Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20251 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20251 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 13 ottobre 2023 il Tribunale del riesame di Venezia ha respinto la richiesta di riesame presentata da NOME contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 23 settembre 2023 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, in relazione al delitto di omicidio volontario commesso il 20/09/2023.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi del reato a carico del NOME, costituiti dalla sua confessione, e ha respinto l’eccezione di nullità avanzata dal difensore per l’omessa traduzione dell’ordinanza custodiale in una lingua nota all’indagato, mancando elementi per sostenere la sua non conoscenza dell’italiano. Il Tribunale ha rilevato, infatti, che nel verbale di fermo e ne verbale di identificazione redatti in data 22/09/2023 si dava atto che egli parla e comprende la lingua italiana, o comunque la conosce in modo sufficiente; la nomina di un interprete, disposta sia dal pubblico ministero, sia dal g.i.p., costituisce un eccesso di cautela, ma non genera alcun obbligo di traduzione dell’ordinanza genetica. La conoscenza dell’italiano da parte dell’indagato è resa credibile dal fatto che egli vive in Italia da molti anni, si è presentat spontaneamente e da solo ai Carabinieri per confessare l’omicidio ed ha riferito agli stessi quanto accaduto, senza l’ausilio di alcun interprete e quindi facendosi capire pienamente.
Il Tribunale ha respinto, altresì, l’eccezione di omessa autonoma valutazione, da parte del g.i.p., delle esigenze cautelari e delle dichiarazioni dell’indagato, avendo questi dato atto esaustivamente delle ragioni circa la sussistenza delle esigenze specialpreventive e della scarsa credibilità della tesi difensiva addotta. Ha inoltre ritenuto sussistenti tali esigenze, per il pericolo di reiterazione del reato, stanti anche i precedenti penali dell’indagato, sebbene non specifici.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 143 e 292 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., per l’omessa traduzione dell’ordinanza cautelare in una lingua nota all’indagato.
Già nel verbale di interrogatorio, redatto in data 21/09/2023, si dava atto della mancata conoscenza dell’italiano da parte del ricorrente, tanto da far intervenire un interprete. La diversa affermazione del Tribunale del riesame, basata solo sui verbali di identificazione e di fermo redatti nell’immediatezza del fatto, è priva di pregio, anche perché il pubblico ministero e il g.i.p. non hanno
· mai dubitato, al contrario, della sua mancata conoscenza della lingua italiana. L’ordinanza cautelare, pertanto, deve essere dichiarata nulla, per la sua omessa traduzione, come ritenuto recentemente dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
2. Costituisce un consolidato principio di questa Corte quello secondo cui «In tema GLYPH di GLYPH diritto GLYPH alla GLYPH traduzione GLYPH degli GLYPH atti, GLYPH l’accertamento GLYPH relativo alla conoscenza da parte dell’imputato della lingua italiana costituisce una valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità, se motivata in termini corretti ed esaustivi» (Sez. 2, n. 11137 del 20/11/2020, dep. 2021, Rv. 280992). Tale principio si lega all’affermazione che «Il diritto dell’imputato straniero ad essere assistito da un interprete sussiste a condizione che egli dimostri o quantomeno dichiari di non sapersi esprimere in lingua italiana o di non comprenderla, atteso che l’art. 143 cod. proc. pen. non prevede l’obbligo indiscriminato della nomina di un interprete allo straniero in quanto tale, ma lascia a costui la libertà di decidere se richiedere, o meno, tale assistenza, attribuendo all’Autorità giudiziaria il potere-dovere di valutarne la necessità» (Sez. 2, n. 17327 del 20/01/2023, Rv. 284528).
La motivazione dell’ordinanza, nella parte in cui il Tribunale del riesame ha respinto l’eccezione di nullità per l’omessa traduzione dell’ordinanza custodiale in lingua a nota all’indagato, affermando non essere dimostrata la sua asserita mancata conoscenza dell’italiano, è, pertanto, conforme alla legge e motivata in modo logico e non contraddittorio. Tale motivazione si fonda, infatti, su elementi oggettivi e non meramente valutativi, quali il verbale di identificazione e quello di elezione di domicilio, redatti solo in lingua italiana e sottoscritti dall’indagato senza obiezioni, anche nella parte in cui si attesta che egli parla e capisce sufficientemente l’italiano. L’attendibilità di queste attestazioni, poi, è stata valutata in modo logico dal Tribunale del riesame, che ha evidenziato come l’indagato viva in Italia da molti anni, si è presentato da solo ai Carabinieri e ha confessato l’omicidio, con i suoi particolari, parlando direttamente con costoro, senza richiedere un interprete e senza che i suoi interlocutori ne percepissero la necessità, e rendendo una dichiarazione sicuramente comprensibile, atteso che
sulla base di questa sono stati condotti gli interrogatori successivi, da parte del pubblico ministero e del g.i.p.
La cautela osservata da questi ultimi, che hanno ritenuto opportuno nominare un interprete per procedere al formale interrogatorio dell’indagato, non contrasta con la valutazione del Tribunale del riesame, chiamato a decidere sulla necessità della traduzione per l’assente o inadeguata conoscenza della lingua italiana da parte del soggetto, e non sulla sua mera opportunità. Si deve, infatti, sottolineare che nel verbale di interrogatorio il pubblico ministero rilevò che l’indagato «non parla e non comprende facilmente» la lingua italiana, riferendo quindi solo una difficoltà linguistica del soggetto, ma non una sua totale incapacità.
La motivazione dell’ordinanza circa la sufficiente conoscenza dell’italiano da parte dell’indagato, tale da non rendere necessaria la traduzione in altra lingua dell’ordinanza di custodia cautelare, è dunque adeguata, logica e non contraddittoria, e pertanto insuscettibile di censura da parte di questa Corte.
Non sussiste, pertanto, alcuna nullità dell’ordinanza cautelare, ai sensi degli artt. 143 e 292 cod.proc.pen., neppure alla luce della recente pronuncia delle Sezioni Unite richiamata dal ricorrente (sentenza n.15069 del 27/10/2023, dep. 2024), in quanto tale nullità consegue all’omessa traduzione in favore di un indagato che non conosca la lingua italiana, situazione diversa dal caso di specie.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Non comportando – la presente decisione – la rimessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 21 marzo 2024
Il Consigliere estensore