Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28440 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28440 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI SALERNO nel procedimento a carico di:
NOMECUI 075BLFD) nato il 03/09/2000
avverso l’ordinanza del 17/03/2025 del TRIBUNALE DI SALERNO, in funzione di giudice del riesame cautelare;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni della Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME nel senso dell’annullamento dell’ordinanza impugnata; lette le difese dell’indagato, nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento di cui in epigrafe, il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice del riesame cautelare, ha annullato l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere in ragione della sua mancata tempestiva traduzione scritta in lingua conosciuta dall’indagato, arrestato per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e 337 cod. pen.
Trattasi di ordinanza emessa a carico di NOME COGNOME all’udienza di convalida dell’arresto tradotta verbalmente in lingua conosciuta dall’indagato, nella stessa udienza, a cura dall’interprete ivi presente e su disposizione del G.i.p. che, contestualmente, ha disposto anche la relativa traduzione scritta da depositarsi nel termine di dieci giorni, nella specie non partecipata al prevenuto per l’udienza di riesame in ragione di un ritardo da parte del traduttore.
1.1. Nel dettaglio, il Tribunale ha evidenziato che in sede di udienza di convalida dell’arresto, celebrata il 27 febbraio 2025, il G.i.p. ha convalidato l’arresto ed emesso ordinanza applicativa della misura cautelare, dando atto della mancata conoscenza da parte dell’indagato della lingua italiana e alla presenza dell’interprete di lingua conosciuta dall’arrestato. In quella sede il giudice ha altresì disposto la lettura dell’ordinanza in lingua conosciuta dall’indagato, eseguita in udienza a cura dell’interprete ivi presente, nonché la traduzione scritta della stessa in lingua conosciuta dall’indagato da depositarsi nel termine di dieci giorni. L’ordinanza tradotta è stata trasmessa all’Ufficio G.i.p. domenica 16 marzo 2025, quindi oltre il termine previsto di dieci giorni (scadente il 9 marzo 2025), nonché dal detto Ufficio al Tribunale lo stesso giorno dell’udienza, il 17 marzo 2025 (ore 10:49). In udienza il Tribunale ha poi riscontrato l’assenza di prova dell’avvenuta notifica dell’ordinanza tradotta all’indagato, il quale ha partecipato all’udienza in videoconferenza (dalle ore 11:33 alle ore 11:58) dichiarando di essere innocente e di non aver spintonato il carabiniere.
1.2. In accoglimento dell’eccezione della difesa di nullità dell’ordinanza cautelare per omessa traduzione scritta, alla quale erano seguite difese nel merito, il Tribunale ha annullato l’ordinanza oggetto di riesame disponendo l’immediata liberazione dell’indagato (se non detenuto per altra causa).
L’iter logico-giuridico sotteso alla decisione muove dalla mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’arrestato, accertata già dal G.i.p. in sede di convalida dell’arresto, quindi prima dell’emanazione dell’ordinanza cautelare, e dalla circostanza per cui alla traduzione orale dell’ordinanza in sede di udienza di convalida deve seguire la traduzione scritta, salva rinuncia da parte dell’interessato.
A quanto innanzi si è altresì aggiunta la ritenuta incongruità del termine di dieci giorni previsto per la traduzione, in quanto coincidente con il termine per proporre riesame, comunque non rispettato essendo stata l’ordinanza tradotta depositata solo il 16 marzo 2025 presso l’Ufficio G.i.p. e trasmessa al Tribunale del riesame la stessa mattina dell’udienza di convalida, in assenza peraltro di prova della sua notifica all’indagato.
Sicché, conclude letteralmente il provvedimento impugnato, l’indagato ha «quindi partecipato alla discussione del riesame senza avere contezza effettiva del contenuto dell’ordinanza de libertate. … La circostanza che il difensore all’udienza del 17 marzo 2025 abbia sollevato anche motivi di merito non supera il vulnus alle garanzie difensive dell’indagato alloglotta, atteso che per approntare una difesa adeguata …. il ricorrente avrebbe dovuto conoscere in lingua araba il contenuto dell’ordinanza cautelare, al fine di fornire una propria prospettazione alternativa sugli argomenti contenuti nella medesima ordinanza, sia in punto di gravi indizi di colpevolezza, sia in punto di esigenze cautelari e di scelta della misura».
Avverso l’ordinanza è stato proposto ricorso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vallo della Lucania fondato su un motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deducono «inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con particolare riferimento agli artt. 143, 178, 293 cod. proc. pen.», per aver il giudice del riesame, nel descritto contesto procedimentale, ritenuto nulla l’ordinanza cautelare nonostante l’intervenuta traduzione orale della stessa in lingua conosciuta dall’indagato all’esito dell’udienza di convalida che, di per sé sola, a dire del ricorrente, escluderebbe la lesione dei diritti di difesa.
A ciò si aggiunge che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale sostanzialmente con clausola di stile, non potrebbe dirsi nella specie che l’indagato abbia partecipato alla discussione del riesame senza avere contezza effettiva del contenuto dell’ordinanza cautelare e senza poter formulare una prospettazione alternativa rispetto a quella di cui all’intervento cautelare. NOME COGNOME avrebbe concretamente esercitato le sue difese sia in sede di convalida, sottoponendosi all’interrogatorio e fornendo la propria versione dei fatti, sia presentando motivi di riesame afferenti anche al merito della vicenda sul presupposto della piena conoscenza delle accuse mossegli.
Le parti hanno concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono, limitatamente all’apparato motivazionale sotteso all’interesse attuale e concreto alla deduzione della relativa nullità da parte dell’indagato.
Le questioni di diritto sottoposte alla Suprema Corte dal ricorso afferiscono alla tematica inerente la tutela del diritto sottostante all’obbligo di traduzione degli atti in una lingua nota all’imputato o all’indagato che non conoscano la lingua italiana.
Trattasi di diritto positivizzato nell’attuale art. 143 cod. proc. pen., come integrato dall’art. 51-bis disp. att. cod. proc. pen., che trae il suo fondamento dal combinato disposto degli artt. 24, comma 2, Cost., e 6, par. 3, lett. a), CEDU; quest’ultimo articolo peraltro speculare all’art. 14, par. 3, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici sottoscritto a New York il 19 dicembre 1966 ratificato per l’Italia con legge 25 ottobre 1977, n. 881 (per il fondamento costituzionale e sovranazionale del diritto in oggetto si vedano ex plurimis: Corte cost. n. 10 del 1993 e, più di recente, Sez. U, n. 15069 del 26/10/23, dep. 2024, COGNOME, Rv. n. 286356 – 01).
In particolare, ci si chiede se, attivata la procedura d’urgenza di cui all’art. 51-bis, comma 2, disp. att. cod. proc. pen., nella specie dal G.i.p. quanto al provvedimento di convalida dell’arresto e di applicazione di misura cautelare, alla traduzione orale dell’atto (anche in forma riassuntiva) debba seguire la sua traduzione scritta (in un congruo termine). Per l’ipotesi affermativa, la questione riguarda altresì il tipo di patologia dell’atto non tradotto per iscritto ma sol oralmente in via d’urgenza, con quanto ne consegue in termini di sua deducibilità.
Quanto alla ricostruzione del paradigma normativo di riferimento, il cui antecedente tessuto ermeneutico è stato filato da Corte cost. n. 10 del 1993, occorre premettere che il diritto dell’imputato e dell’indagato alloglotti di ottenere la traduzione in lingua da loro conosciuta dei provvedimenti che dispongono una misura cautelare personale nei loro confronti si ricava da una pluralità di fonti normative.
L’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, al terzo paragrafo, riconosce il diritto di ogni persona accusata di un reato di: «a) essere informato, nel più breve tempo, in una lingua che comprende e in maniera dettagliata del
contenuto dell’accusa contro di lui». Negli stessi termini si esprime il novellato art. 111, comma 3, Cost., il cui terzo comma prevede che la persona accusata di un reato «sia, nel più breve termine possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico », «disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa » e «sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo».
A sua volta la Direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010, all’art. 2, par. 1, contempla l’assistenza, «senza indugio», di un interprete. Tale disposizione deve leggersi in uno con l’art. 3, par. 1, della stessa Direttiva, circa l’assicurazione da parte delle Stati membri, «entro un periodo di tempo ragionevole», della traduzione scritta di tutti i documenti fondamentali per garantire l’esercizio dei diritti di difesa e per tutelare l’equit del procedimento.
In attuazione della citata Direttiva del 2010, recepita tramite il d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32, è stato riformulato l’art. 143 cod. proc. pen., costituente il modello normativo su cui è costruito il diritto di ottenere la traduzione degli atti fondamentali in una lingua conosciuta.
Sono seguite alcune significative integrazioni dell’art. 143 cod. proc. pen. ancorché per il tramite dell’art. 51-bis disp. att. cod. proc. pen. (introdotto con il d.lgs. 23 giugno 2016, n. 129, sempre in attuazione della citata direttiva 2010/64/UE).
Tale norma ha ampliato il diritto di difesa del soggetto che non conosce la lingua italiana sia in termini di assistenza gratuita dell’interprete sia, per quanto maggiormente rileva in questa sede, introducendo la procedura d’urgenza in esame.
Il comma secondo del citato articolo 51-bis disp. att. cod. proc. pen., prevede difatti che, al ricorrere di particolari ragioni di urgenza, quando non è possibile avere prontamente una traduzione scritta degli atti di cui all’articolo 143, comma 2, cod. proc. pen., l’autorità giudiziaria dispone (con decreto motivato), se ciò non pregiudica il diritto di difesa, la traduzione orale (anche in forma riassuntiva e redigendo contestualmente verbale). Come disposto dal successivo terzo comma del medesimo articolo 51-bis, trattasi di traduzione scritta alla quale comunque l’imputato può rinunciare espressamente (anche a mezzo di procuratore speciale), purché nella consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla rinuncia stessa anche per avere a tal fine consultato il difensore (ciò in linea con il riferimento alla necessaria consapevolezza della rinuncia prevista dall’art. 3, par. 8, della citata Direttiva 2010/64/UE). Alla rinuncia deve comunque conseguire la traduzione orale dell’atto (anche in forma riassuntiva).
5. Orbene, inquadrato il contesto normativo nel quale si inseriscono le questioni di diritto devolute con il ricorso, deve evidenziarsi che già la chiara formulazione letterale delle norme nei termini appena esplicitati, emergente dal combinato disposto dei commi secondo e terzo dell’art. 51-bis, disp. att. cod. proc. pen. e 143 cod. proc. pen., fornisce risposta ermeneutica all’atteggiarsi dei rapporti tra necessità della traduzione scritta e traduzione orale in via d’urgenza.
5.1. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Procura della Repubblica ricorrente, la procedura d’urgenza in esame non è sostitutiva della traduzione scritta, non potendo pregiudicare il diritto di difesa, salva espressa e consapevole rinuncia da parte dell’interessato. Nelle more della traduzione scritta, soprattutto quanto essa sia resa complicata dalla fattispecie concreta, la procedura d’urgenza in esame difatti assume funzione integrativa delle garanzie di cui all’art. 143 cod. proc. pen., fungendo da ulteriore strumento di garanzia del diritto di difesa contemperandolo con le contrapposte esigenze del Pubblico Ministero (nella specie, sottese alla richiesta e adottata misura cautelare).
5.1.1. Trattasi peraltro di lettura confortata, in chiave interpretativa storica e teleologica, dall’analizzata sequenza di interventi normativi, anche sovranazionali, nella quale, come detto, si colloca la procedura d’urgenza con funzione integrativa e non sostitutiva delle garanzie di cui all’art. 143 cod. proc. pen. nè a esse alternativa.
Dall’analizzato paradigma normativo di riferimento emerge difatti un ampliamento significativo degli spazi di tutela del diritto di difesa dell’imputato e dell’indagato che non conoscono la lingua italiana riguardante l’assistenza dell’interprete e, per quanto rileva ai presenti fini, la traduzione scritta degli at processuali il cui sotteso interesse si pone alla base, nelle more, della possibile adozione della procedura d’urgenza mediante traduzione orale.
Una diversa opzione interpretativa colliderebbe quindi con la necessità di assicurare la più ampia tutela del diritto di difesa cui si riconnette l’obbligo di traduzione degli atti, che affonda le radici nel combinato disposto degli artt. 24, comma 2, Cost., e 6, par. 3, lett. a), CEDU, dei quali è figlia l’attuale formulazione dell’art. 143 cod. proc. pen.; norma significativamente integrata dall’art. 51-bis disp. att. cod. proc. pen. in termini di ampliamento del diritto di difesa.
5.1.2. Ulteriore conforto del descritto modo di atteggiarsi dei rapporti tra necessità della traduzione scritta e traduzione orale in via d’urgenza è poi fornito dall’iter logico-giuridico seguito dalle citate Sez. U, n. 15069 del 26/10/23, dep. 2024, COGNOME nella risoluzione della questione di diritto in ordine al se la mancata traduzione entro un termine congruo in una lingua nota all’imputato o all’indagato dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale determini
la nullità di detto provvedimento ovvero la perdita di efficacia della misura oppure solo il differimento del termine per proporre impugnazione.
La Suprema Corte ha risolto la questione di diritto devolutale chiarendo che l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato o indagato, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. Ove, invece, non sia già emerso che il soggetto non conosca la lingua italiana, proseguono le Sezioni Unite sul punto, l’ordinanza di custodia cautelare non tradotta è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la nullità (ex artt. 143 e 178, lett. c, cod. proc. pen.) dell’intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l’ordinanza di custodia cautelare.
Per quanto rileva ai presenti fini, la Suprema Corte (a pag. 22) conclude, sul punto, nel senso per cui, nell’evidenziato variegato contesto può svolgere un’importante funzione di contemperamento delle contrapposte esigenze delle parti – il Pubblico Ministero e l’indagato o l’imputato – lo strumento previsto dall’art. 51-bis disp. att. cod. proc. pen., in quanto utilizzabile dal giudice «per ammortizzare i tempi della traduzione dell’atto nella lingua conosciuta» dall’indagato o dall’imputato, soprattutto quando tale adempimento processuale sia reso complicato dalla fattispecie concreta.
5.2. Lo stesso apparato motivazionale delle Sezioni Unite «COGNOME», di seguito ripreso in termini conformi al pacifico orientamento di legittimità, mutatis mutandis, consente di concludere in merito al tipo di patologia caratterizzante il provvedimento, nella specie l’ordinanza cautelare custodiale, nel caso in cui alla traduzione d’urgenza in forma orale non segua la traduzione per iscritto, in un termine congruo in relazione al concreto esercizio del diritto di difesa nella specifica fattispecie.
5.2.1. La Suprema Corte ha difatti chiarito che la riconducibilità di entrambe le ipotesi di omessa traduzione alle nullità a regime intermedio (ex artt. 143 e 292 cod. proc. pen. ovvero ai sensi degli artt. 143 e 178, lett. c, stesso codice) consente di risolvere la questione relativa all’individuazione dell’interesse che deve sorreggere l’impugnazione dell’atto affetto dalla detta patologia. Ciò nel senso per cui chi lamenta la lesione delle prerogative difensive, per effetto della mancata traduzione del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, non può semplicemente limitarsi a dolersi dell’omissione ma, in coerenza il regime intermedio delle nullità realizzatesi, che, nella specie, vengono in rilievo, ha l’onere di indicare l’esistenza di un interesse a ricorrere, concreto, attuale e
verificabile, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale (specifico e sul punto il riferimento delle Sezioni Unte, tra le altre, a Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 285186 – 01; Sez. 4, n. 4789 del 19/02/1992, Sità, Rv. 189947 – 01).
L’interesse a dedurre una tale patologia processuale, infatti, sussiste soltanto se e in quanto il soggetto abbia allegato di avere subito, in conseguenza dell’ordinanza non tradotta, un pregiudizio illegittimo quanto al diritto di difesa. Sul punto, la sentenza «COGNOME» richiama esplicitamente Sez. 1, n. 13291 del 19/11/1998, Senneca, Rv. 211870 – 01, secondo cui non si può prefigurare alcuna nullità dell’atto, laddove «sia solo l’imputato a dolersene, senza indicare un suo concreto e attuale interesse al riguardo, non avendo alcun valore la semplice allegazione di un pregiudizio del tutto astratto».
Si tratta, a ben vedere, di una conclusione ritenuta dalle Sezioni Unite imposta dalla giurisprudenza consolidata in tema di interesse a impugnare, risalente a Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693 01. Per essa, la nozione di interesse a impugnare deve essere ricostruita «in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo».
5.2.2. Medesima impostazione ermeneutica si è posta, ancor più di recente, a fondamento di Sez. 4, n. 15220 dei 19/02/2025, COGNOME, Rv. 287982, cui era stata dedotta la violazione dell’art. 143 cod. proc. pen. con riferimento alla traduzione in lingua tedesca del decreto che dispone il giudizio, in quanto incompleta e imperfetta.
Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso chiarendo che non ci si può solo dolere dell’omissione della traduzione o, come nella specie, dell’incompletezza e ovvero dell’imperfezione della stessa, quindi di un mero pregiudizio astratto e potenziale che ne potrebbe derivare, senza indicare quali sarebbero stati gli effetti concreti della violazione in termini di diritto di difesa. Ciò in coerenza con la natura generale a regime intermedio della dedotta nullità (ex artt. 178, lett. c, e 180 cod. proc. pen.), la cui deducibilità soggetta a precisi termini di decadenza e al requisito dell’interesse all’osservanza della disposizione violata, ex art. 182 cod. proc. pen. (in sentenza vi è riferimento esplicito, ex plurimis, limitandolo solo alle pronunce più recenti, alle citate Sezioni Unite «Niecko», nonché a Sez. 3, n. 30805 del 15/01/2024, Rv. 286870 – 01, in motivazione; si veda altresì sul punto, quanto alla materia cautelare, Sez. 4, n. 11172, del 14/03/2025, Oliveira).
5.3. Ne consegue che, nel caso di traduzione d’urgenza in forma orale dell’ordinanza cautelare custodiale, l’omessa (e non rinunciata) traduzione per iscritto in un termine congruo, in relazione al concreto esercizio del diritto di difesa nella specifica fattispecie, caratterizza il provvedimento come affetto da nullità a regime intermedio. Sicché, in coerenza con la detta patologia, la parte deducente la nullità ha l’onere di indicare l’esistenza del sotteso interesse concreto, attuale e verificabile, cioè gli effetti concreti della violazione in termin di diritto di difesa, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale che ne potrebbe derivare.
L’allegazione dell’interesse difensivo effettivamente leso e lo speculare onere motivazionale del giudice nell’apprezzare la sua sussistenza dovranno però necessariamente essere parametrati alla fattispecie concreta, contraddistinta dall’omessa traduzione scritta ma in un contesto caratterizzato dall’intervenuta traduzione orale in via d’urgenza. Dovranno emergere l’interesse leso nonché la considerazione dei relativi effetti in chiave difensiva, quanto alla gravità indiziaria, alle esigenze cautelari oltre che all’adeguatezza e proporzionalità della misura adottata, nonostante l’attivata procedura d’urgenza. Ciò in considerazione della natura e della portata dei fatti di cui all’incolpazione, in ipotesi esplicita anche dalle dimensioni dell’atto da tradurre, e delle difese effettivamente attivate, in ipotesi anche personalmente dall’indagato o dall’imputato.
Orbene, nella specie, nel dichiarare la nullità dell’ordinanza cautelare nella concreta fattispecie (come sintetizzata in sede di ricostruzione del fatto processuale), il Tribunale ha mostrato solo parziale adesione ai principi di diritto di cui innanzi, segnatamente nella parte in cui ha ritenuto la procedura d’urgenza non surrogatoria della traduzione scritta (diversamente da quanto invece sostenuto dal ricorrente).
6.1. L’ordinanza impugnata non assolve però all’onere motivazionale inerente all’interesse sotteso alla dedotta nullità, se non con riferimento generico nonché rimesso a clausole di stile alla lesione del diritto di difesa quanto alla contestazione della gravità indiziaria, della sussistenza delle esigenze cautelari e dei giudizi di adeguatezza e proporzionalità della misura adottata.
Non vi è difatti alcun riferimento specifico agli effetti concreti sul diritto difesa dell’omessa traduzione scritta in considerazione dell’intervenuta traduzione orale. Non emerge alcun apprezzamento circa la lesione del diritto di difesa in considerazione, stante la traduzione orale, della natura e della portata dei fatti di cui all’incolpazione e delle ragioni della cautela nonché delle difese concretamente attivate anche personalmente dall’indagato. Come emerge dallo stesso provvedimento impugnato, trattasi di fattispecie caratterizzata da fatti e
ragioni della cautela, oggetto di arresto in flagranza, esplicitati in un’ordinanza genetica di circa sei pagine e sintetizzati in circa due pagine dalla stessa
ordinanza impugnata, nonché di difesa non solo tecnica (con motivi di riesame)
ma operata anche direttamente dal prevenuto che, in sede di riesame, ha dichiarato di essere innocente rispetto agli addebiti mossigli specificando, in
particolare, di non aver spintonato il carabiniere (condotta di cui alla contestazione cautelare).
6.2. È infine appena il caso di evidenziare che, inammissibilmente, solo in sede di legittimità e con le conclusioni scritte la difesa dell’indagato ha
prospettato, quali asseriti vizi inficianti la procedura d’urgenza, l’omessa verbalizzazione e l’assenza di un decreto motivato dall’urgenza. Ciò, peraltro,
senza esplicitare il concreto interesse difensivo leso con riferimento a procedura d’urgenza adottata in udienza e, quindi, alla presenza del difensore che nulla
risulta aver dedotto in quella sede. Come emerge dall’ordinanza impugnata, trattasi nella specie comunque di procedura d’urgenza emergente dal verbale
d’udienza e di traduzione orale dell’ordinanza fondante nell’urgenza di provvedere ad assicurare il diritto di difesa all’indagato in sede di convalida dell’arresto e di contestuale applicazione di misura cautelare disposta dal G.i.p. con ordinanza letta in udienza.
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno, competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p. Così deciso il 20 giugno 2025
Il Pr snte