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Traduzione imputato: quando non è obbligatoria

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava la nullità della sentenza d’appello per omessa traduzione. Secondo la Corte, nel giudizio camerale d’appello, la presenza dell’imputato non è necessaria. Pertanto, è onere dello stesso, se detenuto, comunicare la propria volontà di comparire. In assenza di tale comunicazione, il giudice non è tenuto a disporre la traduzione dell’imputato.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione imputato: quando non è un obbligo per il giudice

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del diritto dell’imputato detenuto a partecipare al giudizio d’appello. La questione centrale riguarda l’obbligo di disporre la traduzione imputato: è sempre necessario o grava sull’interessato un onere di comunicazione? La Suprema Corte, con una decisione che si pone in continuità con la giurisprudenza consolidata, ha stabilito che la volontà di partecipare deve essere espressa, altrimenti non sussiste alcuna nullità per la mancata presenza in aula.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado con rito abbreviato, proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. Il motivo principale del ricorso era la presunta nullità della sentenza di secondo grado per omessa traduzione. In sostanza, il ricorrente, essendo detenuto, sosteneva che il giudice d’appello avrebbe dovuto disporre d’ufficio il suo trasferimento in aula per consentirgli di partecipare all’udienza, e che la mancata adozione di tale provvedimento viziava l’intero procedimento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio di diritto ormai consolidato: nel giudizio camerale d’appello, la presenza dell’imputato non è un requisito necessario per la validità del procedimento. Di conseguenza, non esiste un obbligo per il giudice di disporre automaticamente la sua traduzione.

Le Motivazioni: la traduzione imputato come onere

La Corte ha articolato le sue motivazioni chiarendo la natura del rito e gli oneri a carico delle parti.

Il Contesto del Rito Camerale e la Volontà di Partecipare

La pronuncia si sofferma sulla natura del giudizio d’appello che si svolge con rito camerale. Anche quando la difesa chiede la trattazione orale (convertendo il rito emergenziale ‘cartolare’ in un rito camerale ordinario), ciò non fa scattare automaticamente l’obbligo di traduzione. La Corte spiega che è onere dell’imputato detenuto, che intende partecipare fisicamente all’udienza, comunicare tale volontà e l’eventuale legittimo impedimento. Se questa comunicazione non avviene, il giudice non è tenuto a disporre la traduzione né a rinviare l’udienza. La partecipazione, quindi, è un diritto che deve essere attivato dall’interessato, non un dovere d’ufficio del magistrato.

Continuità con la Giurisprudenza Precedente

I giudici hanno sottolineato come questa interpretazione non sia una novità, ma sia in linea con precedenti decisioni, sia antecedenti che coeve al periodo dell’emergenza pandemica. Il principio è che la necessità della presenza dell’imputato nel rito camerale non è presunta. Questo orientamento è confermato anche dall’attuale formulazione dell’art. 599, comma 2, del codice di procedura penale. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato privo di fondamento giuridico.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione ha importanti implicazioni pratiche per la difesa. Stabilisce chiaramente che la difesa di un imputato detenuto non può rimanere passiva, ma deve attivarsi per garantire la sua partecipazione al processo d’appello. È fondamentale che l’imputato, tramite il suo difensore, manifesti esplicitamente e tempestivamente la volontà di essere presente in udienza. In caso contrario, una successiva doglianza per mancata traduzione imputato sarà destinata all’insuccesso, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.

In un giudizio d’appello con rito camerale, il giudice ha sempre l’obbligo di disporre la traduzione dell’imputato detenuto?
No. Secondo la Cassazione, la presenza dell’imputato in questo tipo di giudizio non è necessaria. Pertanto, il giudice non ha l’obbligo di disporne d’ufficio la traduzione.

Cosa deve fare l’imputato detenuto se vuole partecipare all’udienza d’appello?
È un onere dell’imputato stesso comunicare il proprio legittimo impedimento e la volontà di comparire all’udienza. In assenza di tale specifica comunicazione, il giudice non è tenuto a disporre il suo trasferimento.

La richiesta di trattazione orale da parte del difensore obbliga il giudice a disporre la traduzione dell’imputato?
No. La richiesta di trattazione orale trasforma il rito da ‘cartolare’ a camerale ordinario, ma non crea di per sé l’obbligo di traduzione dell’imputato, il quale deve comunque manifestare espressamente la volontà di partecipare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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