Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6361 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6361 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
NOME nato a MARIBOR( SLOVENIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo oit. >Li c – 0.,t/y N s ottcei ›tQ»t , e ,u elJ C.,.
udito il….ciirelisore Trattazione scritta.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza emessa in data 19 novembre 2019 il GUP del Tribunale di Gorizia – in rito abbreviato – ha affermato la penale responsabilità di NOME in relazione alla contestazione di favoreggiamento della immigrazione clandestina (di cinque persone) per fatto avvenuto il 4 giugno 201 (per transito dalla Slovenia in Italia).
Giova precisare, in rapporto ai dedotti motivi di ricorso, che a) in disposit trova indicato il termine di giorni trenta per il deposito della motivazione e la risulta depositata (in lingua italiana) il 25 novembre del 2019; b) entrambi imputati, secondo il GUP, erano in grado di comprendere la lingua slovena (non solo, ovviamente, la NOME ma anche NOME), per come si desume dagli atti del procedimento; c) risulta recapitata in cancelleria una copia della sentenza trad in lingua slovena in data 3 febbraio 2020 (il difensore aveva richiesto la traduz sia in sloveno che in arabo).
La Corte di Appello di Trieste, con sentenza emessa in data 17 novembre 2022 ha confermato la prima decisione.
L’appello è stato proposto dal difensore di fiducia di entrambi gli imputati.
Quanto alle questioni rilevanti ai fini della odierna decisione, in riferime motivi di ricorso, va rilevato che:
la Corte di Appello conferma la valutazione del GUP circa la conoscenza della lingua slovena anche da parte dello NOME;
il 3 febbraio 2020 scadeva il termine per proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado;
ciò posto, la Corte di secondo grado ritiene di respingere la domanda d restituzione nel termine per proporre impugnazione – formulata dal difensore nell’interesse degli imputati -, atteso che nel termine util proporre impugnazione era ‘disponibile’ anche la traduzione in sloveno della sentenza.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – NOME e NOME COGNOME. Il ricorso è affidato a due motivi.
3.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione della disciplina processuale i tema di restituzione nel termine.
Secondo la difesa, che ripercorre i fatti processualmente rilevanti in modo non difforme da quanto detto in sentenza, il mancato deposito della traduzione della sentenza – in un momento utile per l’esercizio dei diritti spettanti personalmente agli imputati, anche ai sensi dell’art.143 cod.proc.pen. – imponeva l’accoglimento della domanda di restituzione nel termine ai sensi dell’art.175 cod.proc.pen. .
Si evidenzia, inoltre, che nessun avviso di deposito della sentenza (tradotta in lingua slovena) è mai stato notificato al difensore o agli imputati.
Non si vede, pertanto, come costoro potessero venirne a conoscenza.
La decisione impugnata sarebbe dunque erronea nella parte in cui respinge la domanda di restituzione nel termine, funzionale alla redazione di un autonomo atto di impugnazione da parte degli imputati.
3.2 Al secondo motivo si deduce violazione dell’obbligo imposto dall’art.143 cod.proc.pen. e relativo alla traduzione della sentenza in lingua araba
Il motivo riguarda esclusivamente la posizione di NOME COGNOME.
Si sostiene, in particolare, l’erroneità della affermazione secondo cui il ricorrente sarebbe in grado di comprendere la lingua slovena.
Gli elementi indicati nella decisione di primo grado sono, si afferma, meramente indiziari e non offrono certezza alcuna.
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Il ricorso è infondato, pur dovendosi introdurre talune rettifiche rispetto alla motivazione esposta nella decisione impugnata.
4.1 Va in particolare precisato quanto segue, in relazione alla doglianza contenuta nel primo motivo:
la disposizione di legge di cui all’art.143 cod.proc.pen. prevede in caso di imputato alloglotta – non in grado di comprendere la lingua italiana – la traduzione scritta – in un termine congruo tale da consentire l’esercizio dei diritti e delle facoltà difensive – di una serie di atti processuali, tra cui la sentenza;
b) la legge prevede, quanto all’appello, la facoltà di proposizione dell’impugnazione anche personalmente (art. 571 comma 1 cod.proc.pen.);
nel caso in esame non può parlarsi di ‘omessa traduzione’ della sentenza (essendo esistente l’atto tradotto), quanto di una questione di tempistica e di conoscibilità dell’atto tradotto;
d) se da un lato la traduzione è atto che condiziona, in modo inevitabile, l’esercizio della facoltà di impugnazione personale, è altrettanto indiscutibile che si tratta di un diritto ‘personale’ dell’imputato, la cui tutela non può essere affidata al
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difensore (si veda sul punto Sez. Il n. 32057 del 21.6.2017, rv 270327 secon cui le questioni relative alla omessa traduzione sono proponibili esclusivamen dall’interessato).
4.2 Tutto ciò precisato, il Collegio intende evidenziare che la domanda contenu nell’atto di appello del difensore – di restituzione nel termine a beneficio imputati, essendo venuta in essere la traduzione della sentenza in tempo non ut per un compiuto esercizio della facoltà di impugnazione – oltre ad essere st introdotta da soggetto non ‘titolare’ della facoltà sottesa, risulta del tutto sul piano del corretto inquadramento dell’istituto.
Il motivo della sua infondatezza, dunque, non è quello indicato dalla Corte Appello.
Ed invero la questione di fondo è rappresentata, in verità, dalla conoscibilità legale dell’atto tradotto (tema sollevato anche dal difensore) ma non in chiave restituzione nel termine ai sensi dell’art.175 cod.proc.pen. .
4.3 Presupposto essenziale per la ‘restituzione’ nel termine è – infatti termine di cui si parla sia inutilmente decorso.
Nel caso di traduzione della sentenza depositata in un tempo che supera quell previsto dalla legge per il deposito dell’originale (ossia della sentenza in italiana) è da ritenersi – di contro – che spetti all’imputato alloglotta l’ deposito della sentenza tradotta (ai sensi dell’art. 548 comma 2 cod.proc.pen. fine di rendere possibile l’esercizio concreto della facoltà di appello personale
In altre parole, la disposizione di cui all’art. 143 cod.proc.pen., ad avvi Collegio, va letta unitamente alle disposizioni che regolamentano i tempi deposito della sentenza.
Da ciò deriva che l’atto/sentenza, nei casi come quello oggetto del presen giudizio, è un atto duplice, che si compone necessariamente di un originale redat in italiano e di una copia tradotta.
Ora, lì dove entrambe le ‘forme’ dell’atto vengano in essere nel termine di le per il deposito della sentenza è evidente che non sarà necessario alcun avviso deposito, ma lì dove la traduzione sia depositata oltre il termine (nel caso in e oltre il trentesimo giorno indicato in dispositivo) è da ritenersi applicab previsione di legge di cui all’art. 548 comma 2 cod.proc.pen., con notif all’imputato titolare della (autonoma) facoltà di impugnazione.
Da ciò deriva che il termine per proporre l’atto di appello decorre – per i imputato che si trovi nella descritta condizione – solo dal giTo in cui è
eseguita la comunicazione dell’avviso di deposito (della sentenza tradotta) ai s dell’art. 585 comma 2 lettera c) cod.proc.pen. .
Nel caso in esame, non essendo mai stata eseguita (almeno per quanto risult dagli atti) la notificazione dell’avviso di deposito della sentenza di primo tradotta, non vi è questione di ‘restituzione’ in un termine mai decorso (almen momento in cui è stata emessa la sentenza di secondo grado).
4.4 Il secondo motivo è parimenti infondato, posto che gli indicatori utilizza sede di merito per affermare la conoscenza dello sloveno in capo a NOME risultano logici e congruenti, sicchè ben poteva essere la traduzione della sente limitata solo alla lingua slovena.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente