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Traduzione imputato: non dovuta se in prova sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava la mancata organizzazione della sua traduzione in udienza. Poiché l’imputato si trovava in affidamento in prova ai servizi sociali, una misura alternativa alla detenzione, la Corte ha stabilito che non sussisteva alcun obbligo per il giudice di disporre la traduzione imputato. Era onere dell’interessato attivarsi con il magistrato di sorveglianza per poter partecipare al processo.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione imputato: non è un diritto per chi è in prova ai servizi sociali

L’obbligo di garantire la traduzione imputato in udienza sussiste solo se quest’ultimo si trova in stato di detenzione. Ma cosa succede se l’imputato sta scontando una pena attraverso una misura alternativa, come l’affidamento in prova ai servizi sociali? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 10300 del 2024, fa chiarezza su questo punto, stabilendo una netta distinzione tra detenzione effettiva e misure alternative.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello, presentava ricorso in Cassazione. L’unico motivo di doglianza era la presunta nullità derivata dalla mancata organizzazione del suo trasferimento per partecipare all’udienza di discussione. Al momento del processo d’appello, l’imputato si trovava in regime di affidamento in prova ai servizi sociali per un’altra causa. A suo dire, questa condizione avrebbe dovuto obbligare la Corte a disporre la sua traduzione per garantirgli il diritto di essere presente.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla traduzione imputato

La Suprema Corte ha respinto categoricamente la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che la misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali non può essere in alcun modo equiparata a uno stato detentivo. Pertanto, il giudice della cognizione (in questo caso, la Corte d’Appello) non aveva né il potere né il dovere di disporre la traduzione imputato.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore del ragionamento della Cassazione risiede nella natura giuridica delle misure alternative alla detenzione.

In primo luogo, si sottolinea che l’affidamento in prova è, per definizione, una misura alternativa alla detenzione, non una sua forma. L’imputato non si trova in uno stato di restrizione della libertà personale tale da impedirgli autonomamente di raggiungere il tribunale.

In secondo luogo, la Corte evidenzia come fosse onere specifico del ricorrente attivarsi per partecipare all’udienza. Poiché la sua libertà di movimento era soggetta alle prescrizioni del programma di affidamento, egli avrebbe dovuto interloquire con l’unica autorità competente in materia: il magistrato di sorveglianza. Spettava a quest’ultimo, e non al giudice del processo, valutare la richiesta e concedere le eventuali autorizzazioni necessarie per presenziare in aula.

Infine, i giudici hanno smontato i riferimenti giurisprudenziali citati dalla difesa, i quali riguardavano casi di imputati effettivamente detenuti per altra causa. In quelle circostanze, lo stato di detenzione impone al giudice di attivarsi per garantire la presenza dell’imputato. Nel caso di specie, invece, l’assenza di uno stato detentivo rende tali precedenti non pertinenti.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del diritto processuale penale: i diritti e gli oneri delle parti processuali cambiano a seconda del loro status. Un imputato libero o sottoposto a misure alternative non detentive ha l’onere di essere diligente e di attivarsi personalmente per partecipare al proprio processo. Non può rimanere inerte e poi lamentare una violazione del diritto di difesa. La decisione chiarisce che la responsabilità di coordinare gli obblighi derivanti da una misura alternativa con la necessità di presenziare a un’udienza ricade interamente sull’interessato, che deve utilizzare gli strumenti corretti, dialogando con il magistrato di sorveglianza. Di conseguenza, i giudici del processo di cognizione sono esenti da qualsiasi obbligo di disporre il trasferimento di chi non si trova in carcere o agli arresti domiciliari.

Un imputato in affidamento in prova ai servizi sociali ha diritto alla traduzione per partecipare all’udienza?
No. Secondo l’ordinanza, l’affidamento in prova non è uno stato di detenzione, pertanto non sussiste un obbligo per il giudice della cognizione di disporre la traduzione (il trasferimento sotto scorta) dell’imputato.

Chi è responsabile di garantire la partecipazione all’udienza di un imputato in prova ai servizi sociali?
La responsabilità ricade sull’imputato stesso. Era suo onere interfacciarsi con il magistrato di sorveglianza, unico competente a gestire le modalità della sua misura alternativa, per ottenere il permesso di partecipare all’udienza.

Perché i precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente non sono stati considerati validi?
La giurisprudenza citata dal ricorrente riguardava casi di imputati effettivamente detenuti per altra causa. La Corte di Cassazione ha specificato che tali precedenti non sono applicabili al caso di specie, poiché l’affidamento in prova è una misura alternativa e non una forma di detenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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