Termini Impugnazione Sentenza: La Trappola del Ricorso Tardivo
Nel processo penale, la precisione e il rispetto delle scadenze non sono semplici formalità, ma pilastri fondamentali che garantiscono la certezza del diritto. La sentenza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la mancata osservanza dei termini impugnazione sentenza possa avere conseguenze definitive e irreversibili. Un ricorso, seppur potenzialmente fondato nel merito, viene dichiarato inammissibile se proposto anche un solo giorno dopo la scadenza, rendendo la condanna definitiva. Analizziamo questo caso per comprendere la rigidità delle norme procedurali e le lezioni pratiche che ne derivano.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di appello di Firenze che, il 4 marzo 2025, confermava la responsabilità penale di un imputato. La decisione, emessa con motivazione contestuale (cioè le ragioni della sentenza sono state rese note insieme al dispositivo), è stata comunicata lo stesso giorno tramite posta elettronica certificata (PEC) al difensore. Questo tipo di comunicazione, ormai prassi consolidata, ha piena validità legale ai fini della decorrenza dei termini.
Successivamente, in data 22 marzo 2025, il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso tale sentenza. La questione è quindi giunta all’esame della Suprema Corte.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda interamente su una questione procedurale: la tardività dell’impugnazione. La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse stato proposto oltre il termine perentorio stabilito dalla legge, con tutte le conseguenze negative del caso per il ricorrente.
Le Motivazioni: Il Rigoroso Calcolo dei Termini Impugnazione Sentenza
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 585, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il termine per proporre impugnazione è di quindici giorni per i provvedimenti, come quello in esame, emessi in seguito a un procedimento in camera di consiglio e per quelli con motivazione redatta contestualmente al dispositivo.
La Corte ha ragionato come segue:
1. Individuazione del termine: La sentenza di appello era stata emessa con motivazione contestuale, pertanto il termine per l’impugnazione era di 15 giorni.
2. Decorrenza (Dies a quo): Il termine ha iniziato a decorrere dal momento della comunicazione del provvedimento, avvenuta via PEC il 4 marzo 2025. Questo momento segna l’inizio del conteggio.
3. Calcolo della scadenza: Partendo dal 4 marzo 2025, i quindici giorni scadevano il 19 marzo 2025.
4. Verifica della tempestività: Il ricorso è stato presentato il 22 marzo 2025, ovvero tre giorni oltre la scadenza ultima.
Questa violazione dei termini impugnazione sentenza è stata considerata fatale. La Corte ha ribadito che i termini processuali sono perentori, ovvero non ammettono deroghe o proroghe se non nei casi espressamente previsti dalla legge. La tardività del deposito ha reso l’impugnazione irricevibile, impedendo ai giudici di esaminarne il contenuto.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Monito per la Difesa
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta due conseguenze dirette per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale:
* La condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.
* La condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un ricorso inammissibile.
Dal punto di vista sostanziale, la conseguenza più grave è che la sentenza di condanna della Corte d’appello è divenuta definitiva e irrevocabile. Questo caso serve da severo monito sull’importanza della massima diligenza nella gestione delle scadenze processuali. La comunicazione telematica, se da un lato velocizza le procedure, dall’altro richiede un’attenzione ancora maggiore, poiché fa scattare immediatamente termini brevi e perentori che, se non rispettati, precludono ogni ulteriore possibilità di difesa.
Da quando decorrono i termini per impugnare una sentenza con motivazione contestuale comunicata via PEC?
I termini decorrono dalla data in cui la sentenza, completa di motivazione, viene legalmente comunicata al difensore tramite posta elettronica certificata (PEC).
Qual è il termine per proporre ricorso per cassazione avverso una sentenza con motivazione contestuale?
In base all’art. 585, comma 1, lett. a) del codice di procedura penale, il termine per l’impugnazione è di quindici giorni.
Cosa succede se il ricorso per cassazione viene depositato oltre i termini stabiliti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, e la sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27629 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27629 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASANDRINO il 01/01/1969
avverso la sentenza del 04/03/2025 della Corte d’appello di Firenze Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La Corte di appello di Firenze, il 4 marzo 2025 confermava la responsabilità di NOME COGNOME con sentenza con motivazione contestuale.
Poiché si era proceduto con rito cartolare, l’esito del giudizio veniva comunicato via pec al ricorrente lo stesso 4 marzo 2025.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore del Carrera il 22 marzo 2025.
3. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto oltre i quindici giorni dal deposito della motivazione contestuale, in violazione dei termini indicati dall’art. 585, comma 1, lett. a) cod. proc. pen..
4 .Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 13 maggio 2025.