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Traduzione atti giudiziari: quando è obbligatoria?

Un cittadino straniero, arrestato per detenzione di stupefacenti, ricorre in Cassazione lamentando la mancata traduzione dell’ordinanza di convalida dell’arresto. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, specificando che la traduzione atti giudiziari non è sempre obbligatoria se l’imputato è stato assistito da un interprete durante l’udienza e ha avuto piena conoscenza delle accuse.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione Atti Giudiziari per Stranieri: La Cassazione Fa Chiarezza

Il diritto alla difesa in un procedimento penale è un pilastro fondamentale del nostro ordinamento e include, per l’imputato straniero, il diritto di comprendere le accuse a suo carico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 39139/2024, interviene su un aspetto cruciale: l’obbligo di traduzione atti giudiziari. La Corte chiarisce i confini di questo diritto, specificando quando la mancata traduzione scritta di un provvedimento non costituisce una violazione, specialmente se l’imputato è stato adeguatamente assistito da un interprete.

Il Caso: Arresto per Droga e la Richiesta di Traduzione

La vicenda riguarda un cittadino albanese, arrestato in flagranza di reato per la detenzione in concorso di oltre due chilogrammi di cocaina. A seguito dell’arresto, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Padova, con un’ordinanza del 18 novembre 2023, convalidava l’arresto e applicava la misura della custodia cautelare in carcere.

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza: la violazione del diritto di difesa per la mancata traduzione in lingua albanese dell’ordinanza di convalida dell’arresto. Secondo la difesa, tale omissione avrebbe violato gli articoli 143 e 178 del codice di procedura penale, nonché l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

La Difesa e la Presunta Violazione del Diritto alla Traduzione Atti Giudiziari

Il ricorrente ha sostenuto che la mancata traduzione del provvedimento gli avesse impedito di comprendere appieno le ragioni della convalida del suo arresto, ledendo così il suo diritto a una difesa effettiva. La questione centrale posta alla Corte era se il diritto all’assistenza linguistica, garantito all’imputato alloglotta, si estenda fino a imporre la traduzione scritta di ogni singolo atto del procedimento, inclusa l’ordinanza che convalida un arresto avvenuto in flagranza.

L’Orientamento Giurisprudenziale Prevalente

La Corte di Cassazione ha affrontato il tema richiamando il proprio consolidato orientamento. La giurisprudenza di legittimità ritiene che, qualora l’indagato straniero abbia partecipato all’udienza di convalida con l’assistenza di un interprete, la traduzione scritta dell’ordinanza applicativa di una misura cautelare non sia necessaria. In tale contesto, infatti, l’indagato viene messo a conoscenza degli elementi d’accusa a suo carico ed è posto nelle condizioni di poter esercitare il proprio diritto di impugnazione, ad esempio proponendo ricorso al tribunale del riesame.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. Dagli atti processuali è emerso chiaramente che il ricorrente aveva avuto piena conoscenza delle accuse. Il verbale di perquisizione e sequestro gli era stato tradotto oralmente in albanese nell’immediatezza dei fatti. Inoltre, l’informativa sul procedimento, contenente il capo d’imputazione e l’informazione sul diritto di difesa, gli era stata tradotta per iscritto e consegnata in copia.

La Suprema Corte ha sottolineato che la doglianza non riguardava la conoscenza dell’accusa in sé, ma specificamente la mancata traduzione atti giudiziari con riferimento all’ordinanza di convalida. Su questo punto, l’art. 143 del codice di procedura penale garantisce all’imputato il diritto di farsi assistere da un interprete per comprendere l’accusa e seguire gli atti a cui partecipa, ma non impone espressamente la traduzione scritta dell’ordinanza di convalida.

Il Collegio ha ribadito che, se l’indagato partecipa all’udienza con un interprete, è già edotto degli elementi a suo carico e può difendersi adeguatamente. Imporre la traduzione scritta di ogni atto dilaterebbe i tempi processuali, a svantaggio della celerità dei rimedi impugnatori. La Corte ha inoltre distinto il caso in esame da quello relativo all’obbligo di traduzione delle ordinanze che applicano misure cautelari, oggetto di recenti pronunce delle Sezioni Unite, poiché qui la lamentela riguardava l’atto precedente di convalida dell’arresto.

Le Conclusioni: Diritto all’Interprete vs. Obbligo di Traduzione Scritta

In conclusione, la sentenza n. 39139/2024 conferma un principio di equilibrio. Il diritto alla comprensione degli atti per l’imputato straniero è sacrosanto e viene garantito primariamente attraverso la presenza dell’interprete durante le fasi cruciali del procedimento, come l’udienza di convalida. Questo non si traduce automaticamente in un obbligo generalizzato di traduzione scritta per ogni provvedimento emesso dal giudice. La presenza attiva dell’interprete e la traduzione degli atti fondamentali contenenti l’accusa sono ritenuti sufficienti a garantire un’effettiva difesa. La Corte ha quindi respinto il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È sempre obbligatoria la traduzione scritta di ogni atto giudiziario per un imputato straniero che non conosce l’italiano?
No. Secondo la sentenza, la traduzione scritta non è sempre obbligatoria, in particolare per l’ordinanza di convalida dell’arresto, se l’imputato ha partecipato all’udienza con la regolare assistenza di un interprete che gli ha permesso di comprendere le accuse e lo svolgimento degli atti.

Cosa succede se un imputato straniero partecipa all’udienza di convalida dell’arresto con un interprete?
Se l’imputato partecipa all’udienza assistito da un interprete, si presume che sia stato messo nelle condizioni di comprendere gli elementi di accusa a suo carico e di poter esercitare pienamente il suo diritto di difesa, inclusa la possibilità di impugnare il provvedimento.

La mancata traduzione dell’ordinanza di convalida dell’arresto rende nullo il provvedimento?
No, in questo caso la Corte ha stabilito che la mancata traduzione scritta dell’ordinanza di convalida dell’arresto non determina la nullità del provvedimento, poiché l’imputato aveva già avuto conoscenza delle accuse tramite altri atti tradotti (oralmente e per iscritto) e aveva beneficiato dell’assistenza di un interprete durante l’udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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