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Traffico di influenze: la Cassazione fa chiarezza

Un ex assessore comunale è stato condannato per traffico di influenze illecite per aver ricevuto denaro e favori in cambio della sua promessa di intercedere presso pubblici ufficiali a favore di un’associazione sportiva. La Cassazione ha confermato la condanna, chiarendo i requisiti del reato secondo la legge applicabile all’epoca dei fatti (2015-2016) e dichiarando inammissibile il ricorso.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Traffico di influenze illecite: la Cassazione chiarisce i confini del reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31598 del 2024, offre importanti spunti di riflessione sul delitto di traffico di influenze illecite. Il caso esaminato riguarda un ex assessore comunale condannato per aver sfruttato la sua posizione e le sue relazioni per ottenere vantaggi personali, promettendo in cambio il suo intervento a favore di un imprenditore sportivo. La decisione della Suprema Corte conferma la condanna e chiarisce quali elementi configurano questo complesso reato, specialmente con riferimento alla normativa applicabile prima delle modifiche del 2019.

I fatti del processo

Al centro della vicenda vi è un ex assessore allo sport di un comune del Sud Italia. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, l’imputato, forte della sua carica e delle sue relazioni con funzionari del Comune e di un’azienda municipalizzata, si era fatto promettere e aveva ottenuto diverse utilità da parte del titolare di un’associazione sportiva natatoria.

I vantaggi consistevano in somme di denaro (7.500 euro nel 2015 e altri 7.500 nel 2016) e nell’assunzione del fidanzato di sua figlia. In cambio, l’ex assessore prometteva di mettersi a disposizione dell’associazione per ogni esigenza legata alla gestione degli spazi d’acqua della piscina comunale e di alcuni campi da tennis. In sostanza, vendeva la sua capacità di influenza sulla pubblica amministrazione.

La questione legale e il ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due punti:
1. Errata qualificazione giuridica: secondo i legali, i giudici di merito non avrebbero correttamente distinto tra la vecchia e la nuova formulazione dell’art. 346-bis del codice penale (introdotta nel 2019), applicando di fatto la versione più recente a fatti commessi in precedenza.
2. Carenza degli elementi del reato: il ricorso contestava la valutazione delle prove, in particolare la sussistenza di una reale promessa di mediazione illecita e l’effettiva esistenza delle relazioni vantate.

In sostanza, la difesa ha cercato di far leva sulle modifiche normative e su una presunta erronea interpretazione dei fatti per smontare l’impianto accusatorio.

La decisione sul traffico di influenze illecite

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato e generico. I giudici hanno chiarito un aspetto fondamentale: ai fatti, commessi tra il 2015 e il 2016, si applica correttamente la versione dell’art. 346-bis c.p. introdotta dalla legge n. 190 del 2012. La successiva modifica del 2019, che ha esteso la punibilità anche alle relazioni solo “asserite” (millantate) e non necessariamente “esistenti”, non è rilevante per il caso di specie, poiché la condanna si fondava proprio sullo sfruttamento di relazioni effettive e comprovate. Pertanto, ogni discussione sulla continuità normativa tra le due versioni della legge è stata considerata esterna al processo.

Le motivazioni

Nel motivare la decisione, la Suprema Corte ha ribadito i capisaldi del reato di traffico di influenze illecite nella sua configurazione originaria. Il reato si configura come un “reato-accordo” che punisce in via anticipata condotte prodromiche alla corruzione. La sua essenza risiede nello sfruttamento di relazioni esistenti con pubblici ufficiali, attraverso cui un mediatore si fa dare o promettere un vantaggio patrimoniale come prezzo per la sua intercessione illecita.

La Corte ha specificato che la cosiddetta “mediazione onerosa” è illecita quando è finalizzata a influenzare un pubblico agente per ottenere un atto contrario ai doveri d’ufficio o, comunque, un atto favorevole non dovuto, idoneo a produrre vantaggi per il committente. Non è necessario che il pubblico ufficiale sia a conoscenza del patto o che venga effettivamente avvicinato; ciò che conta è l’accordo tra il mediatore e il privato, finalizzato a inquinare la funzione pubblica. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente ricostruito i fatti, le prove, i rapporti tra l’imputato e i pubblici ufficiali e l’oggetto illecito della mediazione, rendendo le censure della difesa generiche e inefficaci.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio importante: il delitto di traffico di influenze illecite, anche nella sua formulazione precedente al 2019, è un reato di pericolo che sanziona il patto illecito a monte, indipendentemente dal suo esito. La decisione sottolinea che, una volta provato lo sfruttamento di relazioni reali e la promessa di una mediazione finalizzata a ottenere un vantaggio indebito dalla pubblica amministrazione in cambio di un compenso, gli elementi costitutivi del reato sono integrati. La Corte ha quindi confermato la condanna, condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando una mediazione diventa traffico di influenze illecite?
La mediazione diventa illecita quando è volta alla commissione di un atto contrario ai doveri d’ufficio o comunque un atto favorevole e non dovuto, idoneo a produrre vantaggi al committente. L’illiceità deriva dall’obiettivo finale dell’accordo tra il privato e il mediatore.

La modifica legislativa del 2019 sul reato di traffico di influenze si applica a fatti commessi prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte ha chiarito che per i fatti commessi prima del 2019, come nel caso di specie (2015-2016), si applica la versione della norma introdotta nel 2012 (L. 190/2012). Il principio generale è quello del tempus regit actum, secondo cui si applica la legge in vigore al momento della commissione del reato.

Per configurare il reato di traffico di influenze, è necessario che il pubblico ufficiale sia a conoscenza dell’accordo?
No. La sentenza spiega che il reato si configura come un accordo tra il mediatore e il privato acquirente di influenza. Il pubblico ufficiale può restare del tutto all’oscuro della pattuizione illecita e non essere neppure avvicinato dal mediatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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