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Traduzione atti imputato e diritto di difesa: la guida

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero che lamentava un ritardo nella traduzione atti imputato relativi a un’ordinanza di custodia cautelare. La Corte ha chiarito che la nullità non è automatica, ma richiede la dimostrazione di un pregiudizio concreto al diritto di difesa, non fornita nel caso di specie. Inoltre, il tempo impiegato per la traduzione è stato ritenuto congruo date le circostanze.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione atti imputato: quando un ritardo viola il diritto di difesa?

La garanzia del diritto di difesa per un cittadino straniero passa inevitabilmente attraverso la comprensione degli atti processuali a suo carico. La traduzione atti imputato è un pilastro del giusto processo, ma cosa succede se questa avviene con ritardo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 2714/2025) offre chiarimenti fondamentali, stabilendo che il semplice ritardo non è sufficiente a invalidare un provvedimento, se non si dimostra un danno concreto alla difesa.

I Fatti del Caso: un’Ordinanza di Custodia e la Barriera Linguistica

Il caso riguarda un cittadino della Repubblica Dominicana, arrestato in Italia in esecuzione di una richiesta di estradizione. A seguito dell’arresto, gli veniva notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere redatta esclusivamente in lingua italiana, nonostante non vi fossero prove che egli comprendesse tale lingua. La difesa ha immediatamente eccepito la violazione del diritto di difesa, sottolineando come la traduzione in spagnolo dell’atto fosse stata disposta con notevole ritardo e consegnata all’imputato solo 73 giorni dopo il suo ingresso in Italia, a ridosso della chiusura del dibattimento. Secondo i legali, tale ritardo avrebbe precluso all’imputato la possibilità di compiere scelte difensive strategiche.

Il Principio delle Sezioni Unite sulla traduzione atti imputato

Per dirimere la questione, la Cassazione ha richiamato un’importante pronuncia delle Sezioni Unite (n. 15069 del 2024). Questo precedente ha stabilito un principio cardine: l’obbligo di traduzione di un’ordinanza cautelare sorge solo nel momento in cui risulta provato che l’indagato o imputato alloglotta non conosce la lingua italiana. Se tale prova non è disponibile al momento dell’emissione del provvedimento, quest’ultimo rimane valido. Solo quando emerge la necessità della traduzione, la sua omissione o il ritardo ingiustificato possono determinare la nullità degli atti successivi. In questo caso, inizialmente non era palese la mancata conoscenza dell’italiano, dato che l’uomo aveva familiari e contatti in Italia.

Le Motivazioni: Congruità del Termine e Assenza di Pregiudizio

La Suprema Corte ha ritenuto infondate le doglianze della difesa. In primo luogo, ha considerato “congruo” il tempo impiegato per la traduzione. La valutazione della congruità, spiegano i giudici, non dipende solo dal numero di pagine, ma da un insieme di fattori: la difficoltà nel reperire un interprete, la complessità tecnica e giuridica del testo, e i tempi materiali per l’esecuzione del lavoro. Nel caso specifico, il traduttore aveva persino richiesto una proroga.

Tuttavia, il punto decisivo della sentenza risiede nell’assenza di un pregiudizio concreto. La Corte ha sottolineato che, per ottenere la declaratoria di nullità, non basta lamentare un ritardo nella traduzione atti imputato; è necessario allegare e dimostrare quale specifico danno al diritto di difesa sia derivato da tale ritardo. Nel caso in esame, il ricorrente non ha provato alcun pregiudizio effettivo. La traduzione era stata consegnata prima dell’udienza finale, in una fase processuale in cui l’accesso a riti alternativi a effetto premiale era già precluso. Di conseguenza, il ritardo non ha inciso sulle scelte difensive disponibili.

Le Conclusioni: Diritto alla Traduzione non è Assoluto

La sentenza ribadisce che il diritto alla traduzione degli atti fondamentali è un presidio irrinunciabile del giusto processo. Tuttavia, la sua violazione non produce effetti automatici. La declaratoria di nullità di un’ordinanza cautelare per tardiva traduzione è subordinata a due condizioni essenziali: l’incongruità del termine impiegato dall’autorità giudiziaria e, soprattutto, la prova da parte della difesa di un pregiudizio effettivo e concreto subito dall’imputato. Senza la dimostrazione di come il ritardo abbia materialmente compromesso le strategie difensive, il ricorso non può trovare accoglimento. Questa pronuncia consolida un approccio pragmatico, che lega la sanzione della nullità a un’effettiva lesione dei diritti, anziché a una mera irregolarità formale.

Quando sorge l’obbligo di tradurre un’ordinanza di custodia cautelare per un imputato straniero?
L’obbligo sorge nel momento in cui emerge la prova che l’imputato o indagato non conosce la lingua italiana. Se inizialmente non vi è tale prova, l’ordinanza non tradotta è valida fino a quando tale circostanza non viene accertata.

Un ritardo nella consegna della traduzione rende sempre nulla l’ordinanza?
No. Secondo la Cassazione, la nullità si verifica solo se il ritardo è ‘incongruo’ e, soprattutto, se l’imputato dimostra di aver subito un pregiudizio concreto e illegittimo al suo diritto di difesa a causa di tale ritardo. La semplice violazione formale non è sufficiente.

Cosa si intende per ‘congruo termine’ per la traduzione di un atto?
La congruità del termine non è un concetto astratto basato solo sul numero di pagine. Viene valutata caso per caso, tenendo conto di molteplici elementi, come la difficoltà nel reperire un interprete per una specifica lingua, la complessità tecnica del documento e i tempi oggettivi necessari per completare una traduzione accurata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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