Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11172 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11172 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 16/08/1995
avverso l’ordinanza dell 23/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Napoli con la quale la stessa è stata sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere.
Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza un grave quadro indiziario in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 ed esistenti le esigenze cautelari d cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso la difesa della indagata deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 143, 292 e 180 cod. proc. pen. In particolare si impugna l’ordinanza nella parte in cui respinge l’eccezione difensiva relativa alla nullità della ordinanza cautelare per omessa tradzione della stessa in lingua conosciuta dall’indagata. Il Tribunale ha riconosciuto che la Oliveira è soggetto alloglotta e ha richiamato giurisprudenza di questa Corte secondo cui quando l’arrestato ha partecipato all’udienza di convalida con l’assistenza di un interprete e sia venuto a conoscenza degli elementi di accusa a suo carico non occorre la traduzione dell’ordinanza, rilevando che la giurisprudenza delle Sezioni Unite richiamata dalla difesa non attiene all’ipotesi della ordinanza custodiale emessa a seguito di udienza di convalida dell’arresto. L’argomento si pone in contrasto con l’interpretazione degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. nell’interpretazione data dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15069 del 2024. Rimane irrilevante che all’esito dell’udienza di convalida l’ordinanza sia stata tradotta oralmente sia perché l’art. 143 cod. proc. pen. impone la forma scritta della traduzione, sia perché non ricorre l’ipotesi di cui all’art. bis co. 2 disp. att. cod. proc. pen. dato che non sussisteva né il presupposto dell’urgenza né l’impossibilità di ricorrere prontamente alla traduzione scritta né, infine, risul emesso decreto motivato che giustificasse la forma orale della traduzione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è inammissibile.
Con unico motivo il difensore eccepisce l’inosservanza degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen., nella interpretazione data dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza
n. 15069 del 2024 in quanto l’ordinanza emessa in seguito alla convalida dell’arresto è stata tradotta solo in forma orale.
In proposito va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte, proprio con la sentenza richiamata dalla difesa, hanno statuito che l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dell’indagato alloglotta, ove emerga che non conosca la lingua italiana, è affetta, nel caso in cui non venga tradotta, da nullità ai sensi dell’art. 1 292 cod. proc. pen; viceversa, nel caso in cui non sia emerso che l’indagato conosca la lingua italiana, l’ordinanza non tradotta sarà valida nei suoi confronti finché non risul la mancata conoscenza della suddetta lingua, momento nel quale sorge l’obbligo della traduzione, entro un congruo termine, pena la nullità della intera sequenza degli atti processuali posti in essere fino a quel momento, ivi compresa l’ordinanza (Sez. U., n. 15069 del 26/10/2023, ep. 2024, COGNOME, Rv. 286356).
Il Tribunale di Napoli, con motivazione congrua ed esente dalla dedotta violazione di legge, ha spiegato che il principio sopra enunciato è stato affermato con riferimento all’ipotesi di interrogatorio di garanzia, dunque, in seguito alla esecuzion della ordinanza cautelare e non, come nel caso in esame, di interrogatorio reso in sede di convalidata dell’arresto che, a differenza che nel primo caso, precede la misura cautelare.
I giudici del Tribunale del riesame hanno evidenziato che la COGNOME, in sede di udienza di convalida dell’arresto in flagranza, è stata assistita da un interprete.
La stessa, dunque, è stata portata a conoscenza degli elementi a suo carico; ha fornito la propria versione dei fatti e le è stata data lettura della ordinanza emessa da Gip in esito all’interrogatorio.
COGNOME per il tramite del proprio difensore, ha ritualmente proposto ricorso al Tribunale del riesame.
La difesa non spiega, con il ricorso, quali sarebbero state le conseguenze che sarebbero derivate dalla mancata “traduzione scritta” della ordinanza cautelare della quale si limita a dedurre la nullità senza spiegare quale sarebbe stato il pregiudizio che da tale “omissione” sarebbe derivato.
A tale proposito è il caso di ricordare che questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui laddove il ricorrente deduca la nullità di un atto non può limitarsi alla mera allegazione della stessa ma indicare in concreto, l’interesse a ricorrere (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251693 – 01; Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, Modellar, Rv. 285186; Sez. 2, n. 45013 del 28/11/2024, COGNOME, Rv. 287363; Sez. 4, n. 33133 del 16/05/2024, COGNOME, non massimata).
Quanto detto trova conferma nella stessa sentenza delle Sezioni Unite, richiamata dalla difesa che, al § 7 del considerato in diritto, hanno posto l’accento sulla circostanza
che l’interesse a dedurre la nullità sussiste se e in quanto il soggetto alloglotta abbia allegato di avere subito un pregiudizio illegittimo e sul punto il ricorso è aspecifico.
Proprio le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 6624 del 27/10/2011 hanno sancito il principio secondo cui la nozione di pregiudizio illegittimo va ricostruita «in una prospettiva utilitaristica, ossia ella finalità negativa, perseguita dal soggett legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale e in quella positiva del conseguimento di una utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo».
La ricorrente, infatti, non ha dimostrato di avere subito alcun pregiudizio in relazione al proprio diritto di difesa che è stato compiutamente esercitato mediante la proposizione del ricorso dinanzi al Tribunale del riesame.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente ala pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. ter, disp att.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 GLYPH cod. proc. pen.
Deciso il 14 marzo 2025