Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27103 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27103 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE COGNOME l, nato in
omissis
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Bari il 22/12/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Bari ha respinto il riesame proposto avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, in data 11 dicembre 2023, ha applicato all’indagato NOMECOGNOME la misura degli arresti domiciliari.
La misura è stata sostituita in data 8 febbraio 2024 dall’obbligo di dimora nel comune di Bari-Carbonara, rafforzato dal divieto di comunicare con la persona offesa con qualsiasi mezzo, anche telematico.
Secondo il provvisorio atto imputativo maltrattanti nei confronti della moglie NOME ha posto in essere condotte , imponendole reiterate L. L. vessazioni, sostanziatesi in insulti e in aggressioni fisiche determinative di lesioni personali.
Ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo del difensore, Avv. NOME COGNOME in cui articola quattro doglianze, di seguito sintetizzate nei limiti di all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 143 cod. proc. pen. e dell’art. 6 Convenzione EDU, per la mancata nomina di un interprete di lingua russa nel corso del procedimento di riesame, nonché per l’omessa traduzione, nella medesima lingua, dell’ordinanza reiettiva del riesame oggetto di ricorso.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 273 cod. proc. pen., per assenza di gravità indiziaria in ordine agli elementi dell’abitualità persistenza delle condotte vessatorie ascritte all’indagato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 275 cod. proc. pen., in quanto difetterebbero le esigenze cautelari assunte a presupposto della misura, tenuto conto dell’età avanzata del ricorrente, prossimo al compimento del settantesimo anno di età, e della sua incensuratezza
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., data l’omessa motivazione in ordine alla invocata applicazione della misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa.
Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il procedimento è stato trattato in forma scritta, in mancanza di richiesta di discussione orale formulata nei termini di legge.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti di seguito enunciati.
Ai fini del decidere, giova premettere che il tema del diritto traduzione degli atti in favore dell’indagato o imputato alloglotta è s recente affrontato dalla Corte, nella sua massima espressione nomofilattica, riferimento alla ordinanza genetica della custodia cautelare in carcere.
Le Sezioni Unite, con sentenza n. 15069 del 27/10/2023, dep. 2024, COGNOME hanno affermato che l’ordinanza di custodia cautelare emessa ne confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi conosce la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da null sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen.; ove, in tale condizione non sia già emersa, l’ordinanza custodiale non tradotta è va fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine. La mancata traduzione determina, secondo le Sezioni Unite, la nullità dell’in sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compres l’ordinanza di custodia cautelare.
Il NOME COGNOME ha individuato, dunque, il dato di discrimina nell emersione della mancata conoscenza della lingua italiana, perché solo d momento in cui tale condizione dell’indagato sia acquisita dall’auto giudiziaria, la omessa traduzione è suscettibile di riverberarsi sulla seq procedimentale, invalidandola. Le diverse ricadute che, sugli atti procedimento, può avere l’omissione del medesimo incombente procedurale si spiegano in ragione del rilievo che l’obbligo di tradurre l’atto processua sorge per il solo fatto che l’imputato non sia un cittadino italiano, ma nec della prova inequivocabile, presente agli atti in possesso del giudice, c stesso non conosca la lingua italiana, come del resto già aveva affermato risalente e consolidata giurisprudenza (Sez. U, n. 5052 del 24/09/2003, d 2004, COGNOME, Rv. 226717-01).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il modello di ragionament elaborato dalle Sezioni Unite nella citata decisione, con specifico riguardo ordinanza cautelare genetica, non possa essere applicato negli stessi termin provvedimento reiettivo del riesame, specialmente nel caso – come quello vaglio – in cui, essendo stata già tradotta l’ordinanza applicativa della personale, la traduzione del provvedimento del Tribunale della libertà funzionale, più che all’esigenza, già assicurata, dell’indagato di avere con
dell’atto imputativo in una lingua a lui comprensibile, essenzialmente alla sua impugnazione.
Deve, invece, darsi continuità al principio come declinato da Sez. 1, n. 5856 del 10/1/2024, COGNOME, Rv. 285759- 01, che, richiamando Sez. 5, n. 10993 del 05/12/2019, Chanaa, Rv. 278883 – 01, ha ritenuto che la mancata traduzione in una lingua nota all’indagato alloglotta che non conosce la lingua italiana GLYPH dell’ordinanza di GLYPH rigetto dell’istanza di GLYPH riesame avverso GLYPH un provvedimento applicativo di misura cautelare personale non ne determina la nullità, comportando esclusivamente che i termini per la proposizione del ricorso per cassazione decorrono dal momento in cui il soggetto abbia effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento.
Non è invero ravvisabile alcuna violazione, né erronea applicazione dell’art. 143 cod. proc. pen., posto che il d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32, nel riformulare tale disposizione, non ha inserito l’ordinanza del Tribunale del riesame nel catalogo dei provvedimenti espressamente individuati nel comma 2 dello stesso articolo, per i quali deve senz’altro ritenersi obbligatoria traduzione.
L’esclusione, è stato osservato, risponde a criteri di ragionevolezza, in quanto l’ordinanza del tribunale resa ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. non comprime “ah origine” la libertà personale, ma costituisce una conferma processuale del provvedimento attraverso il quale siffatta limitazione venne geneticamente determinata (in tal senso, Sez. 1, n. 17905 del 19/01/2015, COGNOME, Rv. 263318; Sez. 6, n. 50766 de112/11/2014, Awoh, Rv. 261537).
Per tali ragioni, il provvedimento in oggetto nemmeno può essere ricondotto al novero degli altri atti di cui all’art. 143, comma 3, cod. proc. pen., quali possono essere ritenuti – eventualmente su richiesta dell’imputato o del suo difensore, ma anche su iniziativa della stessa autorità procedente – essenziali alla conoscenza e alla comprensione delle accuse che sostanziano l’addebito.
Simmetricamente, non può infine ritenersi integrata una violazione della garanzia convenzionale di cui all’art. 6 Convenzione EDU, preordinata al pieno ed effettivo esercizio dei diritti difensivi, perché la traduzione della ordinanza questione non appare indispensabile al fine di soddisfare gli obiettivi di piena informazione e conoscenza, la cui realizzazione anche la Convenzione europea riferisce espressamente al contenuto delle “accuse” a carico dell’imputato.
Tale soluzione non appare in contrasto con quanto affermato, in un’ ottica di massima espansione delle tutele processuali – ma in ambito diverso da quello della cautela personale – da questa stessa Sezione, là dove si è
evidenziato che l’omessa traduzione del decreto di citazione in appello all’imputato alloglotta che non comprende la lingua italiana integra una nullità di
ordine generale a regime intermedio. Il presupposto logico argomentativo di quella decisione è che l’obbligo di traduzione degli atti, previsto dall’art. 143 cod.
proc. pen., non è solo funzionale ad informare l’imputato dell’accusa a suo carico
– finalità estranea alla
“vocatio in iudicium”
che interviene in una fase avanzata della progressione procedimentale – ma è anche inteso a garantire, in tal caso:
a) l’effettività della sua partecipazione al procedimento; b) l’esplicazione della difesa in forma diretta e personale. Prerogative, queste, che, strettamente
correlate all’esercizio dei diritti difensivi, la pronuncia in disamina ha ritenu debbano essere entrambe consentite anche nel giudizio di appello (Sez. 6, n.
3993 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286113 – 01).
6. Il ricorso deve essere pertanto accolto relativamente alla omessa traduzione dell’ordinanza di rigetto del riesame, trattandosi di un incombente
preliminare rispetto alla trattazione delle ulteriori questioni in questa Sede dedotte. Di contro, la ulteriore doglianza relativa alla “omessa nomina di un
interprete di lingua russa” durante la procedura di riesame non può avere seguito perché formulata in termini del tutto generici, non essendosi chiarito se il ricorrente abbia partecipato a tale udienza o se la nomina fosse necessaria ai fini della mera traduzione del suo epilogo processuale.
Conclusivamente, assorbito ogni ulteriore motivo di ricorso, la persistente attualità del termine per proporre l’impugnazione impone di disporre l’annullamento della ordinanza impugnata, al solo fine di consentire di procedere alla sua traduzione, con rinvio al Tribunale di Bari, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen., perché disponga tale incombente ai fini dell’eventuale ulteriore corso.
PQM
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata limitatamente alla sua omessa traduzione e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Bari, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. per l’ulteriore corso.
Così deciso il 2 maggio 2024 , n