Termini Impugnazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile per Tardività
Nel processo penale, il rispetto dei termini impugnazione è un pilastro fondamentale che garantisce la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso presentato oltre il tempo massimo consentito. Analizziamo insieme questo caso per comprendere come vengono calcolati i termini e quali sono le conseguenze di un errore in questa fase cruciale.
I Fatti del Caso: Un Appello Presentato Fuori Tempo Massimo
La vicenda processuale ha origine da una sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello. Al momento della lettura del dispositivo in udienza, la Corte aveva indicato un termine di trenta giorni per il deposito delle motivazioni. La sentenza è stata effettivamente depositata entro tale termine.
Successivamente, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, questo ricorso è stato depositato in una data che, a un primo esame, appariva successiva alla scadenza del termine perentorio di quarantacinque giorni previsto dalla legge.
La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte, con una decisione de plano, ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto tardivo. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, rilevando la colpa nella presentazione di un’impugnazione fuori termine.
Le Motivazioni: Il Calcolo dei Termini Impugnazione e le Eccezioni non Applicabili
La Corte ha basato la sua decisione su una rigorosa analisi delle norme procedurali che regolano i termini impugnazione. Vediamo i punti salienti del ragionamento seguito dai giudici:
1. Decorrenza del Termine: Ai sensi dell’art. 585, lett. c), del codice di procedura penale, quando il giudice si riserva un termine per il deposito della sentenza (in questo caso, 30 giorni), il termine per impugnare è di 45 giorni. Questo termine non decorre dal giorno del deposito effettivo, ma dalla scadenza del termine concesso al giudice. Nel caso specifico, il ricorso è stato presentato ben oltre la scadenza dei 45 giorni calcolati in questo modo.
2. Esclusione della Proroga: La difesa avrebbe potuto sperare nella proroga di 15 giorni prevista dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p., per l’imputato giudicato in assenza. Tuttavia, la Corte ha sottolineato che tale norma non era applicabile. L’imputato, infatti, pur essendo detenuto, aveva partecipato all’udienza tramite videoconferenza. La sua presenza, sebbene a distanza, esclude lo stato di ‘assenza’ che giustificherebbe la proroga.
3. Irrilevanza della Correzione di Errore Materiale: Un altro punto interessante riguarda una correzione del dispositivo effettuata dalla Corte territoriale in una data successiva alla prima udienza. La correzione riguardava l’ammontare delle spese liquidate alla parte civile. I giudici di legittimità hanno chiarito che un’ordinanza di correzione di un errore materiale non ha l’effetto di riaprire i termini per impugnare l’intera sentenza di condanna. Essa può, al massimo, essere oggetto di un ricorso specifico avverso il solo provvedimento di correzione, ma non incide sulla definitività della decisione principale.
Conclusioni: L’Importanza della Diligenza nel Rispetto dei Termini Processuali
Questa ordinanza è un monito sull’importanza cruciale della diligenza e della precisione nel calcolo dei termini impugnazione. La tardività non è una mera irregolarità, ma un vizio insanabile che porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, precludendo ogni possibilità di esame nel merito delle censure mosse alla sentenza. La decisione sottolinea che le eccezioni e le proroghe previste dalla legge hanno un’applicazione tassativa e non possono essere invocate al di fuori dei casi specifici per cui sono state pensate. Per gli operatori del diritto, questo caso ribadisce la necessità di un monitoraggio attento e scrupoloso delle scadenze processuali, il cui mancato rispetto comporta conseguenze definitive per l’esito del giudizio.
Da quando decorrono i termini per l’impugnazione se il giudice si riserva 30 giorni per depositare la sentenza?
Secondo la decisione, il termine di 45 giorni per impugnare (previsto dall’art. 585, lett. c, c.p.p.) decorre dalla scadenza del termine di 30 giorni concesso al giudice per il deposito, e non dalla data in cui la sentenza viene effettivamente depositata.
La correzione di un errore materiale in una sentenza riapre i termini per impugnarla?
No. L’ordinanza chiarisce che il provvedimento di correzione di un errore materiale non produce l’effetto di riaprire i termini di impugnazione della sentenza, i quali continuano a decorrere secondo le regole ordinarie. Si può solo impugnare autonomamente il provvedimento di correzione.
L’imputato collegato in videoconferenza dal carcere ha diritto a una proroga dei termini per l’impugnazione?
No. La Corte ha stabilito che la proroga di 15 giorni, prevista per l’imputato giudicato in assenza, non si applica se l’imputato ha partecipato all’udienza in videoconferenza, in quanto tale modalità di partecipazione non costituisce ‘assenza’ ai fini processuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2305 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2305 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CATANIA il 30/08/1956
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che la impugnazione proposta nell’interesse di NOME COGNOME deve essere dichiarata inammissibile in quanto tardiva;
Considerato, infatti, che la sentenza della Corte di assise di appello di Catania, è stata depositata il giorno 4 giugno 2024 vale a dire entro il termine di trenta gi indicato nel dispositivo letto alla udienza dell’8 maggio 2024, mentre il ricorso cassazione è stato proposto in data 2 agosto 2024 e, quindi, oltre i quarantacinque giorni, di cui all’art. 585, lett. c), cod. proc. pen., decorrenti dalla scadenza del sopra indicato termine;
Ritenuto che, nel caso di specie, non trova applicazione l’aumento di quindici giorni del termine per impugnare, a norma dell’art. 585, comma 1-bis, del codice di rito, poiché l’imputato non è stato giudicato in assenza e che egli era collegato in videoconferenza (dalla Casa Circondariale di Sassari) alla udienza nella quale è stata data lettura d dispositivo (cfr. sentenza impugnata e verbale di udienza);
Ritenuto, poi, che la correzione del dispositivo disposta dalla Corte territoriale nel medesima udienza dell’8 giugno 2024 (rispetto all’ammontare delle spese processuali liquidate in favore della parte civile NOME COGNOME non determina uno spostamento della decorrenza del sopra indicato termine di quarantacinque giorni, atteso che l’ordinanza di correzione di un errore materiale contenuto in una sentenza di condanna non produce l’effetto di riaprire i termini di impugnazione della stessa, potendo solo legittimare l’imputato a proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di correzione (Sez. 3, n. 13366 del 27/02/2024, Rv. 286104 – 01);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
GLYPH
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.