Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 27686 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27686 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/06/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
SALVATORE DOVERE
– Presidente –
Sent. n. sez. 661/2025
NOME COGNOME
CC – 20/06/2025
NOME
R.G.N. 12272/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
NOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno
nel procedimento a carico di:
NOME (CUI CODICE_FISCALE, nato in Marocco il 02/04/2003
avverso l’ordinanza del 17/03/2025 del Tribunale del riesame di Salerno, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per lÕannullamento dellÕordinanza impugnata; lette le memorie depositate dallÕAvv. NOME NOME COGNOME del foro di Vallo
della Lucania, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Con ordinanza del 17 marzo 2025 il Tribunale di Salerno, adito art. 309 cod. proc. pen., ha accolto il gravame proposto da NOME avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vallo della Lucania aveva applicato, nei suoi confronti, la misura della custodia cautelare in carcere, per il reato di cui allÕart. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
1.1. Il Tribunale ha ritenuto fondata lÕeccezione di nullitˆ dellÕordinanza di custodia cautelare poichŽ non tradotta, per iscritto, in lingua nota allÕindagato, con conseguente alle garanzie difensive.
Avverso lÕordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vallo della Lucania, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale penale: secondo il ricorrente la mancata traduzione scritta dell’ordinanza cautelare non determina una nullitˆ di ordine generale a regime intermedio, quantomeno nelle ipotesi, come quella in esame, in cui la traduzione sia stata effettuata oralmente, nel corso dell’udienza di convalida.
Il ricorrente deduce, quindi, che in tal caso non è possibile ipotizzare alcun al diritto di difesa, sia perchŽ in sede di convalida gli indagati hanno avuto contezza degli elementi emersi a loro carico, sia per lÕavvenuta traduzione orale, sia per lÕavvenuta proposizione della richiesta di riesame, per ragioni inerenti al merito della vicenda.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Il ricorso, per le ragioni e nei limiti che si vanno esponendo, è fondato.
1.1. Allo scrutinio dei motivi è utile premettere in fatto che NOME e NOME furono tratti in arresto perchŽ colti nella flagranza del reato di cui allÕart. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Essendo emerso che gli indagati non conoscevano la lingua italiana, l’udienza di convalida dell’arresto fu tenuta con lÕausilio di un interprete di lingua araba.
Quindi, nel corso dellÕudienza gli indagati negarono gli addebiti; lo COGNOME in particolare, afferm˜ di aver ricevuto lo stupefacente, di averlo detenuto per cinque
giorni, ma con il solo intento di restituirlo ai fornitori, e non invece di cederlo a terzi (p. 2 ordinanza impugnata).
AllÕesito, convalidato lÕarresto, fu emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere, immediatamente letta e tradotta oralmente in lingua araba.
L’interprete fu inoltre incaricato di effettuare la traduzione scritta nei 10 giorni successivi; traduzione che, invece, fu depositata soltanto domenica 16 marzo 2025, ovvero il giorno precedente lÕudienza dinanzi al Tribunale del riesame.
Il Tribunale, ritenendo non congruo il termine concesso (coincidente appunto con quello per proporre riesame), e la lesione delle prerogative difensive, ha annullato l’ordinanza cautelare, disponendo la liberazione dell’indagato, se non detenuto per altra causa.
1.2. Ci˜ posto, il Collegio, in primo luogo, ritiene di non poter condividere lÕinterpretazione offerta dal ricorrente secondo cui la traduzione orale, disposta art. 51, disp. att. cod. proc. pen., rappresenta Òun livello minimo ma sufficiente di garanziaÓ, per come dovrebbe desumersi dalla possibilitˆ, prevista dalla stessa disposizione, di rinunciare alla traduzione scritta (p. 3 ricorso).
Introdotto dal d.lgs. 23 giugno 2016, n. 129, l’art. 51disp. att. cod. proc. pen. ha ampliato in maniera significativa i diritti dellÕimputato alloglotta, in relazione all’assistenza gratuita dell’interprete ai colloqui difensivi (comma 1).
Il comma 2 della disposizione, invece, codifica una inedita procedura d’urgenza per i casi in cui, appunto, non è possibile avere prontamente la traduzione scritta degli atti di cui all’art. 143, comma 2, cod. proc. pen. (ad esempio, per la complessitˆ del provvedimento da tradurre): in tali ipotesi lÕautoritˆ giudiziaria, con decreto motivato, pu˜ disporre che la traduzione dellÕatto avvenga in forma orale, ma solo se ci˜ non arreca pregiudizio al diritto di difesa dell’imputato, e sempre che ne sia effettuata la riproduzione fonografica (come previsto dal comma 4).
Tuttavia, la lettura congiunta anche dei commi successivi induce a ritenere che le ragioni di urgenza non legittimano, in alcun modo, il ricorso esclusivo alla traduzione orale, anzichŽ a quella scritta, cui invece fa riferimento, in termini generali, la disposizione fondamentale di cui allÕart. 143, comma 2, cod. proc. pen.
Particolarmente significativa al riguardo Ð ma nel senso opposto a quello prospettato dal ricorrente – deve ritenersi la previsione di cui al successivo comma 3 del citato art. 51, che ammette la rinuncia alla traduzione scritta, anche a mezzo di procuratore speciale, ma solo se espressa, e se consapevole delle relative implicazioni (anche a seguito della consultazione del difensore), pena la sua inefficacia (Òla rinuncia produce effetti solo seÉÓ).
La previsione di tali particolari cautele, cui è pure condizionata lÕefficacia della rinuncia, testimonia lÕimportanza attribuita alla traduzione scritta quale strumento elettivo per garantire una partecipazione consapevole al processo dello straniero che
non conosce la lingua italiana; inoltre, è funzionale a dare piena attuazione all’art. 3, par. 8, della Direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010, che riconosce una tale facoltˆ a condizione che Çgli indagati o gli imputati abbiano beneficiato di una previa consulenza legale o siano venuti in altro modo pienamente a conoscenza delle conseguenze di tale rinuncia e che la stessa sia inequivocabile e volontariaÈ.
Oltre alla matrice convenzionale appena richiamata, deve certamente ricordarsi che il diritto alla traduzione trova il suo fondamento sistematico proprio nell’art. 24, comma 2, Cost., che assicura la difesa come Çdiritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimentoÈ, come riconosciuto dal giudice delle leggi, con la conseguenza che Çil giudice è sottoposto al vincolo interpretativo di conferire alle norme, che contengono le garanzie dei diritti di difesa in ordine alla esatta comprensione dell’accusa, un significato espansivo, diretto a render concreto ed effettivo, nei limiti del possibile, il diritto dell’imputatoÈ (cfr., Corte cost., sent. n. 10 del 1993).
Pertanto, anche considerazioni di carattere sistematico inducono a ritenere che, in assenza di una valida rinuncia, il diritto alla traduzione scritta entro in termine congruo, che si fonda sulla previsione generale dellÕart. 143, comma 2, cod. proc. pen., non pu˜ subire una compressione per le ragioni dÕurgenza individuate dallÕautoritˆ giudiziaria.
La conclusione, del resto, sembra al Collegio non solo necessitata, alla luce della matrice convenzionale e costituzionale del diritto alla traduzione, ma anche coerente con la stessa individuazione del presupposto per procedere alla traduzione orale, con particolare riferimento alla impossibilitˆ di avere ÒprontamenteÓ la traduzione scritta.
Preziose indicazioni in tal senso possono rinvenirsi anche nel recente intervento delle Sezioni Unite: nellÕaffermare il principio per cui deve ritenersi affetta da nullitˆ a regime intermedio l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, se non tradotta in un termine congruo, questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha sottolineato come il ricorso agli strumenti previsti dall’art. 51disp. att. cod. proc. pen., debba avvenire Ònelle more della traduzione dell’ordinanza cautelareÓ, e comunque per Òammortizzare i tempi della traduzione dell’attoÓ (Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286356 Ð 01, pp. 19, 20 e 22 del considerato in diritto); traduzione scritta che, dunque, in tali casi deve ritenersi ugualmente dovuta.
1.3. Il ricorso è invece fondato nel resto.
Secondo un risalente orientamento di questa Corte regolatrice, l’indagato alloglotta non pu˜ semplicemente limitarsi a dolersi della mancata traduzione, ma, in coerenza con la natura generale a regime intermedio delle nullitˆ, ha l’onere di indicare l’esistenza di un interesse a ricorrere, concreto, attuale e verificabile, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale (tra
le altre, Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 285186 – 01; Sez. 1, n. 13291 del 19/11/1998, Senneca, Rv. 211870 Ð 01; Sez. 4, n. 4789 del 19/02/1992, Sitˆ, Rv. 189947 – 01).
Orientamento oggi confermato nel citato intervento delle Sezioni Unite (Sez. U, COGNOME, cit.), con cui si è ribadita la necessitˆ, per chi deduce il vizio dellÕatto, di allegare in che termini, rispetto alla motivazione del provvedimento non tradotto, la mancata tempestiva conoscenza avrebbe influito sulle proprie strategie difensive (p. 26); principio poi ulteriormente confermato dalle Sezioni semplici (Sez. 6, n. 2714 del 04/12/2024, dep. 2025, Medina, Rv. 287455 Ð 01; Sez. 1, n. 44251 del 16/10/2024, COGNOME, Rv. 287282 Ð 01).
Naturalmente, allÕonere di allegazione, in capo a colui il quale deduce la nullitˆ, fa riscontro lÕonere di motivazione del giudice.
Nella specie, dal tenore del provvedimento impugnato non risulta intanto quale sia stata la concreta allegazione del ricorrente. Inoltre, il Tribunale, pur dando atto delle dichiarazioni rese in sede di convalida, dellÕintervenuta traduzione orale del provvedimento cautelare, e della proposizione dei motivi di riesame (non limitati al profilo processuale di cui si discute), ha poi evidenziato, in termini del tutto generici, che Òper approntare una difesa adeguata innanzi a questo Tribunale, il ricorrente avrebbe dovuto conoscere in lingua araba il contenuto dell’ordinanza cautelare al fine di fornire una propria prospettazione alternativaÓ (p. 7).
Si tratta, come è evidente, della descrizione di pregiudizio astratto o potenziale, senza alcun ancoraggio alla specifica vicenda processuale, con le viste peculiaritˆ di cui è mancata la pur necessaria analisi – e quindi senza lÕindicazione concreta del modo in cui lÕomessa traduzione ha influenzato le prerogative difensive, tenendo conto della sequenza procedimentale nella quale si è inserito lÕatto non tradotto.
Segue pertanto lÕannullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen., che si atterrˆ ai principi enunciati.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno, competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p.
Cos’ deciso in Roma, 20 giugno 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME