Termini Impugnazione Penale: Quando un Giorno di Ritardo Costa Caro
Nel processo penale, il tempo non è una variabile negoziabile. I termini di impugnazione penale sono scadenze perentorie, il cui mancato rispetto può avere conseguenze irreversibili sulla sorte di un processo e, di conseguenza, sulla libertà di un individuo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda con chiarezza cristallina come anche un ritardo minimo nel deposito di un ricorso possa sancirne l’inammissibilità, rendendo definitiva una condanna. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello, pronunciata l’11 dicembre 2023. Per il deposito delle motivazioni di tale sentenza, la Corte si era riservata un termine di 30 giorni, la cui scadenza era fissata per il 10 gennaio 2024.
Secondo quanto stabilito dal Codice di Procedura Penale, da quella data iniziava a decorrere il termine per proporre ricorso per cassazione. Nello specifico, la legge prevedeva un periodo di 45 giorni. Facendo un rapido calcolo, la scadenza ultima per presentare l’impugnazione era il 24 febbraio 2024.
Tuttavia, il ricorso per cassazione da parte della difesa dell’imputato veniva depositato solo il 26 febbraio 2024, ovvero due giorni oltre il limite massimo consentito.
La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità per Tardività
Giunto il caso all’esame della Suprema Corte, l’esito è stato netto e inevitabile. Gli Ermellini hanno dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una constatazione puramente matematica e procedurale: il deposito dell’atto è avvenuto oltre il termine perentorio fissato dalla legge. Non è stato necessario entrare nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente; la barriera temporale ha precluso ogni possibilità di esame.
Le Motivazioni: Il Calcolo Rigoroso dei Termini di Impugnazione Penale
La Corte di Cassazione, nella sua ordinanza, ha ripercorso con precisione il calcolo dei termini, non lasciando spazio a interpretazioni. La logica seguita è rigorosa e rappresenta un pilastro della procedura penale:
1. Individuazione del dies a quo: Il giorno da cui inizia a decorrere il termine per l’impugnazione non è quello della lettura del dispositivo in udienza, ma quello della scadenza del termine concesso al giudice per depositare le motivazioni. In questo caso, il 10 gennaio 2024.
2. Calcolo del termine: A partire dal 10 gennaio 2024, sono stati contati i 45 giorni previsti dall’art. 585, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
3. Individuazione del dies ad quem: Il termine finale per il deposito del ricorso è stato così identificato nel 24 febbraio 2024.
Il deposito avvenuto il 26 febbraio è risultato, di conseguenza, inequivocabilmente tardivo. La Corte ha inoltre evidenziato come questa tardività fosse già stata rilevata e annotata, portando alla certificazione di irrevocabilità della pronuncia impugnata. Di fronte a questa constatazione, la declaratoria di inammissibilità è divenuta un atto dovuto.
Le Conclusioni
Questo caso offre una lezione fondamentale sull’importanza della diligenza e della precisione nella difesa tecnica. I termini di impugnazione penale non ammettono deroghe o proroghe. Un errore di calcolo, una svista o un ritardo, anche minimo, può compromettere irrimediabilmente il diritto di difesa, rendendo definitiva una sentenza di condanna che forse, nel merito, avrebbe potuto essere riformata.
La conseguenza non è solo processuale, ma anche economica: con la dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Un monito severo che ribadisce come, nel diritto, la forma sia sostanza e il rispetto delle scadenze sia un requisito imprescindibile per la tutela dei diritti.
Cosa succede se un ricorso per cassazione penale viene depositato dopo la scadenza del termine?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate e la sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile.
Come si calcolano i termini per impugnare una sentenza quando il giudice si riserva di depositare le motivazioni?
I termini per l’impugnazione (in questo caso 45 giorni) non decorrono dalla data della lettura della sentenza in udienza, ma dalla data in cui scade il termine che il giudice si è concesso per il deposito delle motivazioni (in questo caso 30 giorni).
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per tardività?
Oltre a rendere definitiva la condanna, la parte che ha proposto il ricorso tardivo viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19182 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 19182 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 11/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME,
Ritenuto che l’impugnazione deve ritenersi tardiva perché proposta il 26 febbraio 2024; che infatti la sentenza della corte di appello risulta pronunciata 1’11 dicembre 2023 co termine per il deposito pari a 30 giorni scadente il successivo 10 gennaio 2024;
che dal 10 gennaio decorrevano i 45 giorni per l’impugnazione ex art. 585 comma 1 lett. c) cod.proc.pen. la cui scadenza deve essere individuata nel successivo 24 febbraio u.s.;
che pertanto il ricorso per cassazione depositato il 26 febbraio deve ritenersi tardivo co risultante anche dall’annotazione di irrevocabilità della pronuncia impugnata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 27 marzo 2024
Il Consigliere estensore
La Presidente
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