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Termini impugnazione penale: il ricorso tardivo è K.O.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per tentata estorsione. La decisione si fonda sul mancato rispetto dei termini di impugnazione penale. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il periodo di sospensione feriale non si applica al termine concesso al giudice per il deposito delle motivazioni della sentenza, un fattore cruciale per il corretto calcolo della scadenza per presentare ricorso. Di conseguenza, il ricorso, depositato oltre il termine perentorio, non è stato esaminato nel merito, rendendo la condanna definitiva.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termini Impugnazione Penale: la Cassazione conferma l’inammissibilità per ricorso tardivo

Nel processo penale, il rispetto dei termini è un dogma inscalfibile. La recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione II Penale, lo ribadisce con forza, dichiarando inammissibile un ricorso a causa del suo deposito tardivo. Questa decisione offre un’importante lezione sul calcolo dei termini impugnazione penale e sul ruolo della sospensione feriale, un argomento che ogni operatore del diritto deve padroneggiare per evitare conseguenze irreparabili. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di due individui per il reato di tentata estorsione, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello. Gli imputati, tramite il loro difensore, decidevano di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi: uno relativo a vizi procedurali sulla mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello e l’altro concernente la valutazione delle prove e la credibilità della persona offesa.

Tuttavia, prima ancora di poter esaminare il merito delle doglianze, la Suprema Corte si è trovata di fronte a una questione pregiudiziale e dirimente: la tempestività del ricorso stesso.

L’analisi sui termini impugnazione penale della Cassazione

Il cuore della decisione non risiede nei motivi di ricorso, ma nel calcolo matematico dei termini processuali. La Corte di Cassazione ha rilevato che:

1. La sentenza d’appello è stata emessa l’11 giugno 2024.
2. La Corte di merito aveva fissato un termine di 90 giorni per il deposito delle motivazioni, scadente il 9 settembre 2024.
3. Le motivazioni sono state effettivamente depositate il 23 luglio 2024, quindi ben prima della scadenza.
4. Il termine per presentare ricorso era di 45 giorni, a cui si aggiungevano 15 giorni come previsto dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p., per un totale di 60 giorni.

Il calcolo, eseguito correttamente, faceva scadere il termine ultimo per l’impugnazione l’8 novembre 2024. Il ricorso, invece, è stato depositato telematicamente solo il 22 novembre 2024, ovvero 14 giorni dopo la scadenza. Questo ritardo ha reso il ricorso inesorabilmente tardivo.

L’irrilevanza della Sospensione Feriale

Un punto cruciale, ribadito dalla Corte, riguarda l’inapplicabilità della sospensione feriale dei termini (dal 1° al 31 agosto) al termine che il giudice ha per depositare le motivazioni della sentenza. Citando un principio consolidato delle Sezioni Unite (sentenza n. 42361/2017), la Corte ha ricordato che tale termine non è un ‘atto processuale di parte’ e, pertanto, non è soggetto a sospensione. Questo principio è fondamentale perché il termine per impugnare per le parti decorre dalla scadenza del termine per il deposito della motivazione, non dal suo deposito effettivo se anticipato.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione è stata netta e di natura puramente processuale. L’inosservanza delle disposizioni relative ai termini per l’impugnazione, previste dall’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale, comporta l’inammissibilità del ricorso. Questa sanzione processuale impedisce al giudice di entrare nel merito delle questioni sollevate dalla difesa.

La Corte ha agito come custode delle regole procedurali, la cui violazione non può essere sanata. La tardività del deposito ha determinato, in via automatica, la chiusura del processo senza alcuna valutazione delle argomentazioni difensive. A questa declaratoria di inammissibilità è seguita, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro ciascuno a favore della cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Conclusioni

Questa sentenza è un monito severo sull’importanza della diligenza e della precisione nel calcolo dei termini processuali. Le conseguenze di un errore, come in questo caso, sono drastiche: la condanna inflitta nei gradi di merito diventa definitiva, precludendo ogni ulteriore possibilità di difesa nel merito. Per i professionisti legali, la lezione è chiara: la conoscenza approfondita delle norme procedurali, inclusi i principi giurisprudenziali consolidati come quello sull’inapplicabilità della sospensione feriale al deposito delle motivazioni, è un presupposto essenziale per tutelare efficacemente i diritti dei propri assistiti.

La sospensione feriale dei termini si applica al tempo che il giudice ha per depositare le motivazioni di una sentenza?
No, la Corte di Cassazione, richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, ha stabilito che i termini per la redazione della sentenza da parte del giudice non sono soggetti alla sospensione del periodo feriale, in quanto non costituiscono un atto processuale di parte.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene depositato dopo la scadenza del termine?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questa declaratoria impedisce alla Corte di esaminare il merito dei motivi di ricorso e comporta che la sentenza di condanna impugnata diventi definitiva.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso dichiarato inammissibile per colpa?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000 euro per ciascun ricorrente, data la colpa nel causare l’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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