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Traduzione atti giudiziari: il diritto dell’imputato

Un cittadino straniero ha impugnato la decisione di consegna alle autorità del suo paese, basata su un Mandato di Arresto Europeo, lamentando la mancata traduzione degli atti. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, specificando che il diritto alla traduzione atti giudiziari non è assoluto. È necessario che l’imputato non conosca la lingua italiana e sollevi tempestivamente la questione, cosa non avvenuta nel caso di specie, dove la conoscenza dell’italiano da parte del ricorrente è stata accertata.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione Atti Giudiziari: Quando è un Diritto per l’Imputato Straniero?

La questione della traduzione atti giudiziari nel processo penale a carico di un imputato straniero è un tema cruciale per la garanzia del diritto di difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8130 del 2024, offre importanti chiarimenti sui limiti e le condizioni di questo diritto, sottolineando come la conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato e la tempestività della richiesta siano elementi determinanti. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza della Corte di appello di Messina, che aveva disposto la consegna di un cittadino rumeno all’autorità giudiziaria del suo Paese. La consegna era basata su un Mandato di Arresto Europeo (MAE) emesso per diversi reati, tra cui lesioni, violazione di domicilio e reati in materia di stupefacenti. L’uomo, al momento della decisione, stava già scontando in Italia una pena per rapina.

Contro la decisione della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi principali, entrambi incentrati sulla violazione del suo diritto di difesa a causa della mancata traduzione degli atti.

I Motivi del Ricorso: il Problema della Traduzione Atti Giudiziari

Il ricorrente ha lamentato due specifiche violazioni:

1. Mancata traduzione del Mandato di Arresto Europeo in italiano: Secondo la difesa, questa omissione non avrebbe permesso un pieno esercizio del mandato difensivo e un’adeguata verifica di eventuali cause che potessero ostacolare la consegna.
2. Mancata traduzione degli atti processuali italiani in rumeno: Tutti gli atti del procedimento, dall’ordinanza di convalida dell’arresto fino alla sentenza impugnata, erano stati redatti in lingua italiana e non nella lingua madre dell’imputato.

Entrambi i motivi miravano a dimostrare come la barriera linguistica avesse compromesso la possibilità per l’imputato di comprendere appieno le accuse e di partecipare consapevolmente al procedimento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni distinte e precise.

Analisi sulla Mancata Traduzione del Mandato di Arresto Europeo

Riguardo al primo punto, la Corte ha definito il motivo ‘generico’. Ha chiarito che, sebbene l’art. 6 della L. 69/2005 preveda la traduzione del MAE in italiano, ciò non è necessario se esistono atti ‘equipollenti’, cioè documenti equivalenti. Inoltre, i giudici hanno sottolineato due aspetti procedurali fondamentali:

* Tardività dell’eccezione: La richiesta di traduzione era stata avanzata per la prima volta in Cassazione, e non davanti alla Corte d’appello.
* Onere della prova: Spetta alla parte interessata dimostrare non solo l’utilità della traduzione, ma anche il pregiudizio concreto derivante dalla sua assenza. Il ricorrente non aveva fornito tali prove.

La Corte ha anche precisato che l’obbligo di usare la lingua italiana (art. 109 c.p.p.) si riferisce agli atti formati all’interno del procedimento italiano, non a quelli, come il MAE, che vengono acquisiti dall’esterno.

Il Diritto alla Traduzione degli Atti Processuali Italiani

Sul secondo motivo, la Corte lo ha ritenuto ‘manifestamente infondato’. Esaminando gli atti, i giudici hanno accertato che il ricorrente conosceva la lingua italiana. Questa conoscenza era comprovata da due elementi:

1. Dichiarazioni nel verbale di arresto: Nel verbale era stato annotato che l’uomo comprendeva l’italiano.
2. Comportamento processuale pregresso: L’imputato non aveva mai richiesto una traduzione, né nel procedimento in corso né in quello precedente che lo aveva portato alla condanna per rapina.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito l’inapplicabilità dell’art. 143 c.p.p., che riconosce il diritto alla traduzione solo all’imputato che non conosce la lingua italiana e ne fa richiesta espressa e motivata. La questione, inoltre, non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il diritto alla traduzione atti giudiziari non è automatico né assoluto. È uno strumento di garanzia pensato per l’imputato che, a causa di una barriera linguistica, non sarebbe in grado di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa. Tuttavia, questo diritto è subordinato a due condizioni essenziali: l’effettiva non conoscenza della lingua italiana e la tempestiva e motivata richiesta da parte dell’interessato. Se emerge dagli atti che l’imputato comprende la lingua del processo, e non ha mai manifestato esigenze diverse, non può lamentare una violazione del suo diritto di difesa in una fase avanzata del procedimento. Questa decisione consolida l’orientamento secondo cui le garanzie processuali devono essere attivate diligentemente dalle parti, senza potersi trasformare in strumenti per contestazioni tardive e pretestuose.

È sempre obbligatoria la traduzione del Mandato di Arresto Europeo in italiano?
No. Secondo la Corte, la traduzione non è necessaria se esistono atti equipollenti e se la parte interessata non solleva tempestivamente l’eccezione, dimostrando un pregiudizio concreto derivante dalla mancata traduzione.

Un imputato straniero ha sempre diritto alla traduzione di tutti gli atti processuali nella sua lingua?
No. Il diritto alla traduzione, previsto dall’art. 143 c.p.p., spetta solo all’imputato che non conosce la lingua italiana. Se risulta dagli atti che l’imputato comprende l’italiano, come nel caso di specie, e non ha mai fatto una richiesta espressa e motivata, tale diritto non si applica.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione la questione della mancata traduzione degli atti?
No. La Corte ha stabilito che la questione relativa alla mancata traduzione, sia del mandato di arresto europeo sia degli atti processuali interni, deve essere sollevata nelle fasi di merito e non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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