Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5106 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5106 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato ad AFRICO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME
PASSAFIUME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 13 aprile 2023 dalla Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano che aveva condannato COGNOME NOME per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE” (di cui l’imputato era stato liquidatore d 4 agosto 2010 al 10 febbraio 2012), fallita il 4 ottobre 2012.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un unico motivo, deduce il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione all’art. 178 cod. proc. pen.
Rappresenta che: il giudizio di appello era stato trattato nelle forme della trattazione scritta prevista dall’art. 23-bis decreto-legge n. 137 del 2020; i Procuratore generale non aveva trasmesso le proprie conclusioni entro il termine previsto dalla legge, che scadeva il 3 aprile 2023; la difesa, con memoria del 4 aprile 2023, aveva eccepito il mancato deposito delle conclusioni nel termine di legge; la Corte di appello aveva rigettato l’eccezione, rilevando che le conclusioni erano state depositate in data 11 aprile 2023 (due giorni prima dell’udienza) e immediatamente trasmesse alla difesa e che il ritardo non aveva determinato alcuna nullità.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che il mancato rispetto dei termini imposti dalla legge al Procuratore generale per il deposito delle proprie conclusioni avrebbe determinato una lesione del diritto di difesa, con conseguente nullità di ordine generale a regime intermedio, tempestivamente eccepita dal difensore.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
AVV_NOTAIO, per l’imputato, ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto di accogliere il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. L’unico motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che, «nel giudizio cartolare d’appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, il deposito tardivo delle conclusioni del Procuratore generale, ritualmente avvisato, non è causa di nullità neanche nel caso in cui avvenga dopo il decorso del termine stabilito per la presentazione delle conclusioni delle parti private, ma esime il giudice dall’obbligo di prenderle in esame» (Sez. 5, n. 8131 del 24/01/2023, D, Rv. 284369; cfr., anche, Sez. 5, n. 6207 del 17/11/2020, P., Rv. 280412).
Tale principio, d’altronde, risulta coerente con l’elaborazione giurisprudenziale sull’omologo istituto dell’art. 611 cod. proc. pen., in ordine al quale questa Corte ha ripetutamente affermato che la tardività delle richieste del Procuratore generale
e delle memorie delle altre parti implica solo che di esse non se ne debba tenere conto (cfr. Sez. 1, n. 282299 del 27/05/2019, R., Rv. 276414; Sez. 6, n. 11630 del 27/02/2020, A., Rv. 278719).
Ebbene, nel caso in esame, il Procuratore generale è stato ritualmente chiamato a partecipare al giudizio e l’intempestiva trasmissione delle sue conclusioni non ha prodotto alcuna nullità, atteso che la Corte di appello non ha tenuto conto effettivamente di quelle conclusioni (neppure riportate nell’intestazione della sentenza): vengono appena citate a pagina 8 della sentenza, senza esplicare alcuna incidenza sul tessuto argomentativo della decisione. Le conclusioni del Procuratore generale, d’altronde, consistevano in una mera richiesta di conferma della sentenza impugnata.
Al rigetto del ricorso, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 20 ottobre 2023.