Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31598 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31598 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE il 23/03/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa COGNOME NOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
uditi gli AVV_NOTAIO e NOME NOME, difensori di fiducia dell’imputa che hanno concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza con cui NOME COGNOME è stato condannato per il delitto di traffico di influenze illecite, perché, sfruttan e vantando relazioni esistenti presso pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico servizio presso il Comune RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE e giovandosi della sfera di influenza derivante dalla carica di assessore allo sport rivestit nei periodi febbraio 2013 – marzo 2014 e gennaio 2016 – luglio 2017, si faceva promettere e otteneva diverse utilità – corrisposte anche tramite COGNOME NOME,
all’epoca dei fatti fidanzato della figlia del ricorrente – da COGNOME NOME, tito dell’RAGIONE_SOCIALE, quale prezzo della sua mediazione illecita.
In particolare, a fronte della promessa di mettersi a disposizione dello stesso COGNOME e dell’RAGIONE_SOCIALE di questi per qualsiasi esigenza connessa all’esercizio e alla gestione degli spazi d’acqua della piscina comunale nonché in relazione alla programmazione per la gestione di alcuni campi da tennis, l’imputato conseguiva come utilità la somma di 7.500 euro versata il 20.7.2015, quella, ancora, di 7.500 euro per l’anno 2016, nonché l’assunzione della figlia.
Fatto commesso nel periodo 20 luglio 2015 – ottobre 2016.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità.
Il tema attiene alla ritenuta configurabilità da parte del Giudice di primo grado de delitto di traffico di influenze illecite nel testo introdotto nel 2012, atteso che nella le relazioni sarebbero state effettive e non esclusivamente vantate.
La Corte di appello, investita da motivi specifici relativi alla qualificazione giuri del fatto, non avrebbe affrontato la questione e avrebbe “omesso di confermare l’applicazione della norma previgente elaborando varie declinazioni sulla materialità (sfruttamento e vanteria) dell’attuale formulazione dell’art. 346 bis cod. pen.” (cos testualmente il ricorso).
Secondo il ricorrente, la Corte di appello avrebbe applicato nella specie “l’attuale formulazione della norma penale senza verificare la corretta funzionalità del principio di cui all’art. 2 cod. pen.”.
Sulla base di tale quadro di riferimento, si affronta il tema della continuità normativ tra l’attuale testo dell’art. 346 bis cod. pen e il previgente comma 2 dell’art. 346 co pen.
L’esistenza effettiva delle relazioni tra NOME e i pubblici agenti sarebbe stata ritenut erroneamente provata attraverso le dichiarazioni di persone informate sui fatti (in particolare COGNOME NOME), così come provato sarebbe stato erroneamente ritenuto l’affidamento di NOME NOME ricevere dall’imputato protezione che questi avrebbe assicurato in ragione della sua influenza nel settore.
La sentenza sarebbe viziata anche quanto alla valutazione delle dichiarazioni della persona informata sui fatti e del coimputato COGNOME, alla esistenza delle relazioni tra l stesso imputato e il pubblico ufficiale e alla erronea applicazione delle norma penale, attesi gli incerti rapporti tra il delitto contestato e quello di millantato credito.
Nella specie, inoltre, vi sarebbe stata solo una promessa di mediazione che non sarebbe riconducibile alla norma incriminatrice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Sotto un primo profilo, è utile evidenziare come, in ragione del tempo di commissione del reato, il tema, a lungo evocato nel ricorso, relativo ai rapporti tra reato di traffico di influenze illecite, nel testo vigente dopo le modifiche apportate a fattispecie dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di millantato credito non assume rilievo.
I fatti sono stati correttamente ricondotti da entrambi i Giudici di merito al delitt cui all’art. 346 bis cod. pen. nel testo originario introdotto con la legge 6 novembr 2012, n. 190; la pena è stata determinata da entrami i giudici di merito facendo riferimento al testo vigente prima delle modifiche apportate nel 2019.
Sul punto è chiarissimo il Tribunale a pag.28 della sentenza, ma nello stesso senso si pone la Corte di appello che, al di là del richiamo contenuto a pag. 3 alla “nuova” formulazione della norma incriminatrice, ha continuato a fare riferimento alla fattispecie vigente prima delle modifiche apportate nel 2019, e, in particolare, alla configurabilità di una mediazione illecita onerosa tra NOME e COGNOME fondata su relazioni esistenti tra l’imputato e pubblici agenti.
Dunque, nessun riferimento in punto di fatto è stato compiuto ai profili giuridici che hanno assunto rilievo, ai fini della configurabilità del reato, solo dopo il 2019, come, a esempio, la prova di relazioni anche solo asserite tra il mediatore e il pubblico ufficial ne consegue che nessuna valenza assume il tema, su cui a lungo si è soffermato il ricorrente, della continuità normativa tra il “nuovo” art. 346 bis cod. pen. nella parte cui attribuisce rilievo anche alle relazioni asserite e il “vecchio” art. 346, comma 2, co pen., nella parte in cui detta norma faceva riferimento al “pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale”.
I Giudici di merito hanno ritenuto configurabile il reato contestato all’epoca dell commissione del fatto e hanno applicato la pena in “quel” momento prevista dalla legge.
Il tema della continuità normativa tra il nuovo art. 346 bis cod. pen. e il vecchio ar 346, comma 2, cod. pen., evocato in realtà solo dal ricorrente, è dunque esterno rispetto all’oggetto del processo.
Depurato da tale profilo, il ricorso rivela la sua strutturale inammissibilità.
Nella configurazione genetica, il delitto di traffico di influenze illecite era impern sullo “sfruttamento di relazioni esistenti”, tramite le quali un intermedia indebitamente si fosse fatto dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, promettendo a sua volta l’intercessione (mediazione) illecita presso un
pubblico agente o la sua remunerazione in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.
La materialità del fatto incriminato dall’art. 346- bis cod. pen. descriveva du condotte tra loro alternative, che differivano in ordine alla causa ed alla giustificazi della promessa/dazione del compratore di influenze.
Nella prima ipotesi, l’erogazione indebita costituiva il corrispettivo della mediazion illecita presso il pubblico agente; nella seconda, la corresponsione illecita era effettua all’intermediario affinché questi, a sua volta, remunerasse il soggetto pubblico; i entrambi i casi la mediazione illecita avrebbe dovuto essere finalizzata al compimento da parte del pubblico agente di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione ritardo di un atto del suo ufficio.
Si configurava, dunque, un reato-accordo e una tutela marcatamente anticipata, rispetto a condotte realmente pericolose per i beni del buon andamento o dell’imparzialità dell’attività amministrativa.
Si volle punire, con questo delitto ostacolo, il pre-accordo corruttivo o comunque prodromico ad altre condotte antigiuridiche che rientrano nella sfera di competenza di un soggetto pubblico che potrebbe, però, restare del tutto all’oscuro dell’altru pattuizione illecita, in quanto neppure avvicinato dal trafficante di influenza.
Quanto alla c.d. mediazione onerosa, quella cioè in cui la prestazione del committente costituisce solo il corrispettivo per la mediazione illecita promessa dall’intermediario n confronti del pubblico agente, l’utilità corrisposta dall’acquirente dell’influenza no diretta, neppure in parte, a retribuire il pubblico agente, bensì costituisce il prezzo l’intercessione promessa dal “faccendiere”.
In tali casi, la questione attiene alla individuazione delle condizioni in presenza del quali può dirsi “illecita” una mediazione onerosa che – in assenza di pressioni estorsive o, più in generale, condizionamenti corruttivi – sia finalisticannente rivolta ad ottene un provvedimento contrario ai doveri di ufficio ovvero un qualsiasi atto favorevole.
Nel caso di mediazione onerosa la punibilità viene fatta discendere dal mero accordo tra committente e intermediario, originato, sul piano dei motivi, dalla possibilità sfruttare una relazione reale con il pubblico agente: un accordo che, nella prospettiva dualistica del committente e del mediatore, deve tuttavia essere diretto ad “influenzare” l’operato del “pubblico agente-bersaglio”, al di là dell’effettivo esercizio di una ingere inquinante e del conseguimento del risultato desiderato.
La mediazione onerosa è illecita in ragione della proiezione “esterna” del rapporto dei contraenti, dell’obiettivo finale dell’influenza compravenduta, nel senso che l mediazione è illecita se è volta alla commissione di atto contrario ai doveri di uffici comunque favorevole e non dovuto, idoneo a produrre vantaggi al committente.
Un reato oggetto del programma contrattuale che permea la finalità del committente e giustifica l’incarico al mediatore.
Una mediazione espressione della intenzione di inquinare l’esercizio della funzione del pubblico agente, di condizionare, di alterare la comparazione degli interessi, di compromettere l’uso del potere discrezionale.
I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi indicati
Si sono ricostruiti i fatti e valutato le prove, sono stati chiariti i rapporti tra Mu COGNOME, sono state descritte le relazioni esistenti tra COGNOME e i pubblici ufficiali, chiarito quale fosse l’oggetto illecito della mediazione onerosa, si è spiegato perché nella specie sono configurabili i requisiti strutturali
Nulla di specifico è stato dedotto; non è chiaro perché non sarebbero attendibili le dichiarazioni assunte, perché la mediazione non sarebbe stata illecita, perché non sarebbe configurabile il reato; perché non rileva la promessa di mediazione, atteso il tenore letterale della disposizione incriminatrice.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della tassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2024.