Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20739 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20739 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del 9 novembre 2023 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; uditi gli AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, e NOME COGNOME, i quali hanno insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME veniva sottoposto, con ordinanza emessa 1’8 settembre 2023 dal Giudice per le indagini preliminari, alla misura cautelare della custodia in carcere perché gravemente indiziato dei reati di associazione mafiosa (per aver partecipato, quale addetto al settore estorsivo, al RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE; capo A) e di concorso in tentata violenza privata pluriaggravata (capo I).
Il Tribunale distrettuale, investito del riesame proposto dall’indagato, rilevando in relazione al secondo reato (divenuto – seppur per un periodo limitato di tempo – procedibile a querela di parte) il difetto della necessaria condizione di procedibilità, confermava l’ordinanza applicativa solo in relazione al capo A), annullandola per la residua contestazione.
L’indagato propone ricorso per cassazione articolando due motivi d’impugnazione, entrambi formulati sotto il profilo dell’inosservanza di norma processuale, il primo deducendo la violazione degli artt. 309, comma 9, e 292, comma 2, cod. proc. pen. e l’altro la violazione degli artt. 291 e 309, commi 5 e 10, del codice di procedura penale.
In ipotesi difensiva, l’ordinanza genetica riprodurrebbe integralmente (in relazione alla posizione del ricorrente) la corrispondente parte della richiesta formulata dal pubblico ministero, per come immediatamente evincibile dalla semplice lettura comparata dell’ordinanza con la relativa domanda, dalla quale la prima si differenzierebbe solo per la diversa formulazione sintattica: l’una in termini di richiesta e l’altra in termini di decisione.
Riscontro esterno della fondatezza di tale assunto si rinviene, logicamente, secondo la prospettazione difensiva, nell’omessa allegazione, da parte del Pubblico Ministero, di tutti gli atti di indagine utilizzati; atti che Gip non ha po esaminare direttamente, fondando la decisione, quindi, sulle sole allegazioni prospettate dall’accusa. E ciò darebbe conto, appunto, anche della fondatezza della prima censura, non essendo ipotizzabile un’autonoma valutazione di atti d’indagine neanche conosciuti.
Cosicché, anche in ragione della natura interamente devolutiva del riesame, sarebbe stato onere del Tribunale prendere atto dell’omessa trasmissione degli atti fondanti la richiesta e dichiarare la perdita d’efficacia della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
Infondata è innanzi tutto la censura con la quale si pretende di far derivare l’inefficacia della misura non dalla (omessa o incompleta) trasmissione degli atti dal gip al tribunale, ma dall’incompleta trasmissione, al gip, da part del pubblico ministero di tutti gli atti di indagine richiamati nella richiest applicazione della misura, condizionando, tra l’altro, l’efficacia della misur disposta dal Gip ad un’attività esclusa dal suo dominio.
La perdita di efficacia del provvedimento custodiale, infatti, consegue solo al mancato invio al tribunale distrettuale di tutti gli atti a suo tempo trasmessi giudice per le indagini preliminari con la richiesta della misura; l’eventual
omissione del pubblico ministero nell’inoltro di atti investigativi, assunti pri della richiesta della misura (atti che, pertanto, il giudice per le indag preliminari non ha potuto valutare) e il corrispondente mancato esame degli stessi da parte del tribunale del riesame, non determina la perdita di efficacia dell’ordinanza cautelare, ma solo l’inutilizzabilità di quelli che li presuppongon (Sez. U, n. 21 del 20/11/1996, dep. 1997, adora, Rv. 206955).
Né si può sindacare (se non, appunto, in termini di idoneità di tali atti a dar conto della sussistenza dei profili costitutivi della misura, la gravità indiziaria e esigenze cautelari) la selezione che il pubblico ministero opera degli atti da produrre a sostegno della richiesta di applicazione di una misura cautelare.
Una facoltà che, contrariamente a quanto sembra prospettare la difesa, ben può condurre il pubblico ministero, nell’esercizio della sua funzione di direzione delle attività d’indagine e di titolare del potere d’impulso, a trasmettere giudice delle indagini preliminari, in luogo della fonte di prova diretta ( concreto, per quel che rileva, le sommarie informazioni acquisite), altri atti (l informative redatte dalla polizia giudiziaria che ha partecipato alle indagini) ne quali tali fonti sono riportate, per le parti rilevanti (Sez. 6, n. 39923 12/06/2008, Cristiano, Rv. 241874; Sez. 1, n. 5670 del 30/10/1996, dep. 1997, NOME, Rv. 206766; Rv. 271682).
In sintesi, quindi, sul presupposto pacifico che il Tribunale del riesame ha ricevuto tutti gli atti originariamente trasmessi dal pubblico ministero al giudic per le indagini preliminari, la censura sollevata, alla luce di quanto osservato, deve ritenersi infondata.
La seconda censura (afferente, per come si è detto, al difetto di autonoma valutazione da parte del giudice per le indagini preliminari) e, invece, indeducibile.
Se, infatti, è principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la motivazione della ordinanza cautelare non può limitarsi alla ratifica, con formule di stile, delle valutazioni offerte dal pubblico ministero, ma deve offrir un autonomo apprezzamento di tutte le emergenze procedimentali disponibili e rilevanti (ex multis, Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, deo. 2018, Rv. 272596; Sez. 1 n. 5122 del 19/09/1997, Rv. 208586; Sez. 5, n. 5954 del 07/12/1999 dep. 2000, Rv. 215258), l’eventuale nullità dell’ordinanza genetica per mancanza di autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, di cui all’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., in quanto nullità AVV_NOTAIO a regime intermedio, deve essere dedotta, a pena di decadenza, con la richiesta di riesame (Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, Gabbianelli, Rv. 282460).
E dall’esame del fascicolo processuale (al quale questa Corte può accedere in ragione della natura del vizio denunciato: Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001 Policastro, Rv. 220092), invece, emerge il contrario. La richiesta di riesame, infatti, è stata presentata, il 27 ottobre 2023, con riserva di formulazione dei motivi; motivi che sono stati sviluppati all’udienza del 9 novembre 2024, quando veniva eccepita la nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. per mancata trasmissione degli atti (specificamente indicati nell’elenco allegato), il difetto di gravità indiziarla e la mancanza della querela i relazione al capo I). Nulla si deduceva con riferimento al profilo dell’invocata assenza di autonoma valutazione. E tanto, per come si è detto, rende la censura, indeducibile in quanto sollevata per la prima volta dinanzi a questa Corte.
Ma la censura è, comunque, manifestamente infondata.
Il Gip, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa, non si è limitato ad una sterile rassegna delle fonti di prova a carico dell’indagato, ma ha esplicitato, seppur sinteticamente, le proprie valutazioni, dando atto degli elementi di prova ritenuti rilevanti (in particolare quelli afferenti alla vicenda “Tamburrino”) e del loro conseguente valutazione, sia sotto il profilo oggettivo (in quanto espressivi di una condotta di partecipazione all’associazione), sia sotto quello soggettivo (quanto alla ritenuta sussistenza dell’affectio societatis, tipica del reato associativo).
Il ricorso, quindi, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Ai sensi del comma 1-ter dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., copia del presente provvedimento dovrà essere trasmessa, a cura della cancelleria, al direttore dell’istituto penitenziario ove è ristretto il COGNOME perché provveda a quanto stabilito nel comma 1-bis dello stesso articolo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. del codice di procedura penale.
Così deciso il 28 marzo 2024
Il Consiglier estensore
Il Presidente