Testimonianza Indiretta della Polizia Giudiziaria: I Limiti al Divieto Spiegati dalla Cassazione
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione del divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria, un principio cardine del nostro processo penale. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, delineando con precisione quando un agente può riferire su attività svolte da colleghi senza violare le garanzie difensive.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva confermato la sua assoluzione per la particolare tenuità del fatto in relazione a reati previsti dagli articoli 477 e 482 del codice penale. Nonostante l’esito favorevole, l’imputato ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Suprema Corte, lamentando una presunta violazione procedurale.
Il Motivo del Ricorso: La Violazione del Divieto di Testimonianza Indiretta
L’unico motivo di ricorso si fondava sulla violazione dell’articolo 195 del codice di procedura penale. In particolare, la difesa sosteneva che nel processo fosse stata erroneamente omessa l’escussione di un agente di polizia giudiziaria. Secondo il ricorrente, questa mancata audizione avrebbe violato il divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria, compromettendo il suo diritto di difesa.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo ‘manifestamente infondato’ sulla base di due ragioni chiare e distinte.
In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: il divieto di testimonianza indiretta previsto per gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (art. 195, comma 4, c.p.p.) non è assoluto. Esso non si applica quando il verbalizzante riferisce su attività di indagine svolte da altri colleghi nello stesso contesto investigativo. Questa eccezione permette di garantire l’efficienza processuale senza ledere i diritti della difesa, poiché si tratta di riportare attività investigative interne e documentate.
In secondo luogo, la Corte ha messo in luce una palese contraddizione nel comportamento processuale della difesa. Era emerso, infatti, che la stessa difesa si era in precedenza opposta all’audizione del testimone di cui ora lamentava la mancata escussione. Questo comportamento è stato considerato processualmente scorretto e ha costituito un ulteriore e decisivo motivo per ritenere il ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Principio di Diritto
Alla luce di queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione non solo risolve il caso specifico, ma rafforza un importante principio di diritto: la strumentalizzazione delle norme processuali e i comportamenti contraddittori della difesa non trovano tutela nell’ordinamento. La sentenza ribadisce i confini applicativi del divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria, fornendo un utile riferimento per gli operatori del diritto.
Quando non si applica il divieto di testimonianza indiretta per la polizia giudiziaria?
Secondo la Corte, il divieto non si applica nell’ipotesi in cui il verbalizzante riferisca su attività di indagine svolte da altri ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nello stesso contesto investigativo.
È possibile lamentare in Cassazione la mancata audizione di un testimone se la difesa si era precedentemente opposta a tale audizione?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto tale comportamento contraddittorio. Questa incoerenza processuale è stata una delle ragioni per cui il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato e quindi inammissibile.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7959 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7959 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ROMA il 28/03/1964
avverso la sentenza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma che ne ha confermato l’assoluzione per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis in relazione al reato previsto dagli artt. 477 e 482 cod. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce la violazione dell’art. 195 cod. proc. pen. in riferimento alla mancata escussione dell’agente di P.G. COGNOME è manifestamente infondato per almeno due ordini di ragioni:
anzitutto perché il divieto di testimonianza indiretta previsto per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria dall’art. 195, comma quarto, cod. proc. pen. non si applica nell’ipotesi in cui il verbalizzante riferisca sulle attività di indagine svolte da altri ufficiali o agenti di P.G. nello stesso contesto investigativo (Sez. 2, n. 36286 del 21/09/2010, Rv. 248536 – 01);
in secondo luogo perché la difesa si era opposto alla audizione del testimone di NOMECOGNOME di cui ora lamenta la mancata escussione;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/01/2025