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Termini impugnazione: ricorso tardivo è inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato oltre i termini impugnazione di 15 giorni. La Corte ha specificato che l’estensione dei termini per l’imputato assente non si applica né in caso di rito abbreviato né durante il rito cartolare emergenziale, se non viene formalizzata l’assenza, ribadendo la natura perentoria dei termini processuali.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termini Impugnazione: Quando il Ritardo Rende il Ricorso Inammissibile

Il rispetto dei termini impugnazione nel processo penale è una regola fondamentale che garantisce la certezza del diritto e la ragionevole durata dei procedimenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questo principio, chiarendo che non vi sono sconti o proroghe automatiche, neppure in contesti procedurali particolari come il rito abbreviato o il rito cartolare emergenziale. La decisione sottolinea come la scelta di un determinato rito processuale possa avere conseguenze dirette sui diritti e gli oneri della difesa.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Presentato Fuori Tempo Massimo

La vicenda riguarda una persona condannata in primo grado, con rito abbreviato, per il reato di evasione dagli arresti domiciliari. La Corte d’Appello confermava la condanna con una sentenza emessa il 30 maggio 2024, depositando contestualmente le motivazioni. Secondo la legge, il termine per presentare ricorso per Cassazione era di quindici giorni, con scadenza fissata per il 14 giugno 2024. Tuttavia, il ricorso veniva depositato solo il 18 giugno 2024, ovvero quattro giorni dopo il termine ultimo. Questo ritardo ha innescato la valutazione della Corte Suprema sulla sua ammissibilità.

La Disciplina dei Termini Impugnazione per l’Imputato Assente

Il cuore della questione legale ruotava attorno all’applicabilità dell’articolo 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale. Questa norma prevede un’estensione di quindici giorni dei termini impugnazione per il difensore dell’imputato giudicato in assenza. La difesa, evidentemente, contava su questa estensione per giustificare il deposito tardivo. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha escluso categoricamente l’applicazione di tale beneficio, basando la propria decisione su due distinti filoni argomentativi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione dettagliata e ineccepibile del perché il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile, fondando il suo ragionamento sulla natura delle scelte processuali compiute dall’imputata.

Rito Abbreviato e Presenza dell’Imputato

In primo luogo, i giudici hanno evidenziato che l’imputata aveva scelto di essere giudicata con il rito abbreviato. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la richiesta di rito abbreviato, specialmente se avanzata tramite un procuratore speciale, equivale a una presenza dell’imputato nel giudizio. L’articolo 420, comma 2-ter, del codice di procedura penale supporta questa interpretazione. Di conseguenza, non si può parlare di ‘imputato assente’ nel senso tecnico richiesto dalla norma per l’estensione dei termini. La scelta del rito, quindi, preclude in radice la possibilità di beneficiare della proroga.

Rito Cartolare e Mancata Volontà di Comparire

In secondo luogo, la Corte ha analizzato le modalità con cui si era svolto il giudizio d’appello. A causa della normativa emergenziale, il processo si era tenuto con ‘rito cartolare’, ovvero basato unicamente su atti scritti, senza un’udienza in presenza. Anche in questo contesto, la proroga dei termini non scatta automaticamente. La giurisprudenza ha chiarito che l’aumento di quindici giorni non si applica se, nell’ambito di un’udienza camerale non partecipata, non vi è stata una formale dichiarazione di assenza secondo le modalità previste dagli articoli 420 e 420-bis del codice di procedura penale. Nel caso di specie, né le parti avevano chiesto un’udienza orale, né l’imputata aveva manifestato la volontà di comparire. Pertanto, mancavano i presupposti procedurali per considerare il giudizio come svolto ‘in assenza’ e per concedere il termine aggiuntivo.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza della Corte di Cassazione è un monito importante sulla perentorietà dei termini impugnazione. La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per la ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa decisione riafferma che le eccezioni alle regole sui termini sono di stretta interpretazione e non possono essere invocate quando le scelte processuali dell’imputato, come l’opzione per il rito abbreviato, ne escludono i presupposti. Per gli operatori del diritto, ne deriva la necessità di una gestione estremamente attenta delle scadenze processuali, tenendo conto delle implicazioni di ogni singola scelta difensiva.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato depositato il 18 giugno 2024, oltre il termine perentorio di 15 giorni che scadeva il 14 giugno 2024.

L’estensione dei termini per l’imputato assente non era applicabile in questo caso?
No, non era applicabile per due ragioni: primo, l’imputata aveva scelto il rito abbreviato, che la legge considera come una forma di presenza nel processo; secondo, nel giudizio d’appello (svolto con rito cartolare) non era stata manifestata la volontà di comparire né era stata formalizzata una dichiarazione di assenza.

Quali sono state le conseguenze economiche della declaratoria di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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