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Traduzione atti giudiziari: quando non è necessaria?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato straniero, stabilendo che la traduzione atti giudiziari non è dovuta se vi è prova di un’adeguata conoscenza della lingua italiana. La Corte ha ritenuto sufficienti la lunga permanenza in Italia e la capacità di interagire con il giudice senza interprete per escludere la nullità del procedimento.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione Atti Giudiziari: Quando il Diritto Cede il Passo alla Conoscenza Effettiva della Lingua

Il diritto alla difesa è uno dei pilastri del nostro ordinamento e include, per l’imputato straniero, il diritto di comprendere le accuse e gli atti del processo. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che questo diritto non è assoluto. L’obbligo di traduzione atti giudiziari non sussiste se l’imputato dimostra di possedere una conoscenza della lingua italiana sufficiente a garantirgli una partecipazione cosciente al procedimento. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, presente in Italia da diversi anni, impugnava la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Il motivo centrale del suo ricorso era la presunta nullità di tutti gli atti processuali, inclusa la sentenza di primo grado e il decreto di citazione in appello, per via della mancata traduzione nella sua lingua madre.

Secondo la difesa, questa omissione avrebbe leso il suo diritto a comprendere pienamente le fasi del giudizio e a difendersi in modo efficace.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Traduzione Atti Giudiziari

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno stabilito che la doglianza era manifestamente infondata. La decisione si basa su un principio chiaro: il presupposto per l’obbligo di traduzione è la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato. Se questo presupposto viene a mancare, decade anche l’obbligo e, di conseguenza, non si verifica alcuna nullità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse ampiamente e correttamente motivato le ragioni per cui, nel caso di specie, non era necessaria la traduzione. Le motivazioni si fondano su una serie di elementi concreti e oggettivi:

1. Presenza Stabile sul Territorio: L’imputato era presente in Italia dal 2016, un periodo di tempo considerato sufficiente per acquisire una comprensione basilare della lingua.
2. Attestazioni della Polizia Giudiziaria: Gli organi di polizia che avevano proceduto all’arresto avevano dato atto della capacità dell’individuo di comprendere e comunicare in italiano.
3. Comportamento Processuale: Durante l’udienza di convalida dell’arresto, un momento cruciale del procedimento, l’imputato non solo non aveva richiesto l’assistenza di un interprete, ma aveva anche compreso e risposto adeguatamente alle domande poste direttamente dal giudice.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno portato i giudici a concludere che l’imputato possedeva una padronanza della lingua italiana tale da consentirgli di partecipare consapevolmente al processo. Di conseguenza, è stato escluso il presupposto fondamentale che avrebbe imposto la traduzione atti giudiziari, rendendo il motivo del ricorso palesemente infondato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio di pragmatismo e sostanza che prevale sul mero formalismo. Il diritto alla traduzione degli atti non è un automatismo legato alla sola nazionalità dell’imputato, ma uno strumento di garanzia effettiva del diritto di difesa. Quando le circostanze dimostrano che l’imputato è in grado di comprendere la lingua processuale, invocare la mancata traduzione si rivela una strategia difensiva inefficace.

La decisione impone una valutazione caso per caso, basata su prove concrete della conoscenza linguistica, e sanziona l’abuso dello strumento processuale condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Un imputato straniero ha sempre diritto alla traduzione di tutti gli atti del processo?
No, secondo questa ordinanza, il diritto alla traduzione degli atti non è automatico. Esso sussiste solo se l’imputato non ha una conoscenza della lingua italiana sufficiente a comprendere le accuse e a partecipare al processo. Se viene dimostrato che comprende la lingua, l’obbligo di traduzione viene meno.

Come fa un giudice a stabilire se un imputato conosce la lingua italiana?
Il giudice valuta una serie di elementi oggettivi, come da quanto tempo l’imputato vive in Italia, le indicazioni fornite dalla polizia giudiziaria e, in modo particolare, il comportamento tenuto dall’imputato in udienza. Se egli interagisce con il giudice e risponde alle domande senza bisogno di un interprete, si presume che abbia una comprensione adeguata della lingua.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato, non solo viene respinto, ma il ricorrente viene anche condannato a pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) da versare alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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