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Traduzione atti straniero: quando è nulla la custodia?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro un’ordinanza di custodia cautelare non tradotta. L’imputato sosteneva la violazione del diritto di difesa per la mancata traduzione degli atti. La Corte ha stabilito che la questione, riguardando l’accertamento di un fatto (la conoscenza o meno della lingua italiana da parte dell’autorità prima dell’emissione dell’atto), non poteva essere sollevata tramite un ricorso diretto in Cassazione (per saltum), ammissibile solo per violazioni di legge. La decisione si fonda su un principio consolidato delle Sezioni Unite, che lega la nullità dell’atto al momento in cui emerge la non conoscenza della lingua da parte dell’indagato.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione Atti Straniero: La Custodia Cautelare è Valida Senza?

Il diritto di difesa è uno dei pilastri del nostro sistema giudiziario, e questo include il diritto di comprendere le accuse a proprio carico. Ma cosa succede quando l’indagato non parla italiano? La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 45814/2024, offre un importante chiarimento sulla traduzione atti straniero e sulla validità delle misure cautelari. Il caso analizza quando la mancata traduzione di un’ordinanza di custodia in carcere può determinarne la nullità, tracciando una linea netta tra questioni di fatto e violazioni di legge.

I fatti del caso: Un cittadino straniero e la custodia cautelare

Il caso riguarda un cittadino di origine peruviana, residente in Spagna, destinatario di un mandato di arresto europeo e di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Milano per reati legati agli stupefacenti. L’indagato, non conoscendo la lingua italiana, si è trovato di fronte a un provvedimento restrittivo della sua libertà personale senza poterne comprendere appieno il contenuto.

L’interrogatorio di garanzia si è svolto con l’ausilio di un’interprete di lingua spagnola. Tuttavia, la difesa ha lamentato che la traduzione scritta dell’ordinanza cautelare era stata disposta dal giudice solo dopo l’interrogatorio, con un termine di 30 giorni. Secondo il ricorrente, questa procedura violava il suo diritto di difesa, poiché non gli era stata data la possibilità di conoscere le accuse e gli elementi a suo carico prima di essere interrogato.

Il ricorso in Cassazione: il problema della traduzione degli atti per lo straniero

La difesa ha presentato un ricorso diretto in Cassazione (definito ‘per saltum’) denunciando la violazione di diverse norme, tra cui l’art. 143 del codice di procedura penale, che garantisce all’imputato che non conosce la lingua italiana il diritto all’assistenza di un interprete e alla traduzione degli atti fondamentali. La tesi difensiva era chiara: l’ordinanza, non essendo stata tradotta prima dell’interrogatorio, doveva essere considerata nulla, con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare.

Il ricorrente ha sottolineato che per i cittadini stranieri non residenti in Italia non esiste una presunzione di conoscenza della lingua italiana; al contrario, vige una presunzione opposta. La condizione di ‘alloglotta’ dell’indagato era, secondo la difesa, già nota all’autorità giudiziaria, che avrebbe dovuto agire di conseguenza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione non sul merito della questione della traduzione, ma su un aspetto puramente procedurale. I giudici hanno richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 15069/2023), che ha stabilito un principio fondamentale in materia di traduzione atti straniero:

1. Se è già emerso che l’indagato non conosce l’italiano, l’ordinanza cautelare non tradotta è affetta da nullità.
2. Se invece la non conoscenza della lingua non è ancora emersa, l’ordinanza è valida fino al momento in cui tale circostanza viene accertata. Da quel momento, scatta l’obbligo di traduzione entro un congruo termine, e la violazione di tale obbligo determina la nullità di tutti gli atti successivi, compresa l’ordinanza stessa.

Nel caso specifico, il ricorrente sosteneva che la sua incapacità di comprendere l’italiano fosse un fatto già noto. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha evidenziato che accertare se e quando l’autorità giudiziaria fosse a conoscenza di questa circostanza è una valutazione di fatto, riservata al giudice di merito.

Il ricorso ‘per saltum’, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., è ammesso solo per motivi di ‘violazione di legge’, e non per contestare vizi di motivazione o per chiedere una nuova valutazione dei fatti. Poiché la doglianza del ricorrente si basava su un elemento fattuale (la mancata conoscenza della lingua italiana come dato già acquisito al procedimento), essa esulava dall’ambito del ricorso diretto in Cassazione. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni: Le implicazioni della sentenza

Questa pronuncia ribadisce un punto cruciale della procedura penale: la distinzione tra questioni di diritto e questioni di fatto e l’importanza di scegliere lo strumento processuale corretto. Sebbene il diritto alla traduzione degli atti per un cittadino straniero sia sacrosanto, la sua violazione deve essere fatta valere nelle sedi e con i mezzi appropriati. Un ricorso diretto alla Suprema Corte non può essere utilizzato per introdurre accertamenti fattuali che spettano ai giudici dei gradi inferiori. La sentenza, pur non entrando nel merito del caso specifico, conferma indirettamente la solidità del principio stabilito dalle Sezioni Unite: la validità di un atto dipende dal momento in cui l’esigenza di traduzione diventa nota al giudice, bilanciando così le esigenze di celerità del procedimento con la garanzia del diritto di difesa.

Un’ordinanza di custodia cautelare non tradotta per uno straniero è sempre nulla?
No. Secondo la sentenza, la nullità dipende dal momento in cui emerge che l’indagato non conosce la lingua italiana. Se questa circostanza è già nota all’autorità giudiziaria prima dell’emissione dell’atto, l’ordinanza non tradotta è nulla. Se invece emerge successivamente, l’ordinanza resta valida fino a quel momento, ma da lì scatta l’obbligo di traduzione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile se il diritto alla traduzione è fondamentale?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per una ragione procedurale. L’appellante ha utilizzato un ‘ricorso per saltum’, che è ammesso solo per denunciare violazioni di legge. La sua argomentazione, però, si basava su un presupposto di fatto (che l’autorità sapesse già che lui non parlava italiano), la cui verifica è riservata al giudice di merito e non può essere oggetto di un ricorso diretto in Cassazione.

Cosa si intende per ‘ricorso per saltum’?
È un tipo di impugnazione che consente di appellare una decisione direttamente davanti alla Corte di Cassazione, ‘saltando’ il secondo grado di giudizio (la Corte d’Appello). Tuttavia, questo strumento è utilizzabile solo per specifici motivi, come la violazione di legge, e non per rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti del caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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