Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23375 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23375 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Sciacca il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 06-12-2022 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni trasmesse dall’AVV_NOTAIO COGNOME, difensore di fiducia di COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 dicembre 2022, la Corte di appello di Palermo dichiarava inammissibile, perché tardivo, l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la decisione del Tribunale di Sciacca del 24 giugno 2020, con la quale il predetto imputato era stato condannato alla pena di anni 3 di reclusione ed euro 400,00 di multa, perché ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 349 cod. pen., accertato in Sciacca il 20 giugno 2017.
Avverso la sentenza della Corte di appello siciliana, COGNOME, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con il quale la difesa, in primo luogo, contesta la declaratoria di inammissibilità dell’appello, evidenziando che il termine per il deposito dell’atto di impugnazione,
tenuto conto della sospensione feriale, scadeva il 7 dicembre 2020. Ciò posto, si contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato, rilevandosi che dall’istruttoria dibattimentale non è emerso che COGNOME è stato l’autore materiale del reato ascrittogli, non essendoci lavori in corso al momento della verifica in loco, essendosi al più il ricorrente limitato alla semplice acquiescenza alle iniziative violatrici di terzi, anche se prossimi congiunti. Da ultimo, sono stati censurati il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto e il diniego delle attenuanti generiche.
Dopo essere stato inizialmente fissato dinanzi alla Settima Sezione penale, il giudizio veniva assegnato a questa Sezione per l’odierna udienza.
Con memoria trasmessa il 24 gennaio 2024, il difensore di COGNOME ha insistito nell’accoglimento del ricorso, ribadendone le argomentazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
La declaratoria di inammissibilità dell’appello da parte della Corte territoriale deve essere infatti ritenuta corretta, dovendosi considerare che la sentenza di primo grado è stata emessa il 24 giugno 2020, con termine per il deposito della motivazione fissato in 90 giorni. Dunque, essendo stato rispettato il termine (la motivazione è stata depositata il 18 settembre 2020), il termine per impugnare la sentenza, da computare in 45 giorni ex art. 585 comma 1 lett. C) cod. proc. pen., scadeva il 7 novembre 2020, mentre l’appello è stato presentato il 7 dicembre 2020, per cui lo stesso è stato legittimamente ritenuto tardivo, a ciò dovendosi solo aggiungere che, pur ricadendo in parte il termine del deposito della motivazione nel cd. periodo feriale, non opera alcuna sospensione, avendo le Sezioni Unite di questa Corte precisato (sentenza n.
42361 del 20/07/2017, Rv. 270586) che i termini per la redazione e il deposi della sentenza non sono soggetti a sospensione nel periodo feriale, anche dop le modifiche introdotte dal decreto legge n. 132 del 2014, convertito dalla le n. 162 del 2014, che ha ridotto il periodo annuale di ferie dei magistrati da 30 giorni, mentre i termini processuali soggetti alla sospensione feriale sono quelli che incombono sulle parti per il compimento di atti del procedimento.
Deve pertanto rimarcarsi la manifesta infondatezza del ricorso, che, rispetto a questione, di per sé assorbente sulle altre, del rilievo della tardività dell’ invoca erroneamente l’operatività di una sospensione dei termini che invece stata chiaramente esclusa con un intervento nomofilattico risalente a circa anni prima della proposizione dell’appello. Ne consegue che il ricorso di COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con onere per il ricorrente, ai sensi del 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto infine della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giug 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 30/01/2024