presentazione del prodotto integra il reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 24930 del 2025 offre importanti chiarimenti sul reato di truffa aggravata commessa attraverso piattaforme di vendita online. Con l’aumentare degli scambi commerciali sul web, diventa cruciale definire i confini tra una semplice vendita di merce non conforme e un vero e proprio raggiro penalmente rilevante. La Corte, in questa occasione, si è soffermata sulla sufficienza della messa in scena online per configurare gli elementi costitutivi del reato.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo nei primi due gradi di giudizio per il reato di truffa aggravata. L’imputato aveva messo in vendita su una nota piattaforma e-commerce alcuni prodotti di lusso, presentandoli come originali e autentici, corredati da descrizioni dettagliate e fotografie accattivanti. Un acquirente, dopo aver effettuato il pagamento, riceveva merce palesemente contraffatta e di qualità scadente. L’imputato, nel suo ricorso per Cassazione, sosteneva che la sua condotta non integrasse gli estremi dei ‘raggiri o artifizi’ richiesti dalla norma, trattandosi a suo dire di una semplice menzogna non supportata da un’ulteriore e complessa messa in scena.

La configurabilità della truffa aggravata online

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo una motivazione chiara e allineata con l’evoluzione delle dinamiche sociali e commerciali. Secondo i giudici, nel contesto delle vendite online, la fiducia dell’acquirente medio è fortemente influenzata dalla modalità di presentazione del prodotto. La creazione di un annuncio credibile, l’utilizzo di immagini professionali e la descrizione di caratteristiche non veritiere del bene costituiscono, nel loro insieme, quella macchinazione idonea a sorprendere e ingannare la buona fede altrui.

Non è quindi necessario, secondo la Corte, un’attività ingannatoria particolarmente sofisticata. La semplice presentazione di un prodotto contraffatto come autentico su una piattaforma digitale, sfruttando l’affidamento che i consumatori ripongono in tali canali, è di per sé sufficiente a integrare l’elemento materiale del reato di truffa aggravata.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha sottolineato che l’ambiente digitale amplifica la portata dell’azione ingannatoria. La distanza tra venditore e acquirente, e l’impossibilità per quest’ultimo di esaminare fisicamente il prodotto prima dell’acquisto, rendono la vittima particolarmente vulnerabile. In tale scenario, la condotta del venditore che sfrutta tale vulnerabilità, presentando informazioni false per ottenere un ingiusto profitto, deve essere sanzionata con rigore. L’aggravante contestata è stata quindi confermata, poiché l’uso di uno strumento come internet, destinato a raggiungere un numero indeterminato di persone, è considerato un mezzo che espone a maggior rischio la fede pubblica.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 24930/2025 ribadisce un principio fondamentale: la tutela penale deve adattarsi alle nuove forme di criminalità. Chi vende online ha il dovere di fornire rappresentazioni veritiere dei prodotti. La falsa presentazione di un bene, finalizzata a indurre in errore l’acquirente per trarne profitto, configura pienamente il reato di truffa aggravata. Questa pronuncia rafforza la tutela dei consumatori nel mercato digitale e serve da monito per chiunque intenda sfruttare l’anonimato della rete per compiere attività illecite.

Una semplice bugia su un prodotto venduto online è sufficiente per configurare il reato di truffa?
Sì, secondo questa sentenza, presentare un prodotto con caratteristiche false (ad esempio, come autentico quando è contraffatto) su una piattaforma online è sufficiente a integrare i ‘raggiri o artifizi’ richiesti per il reato di truffa, poiché si sfrutta l’affidamento del consumatore in quel canale di vendita.

Perché in questo caso si parla di truffa aggravata?
Si parla di truffa aggravata perché il reato è stato commesso utilizzando internet, un mezzo che raggiunge un numero indeterminato di persone. Questo, secondo la giurisprudenza, costituisce un’aggravante poiché espone la fede pubblica a un pericolo maggiore rispetto a una truffa commessa in un contesto privato.

Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla necessità di una ‘messa in scena’ complessa?
La Corte ha stabilito che non è necessaria una messa in scena particolarmente complessa o sofisticata. La creazione di un annuncio online credibile, con descrizioni e foto ingannevoli, è di per sé una macchinazione sufficiente a indurre in errore l’acquirente medio e a configurare quindi il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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