Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2714 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato nella Repubblica Dominicana il 01/11/1971;
avverso l’ordinanza emessa il 26/06/2024 dal Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udite le conclusioni dei difensori, avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME che hanno insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. da Santos Medina RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma che, in data 14 maggio 2024, ha rigettato la
richiesta di declaratoria di inefficacia della misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di fiducia di c RAGIONE_SOCIALE ricorrono avverso tale ordinanza e ne chiede , l’annullamento, deducendo un unico motivo.
I difensori eccepiscono l’inosservanza degli artt. 143 e 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 24 Cost e all’art. 6 Convenzione Edu, come interpretati dalle Sezioni unite n. 15069 del 2024, in quanto la traduzione dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere non sarebbe stata eseguita tempestivamente.
I difensori rilevano che, all’atto dell’arresto del ricorrente, in esecuzione della richiesta di estradizione dalla Repubblica Dominicana, l’ordinanza cautelare sarebbe stata notifica al ricorrente solo in lingua italiana e non già nella lingua madre di Medina Familia, ancorché non vi fossero elementi per ritenere che lo stesso comprendesse la lingua italiana.
A differenza di quanto rilevato dal Tribunale di Roma, agli atti non sarebbe presente la traduzione dell’ordinanza in spagnolo che asseritamente sarebbe stata allegata alla richiesta di estradizione del ricorrente alla Repubblica Dominicana.
D’altra parte, se la traduzione fosse stata notificata al ricorrente all’atto del processo estradizionale, il Tribunale di Roma non avrebbe ravvisato la necessità di disporre in dibattimento la traduzione dell’ordinanza.
Inoltre, pur se sin dall’ingresso del ricorrente in territorio italiano, dal marzo 2024, in molteplici atti della polizia giudiziaria e del D.A.P. si desse conto che l’imputato non comprende la lingua italiana e necessita dell’ausilio di un interprete, la traduzione dell’ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare in carcere è stata disposta dal Tribunale di Roma solo in data 23 marzo 2024 (e dunque, ventitré giorni dopo l’ingresso di Medina in territorio italiano).
La traduzione dell’ordinanza è, inoltre, stata consegnata al ricorrente solo all’udienza del 14 maggio 2024 (e, dunque, settantatré giorni dopo l’ingresso in territorio italiano) fissata per la conclusione del dibattimento.
I difensori rilevano che il Tribunale di Roma ha erroneamente ritenuto congruo il termine impiegato dall’arrivo in territorio italiano del ricorrente pe disporre la traduzione in lingua spagnola dell’ordinanza, in quanto l’ordinanza non era «particolarmente corposa», né lo spagnolo poteva essere ritenuto «una lingua rara».
La traduzione avrebbe potuto essere eseguita in un lasso di tempo inferiore a quello effettivamente intercorso; le Sezioni unite della Corte di cassazione, peraltro, nella sentenza citata avrebbero considerato incongruo il termine di
settantasei giorni per la traduzione dell’ordinanza.
Il ritardo nell’esecuzione della traduzione sarebbe, dunque, imputabile all’autorità giudiziaria, che l’avrebbe disposta solo a distanza di ventitré giorni dall’arrivo di Medina in Italia e illegittimamente avrebbe concesso la proroga del termine per il deposito della traduzione all’interprete incaricato.
A differenza di quanto ritenuto dal Tribunale di Roma, inoltre, il ritardo nella consegna della traduzione avrebbe pregiudicato il diritto di difesa dell’imputato, che avrebbe ricevuto la stessa solo in prossimità della chiusura del dibattimento, precludendogli scelte difensive, anche in ordine alla scelta del rito.
Con istanza depositata in data 31 ottobre 2024 l’avvocato NOME COGNOME ha chiesto la trattazione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto il motivo proposto è infondato.
Con unico motivo i difensori eccepiscono l’inosservanza degli artt. 143, 178, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 24 Cost e all’art. 6 Convenzione Edu, come interpretati dalle Sezioni unite n. 15069 del 2024, in quanto la traduzione dell’ordinanza dispositiva della custodia cautelare in carcere è stata tardivamente disposta dal Tribunale di Roma e consegnata al ricorrente con grave ritardo.
3. Il motivo è infondato.
3.1. Le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che, in materia di misure cautelari personali, l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. Ove, invece, non sia già emerso che l’indagato o imputato alloglotta non conosca la lingua italiana, l’ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la nullità dell’intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l’ordinanza di custodia cautelare (Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286356 – 01).
3.2. Il Tribunale del riesame di Roma ha fatto corretta applicazione di questi principi, in quanto ha rilevato che l’ordinanza cautelare non è stata tradotta all’atto
della sua adozione, in quanto non vi era prova che il ricorrente non comprendesse la lingua italiana.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, congruamente rilevato che la moglie del ricorrente era residente a Massa e che il cugino del ricorrente viveva a Badia Polesine; in tale luogo, peraltro, il ricorrente si è più volte incontrato con narcotrafficanti che risiedevano in Italia, dopo aver preso accordi telefonici.
La prova della mancata conoscenza della lingua italiana da parte di Medina è, dunque, sopravvenuta e non era contestuale all’adozione della misura cautelare.
Il Tribunale dibattimentale di Roma ha, dunque, disposto legittimamente la traduzione dell’ordinanza cautelare in lingua spagnola in data 24 marzo 2024, solo una volta raggiunta la prova che l’imputato non conosceva la lingua italiana.
3.3. Infondata è anche la censura relativa all’incongruità del termine assegnato per la traduzione.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, motivato in termini non illogici la congruità del termine assegnato all’interprete per tradurre l’ordinanza cautelare, in ragione del tempo necessario per il reperimento dell’interprete e dei tempi necessari per l’esecuzione della traduzione, specie alla luce della richiesta di proroga del termine avanzata dal perito nominato in data 15 aprile 2024.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione, del resto, hanno rilevato come la valutazione di congruità del termine necessario per la traduzione dipende da plurimi ed eterogenei elementi e non può essere ancorata unicamente al numero di pagine o al livello di diffusione dell’idioma, ma anche al tempo necessario al reperimento dell’interprete, all’oggettiva complessità del contenuto del testo da tradurre e ai tempi tecnici per l’esecuzione della traduzione.
3.4. Il ricorso è infondato anche sotto un ulteriore profilo.
Le Sezioni unite hanno, infatti, rilevato che l’interesse a dedurre la nullità in conseguenza della tardiva traduzione dell’ordinanza sussiste soltanto se e in quanto il soggetto alloglotta abbia allegato di avere subito (§ 7 del considerato in diritto), in conseguenza dell’ordinanza non tradotta, un pregiudizio illegittimo e sul punto il ricorso è aspecifico, in quanto non si confronta con i rilievi dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente, infatti, non ha dimostrato di aver subito alcun pregiudizio per il diritto di difesa, in quanto il termine per l’esecuzione della traduzione dell’ordinanza di custodia cautelare è coinciso con l’intervallo temporale intercorso nel rinvio tra le udienze dibattimentali del 24 marzo 2024 e del 14 maggio 2024.
Quest’ultima udienza era fissata per la requisitoria e, dunque, la traduzione dell’ordinanza è intervenuta in una fase processuale nella quale non è più consentito all’imputato accedere a riti speciali a effetto premiale.
3.5. I difensori, nella discussione orale, hanno, da ultimo, eccepito che
l’ordinanza impugnata sarebbe, altresì, illegittima, in quanto contrasterebbe con i principi affermati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 1 agosto 2022, nel caso C-242/22 PPU.
Anche questa censura è, tuttavia, infondata, in quanto in questa sentenza la Corte di giustizia ha statuito che l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3 paragrafo 1, della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, letti alla luce dell’articolo 47 dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale la violazione dei diritti sanciti da dette disposizioni di tali direttive dev’essere invocata da beneficiario di detti diritti entro un termine determinato, a pena di decadenza, quando questo termine inizia a decorrere ancor prima che l’interessato sia stato informato, in una lingua che egli parla o comprende, da un lato, dell’esistenza e della portata del suo diritto all’interpretazione e alla traduzione e, dall’altro dell’esistenza e del contenuto del documento fondamentale in questione nonché degli effetti collegati a quest’ultimo.
La disciplina italiana, tuttavia, non prevede alcun termine decadenziale per dedurre l’omessa traduzione e i principi di diritto affermati dalle Sezioni unite sono volti proprio a conferire effettività al diritto all’assistenza di un interprete e traduzione scritta dell’accusa non solo secondo le coordinate normative interne, ma anche in piena conformità agli standard di tutela dei diritti fondamentali del diritto dell’Unione europea.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024.