Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14040 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14040 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Pompei avverso il decreto del 13/06/2023 della Corte di appello di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte della difesa.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso il decreto con ii quale la Corte di Appello di Brescia ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto avverso la decisione che aveva applicato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
Avverso il decreto, ricorre per cassazione COGNOME, sostenendo che la perentorietà dei termini indicati dal decreto legislativo 159/2011 è lesiva dei diritti fondamentali della difesa, soprattutto se un soggetto risiede in uno stato straniero. La Corte di appello non ha preso in considerazione la circostanza che il ricorrente non ha avuto alcuna conoscenza diretta della procedura in essere, tanto più che non ha ricevuto alcun tipo di notifica e, pertanto, non ha potuto articolare la propria difesa. Ciò in violazione dell’art. 24 della Carta Costituzionale.
2.1. NOME è, allo stato, incensurato e quindi le motivazioni addotte in sede di decreto appaiono destituite di ogni fondamento.
2.2. L’avviso orale del questore AVV_NOTAIO Brescia non è stato notificato. Ciò lede il diritto alla difesa, costituzionalmente garantito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto, correttamente, la Corte di appello territoriale ha dichiarato l’inammissibilità per tardività.
2.Deve premettersi che il decreto impugnato ha rilevato che, nel corso del procedimento di primo grado, NOME era dichiarato irreperibile ed era assistito da un difensore dì ufficio. Quest’ultimo non aveva proposto ricorso avverso il decreto nei termini perentori di legge, e cioè entro 10 giorni dalla comunicazione, e il decreto era stato, allora, notificato a NOME, a mani proprie, dall’ufficio notari presso il Consolato generale d’Italia in Lugano il 30 gennaio 2023. Questi provvedeva a nominare un difensore di fiducia il 20 febbraio 2023 e il ricorso era presentato il 22 febbraio 2023.
3.0sserva il Collegio che la Corte di appello ha proceduto correttamente a notificare a COGNOME il decreto applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Dal momento della notifica, decorrevano i dieci giorni previsti dalla legge per presentare appello. L’impugnazione doveva, quindi, essere proposta entro il 9 febbraio 2023, e, pertanto, l’appello depositato il 22 febbraio 2023 non poteva che essere dichiarato tardivo, a nulla rilevando la residenza all’estero di COGNOME.
Si sottolinea che l’art. 10 del decreto legislativo 159/2011, recita testualmente che “il ricorso deve essere proposto entro 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento”. Detto termine ha natura perentoria come, peraltro, già affermato sotto la vigenza della precedente disciplina contenuta nell’art. 4 della legge n.
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1423/1956 (si veda sul punto Sez. 1, n. 2382 del 03/10/1980, Licata, Rv. 146336 – 01).
4.Appare manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale del termine di dieci giorni indicato dal decreto legislativo 159/2011 per presentare appello avverso il decreto impositivo della misura di prevenzione, rientrando la disposizione nei limiti dell’esercizio non irragionevole della discrezionalità legislativa.
5.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’ 11 gennaio 2024
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